“Libere per tutte. Il coraggio di lottare per sé e per gli altri”, recensione a cura di Vaifra Palanca

Nel Libro Libere per tutte Marco Omizzolo riprende il tema dello sfruttamento delle donne che per qualche ragione sono considerate “inferiori” perché straniere o nere, o perché in un momento di fragilità, vittime di maschilismo proprio di un sistema di potere patriarcale e di sfruttamento lavorativo in un settori economici spesso predatori. 


E’ nelle librerie un nuovo piccolo libro di Marco Omizzolo, Libere per tutte, di poche pagine ma molto intense, un concentrato di anni di studio e di ricerca sul campo con i migranti e i braccianti agricoli, di incontri e scontri, di battaglie per l’affermazione di diritti fondamentali e il contrasto di condizioni di lavoro schiavistiche, che sono state oggetto di altre sue precedenti pubblicazioni, di altre dimensioni, una delle quali recensita anche su questo sito (Sotto padrone, Feltrinelli, 2019).

Non è un tema nuovo quindi per Omizzolo che da anni indaga e studia, con una metodologia che interferisce intenzionalmente con la realtà sottoposta ad indagine, la vita dei lavoratori agricoli in particolare stranieri nell’Agro pontino. 

In questi anni ha portato alla luce le condizioni di lavoro e abitative di emarginazione di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie, ha denunciato datori di lavoro schiavisti, ha sensibilizzato i lavoratori sui loro diritti ed organizzato manifestazioni di protesta. In questo contesto anche il mondo del lavoro delle donne in agricoltura (indiane sikh, rumene, moldave, ucraine) è stato analizzato ed approfondito nella sua specificità. Nel suo precedente libro (Per motivi di giustizia, People Storie, 2022) ben due capitolino sono dedicati alle storie di donne che, nel corso della loro vita lavorativa nel settore dell’agricoltura, nell’Agro pontino, hanno affrontato ingiustizie, discriminazioni, sfruttamento lavorativo e sessuale, al limite della tortura e della schiavitù.

Una condizione nota che molte donne sono costrette ad accettare per mancanza di alternative, non perché non sapessero fare altro, ma perché prigioniere di un sistema famigliare, sociale ed economico basato sulla sopraffazione dell’uomo/marito/padrone sulla donna/moglie/lavoratrice. Un sistema che incomincia a scricchiolare grazie all’informazione capillare e al dialogo con gli stessi lavoratori promosso da studi come questi, alla progressiva presa di coscienza dei propri diritti e al coraggio della denuncia degli stessi lavoratori, oltre che al sostegno del volontariato, di alcuni sindacalisti e dei rappresentanti delle istituzioni.

Ma questo libretto è importante anche perché attraverso delle interviste sulle condizioni di lavoro e di vita delle donne, illumina sull’esistenza di mondi e di fasce di marginalità sociale ben più ampi, e sui meccanismi di sopraffazione dei più deboli, oggetto di studio della sociologia contemporanea. Nel Libro Libere per tutte Marco Omizzolo riprende il tema dello sfruttamento delle donne che per qualche ragione sono considerate “inferiori” perché straniere o nere, o perché in un momento di fragilità, vittime di maschilismo proprio di un sistema di potere patriarcale e di sfruttamento lavorativo in un settori economici spesso predatori. 

Lo approfondisce ripercorrendo la storia di tre donne: Italia, nome proprio di una donna di madre somala, ma nata in Italia, impiegata in una cooperativa di pulizie per grandi aziende di Milano; Manpreet, una donna indiana della comunità sikh, madre di quattro figli, bracciante agricola nell’Agro Pontino e della sua coraggiosa amica Mamta; e di Anna, una donna italiana borghese, di Roma, madre di un bambino, distrutta dall’alcool, dal gioco e dalla droga. Che cosa hanno in comune queste donne?

Sono donne sfruttate ed emarginate, per la loro apparente supposta “debolezza”, ma che, al contrario, dimostrano una grande consapevolezza del proprio valore come persone e come donne ed una forte determinazione di riscatto. Omizzolo riesce a far emergere dai loro racconti, certamente il disagio e la sofferenza derivanti da situazioni difficili di violenza e di mortificazione, ma anche la lucidità con cui loro stesse leggono la propria condizione, i rapporti di potere e le dinamiche tra attori sociali che sottendono la sopraffazione di cui sono oggetto, oltre alla consapevolezza della propria dignità, anche se calpestata, e alla volontà di combattere.

Emerge dai racconti una marginalità della condizione femminile che va oltre la classe sociale, il colore della pelle e le situazioni famigliari e lavorative, determinata da un sistema di potere che crea e cristallizza disuguaglianze di genere, in particolare mortificando le “donne, i loro corpi e la loro dimensione esistenziale, lavorativa, affettiva e genitoriale”.  E’ questo substrato culturale e sociale che accomuna le condizioni delle donne intervistate, quindi solo apparentemente diverse, che esemplifica quella che dalle femministe viene chiamata la intersezionalità, da cui nasce anche la possibilità di prendere coscienza della propria dignità, di creare alleanze tra donne e di trovare la forza di contrapporsi all’arroganza e alla violenza del più forte.

E’ un libro che suscita empatia, solidarietà ma anche indignazione. E’ un libro che dà anche speranza, perché fa intravedere nello stesso tempo una via d’uscita “possibile”, come quella che queste donne costruiscono per loro stesse.   

Italia, donna che in treno legge Il ginocchio sul collo di Alessandro Portelli (Donzelli 2020) dopo una giornata di lavoro, con le mani e la schiena doloranti, che ha una laurea ma indossa una Tshirt rossa che la schiaccia alla sua identità di inserviente, che parla della linea del colore, di razzismo e di lotta di classe, che si è imposta di non dimostrare mai la propria stanchezza sul luogo di lavoro perché “i padroni” non pensino che sia debole, quindi assoggettabile, lascerà il lavoro per andare in Francia da sua sorella dove spera di poter avere una vita migliore. Manpreet, invece decide di restare.

Dopo un grave incidente sul lavoro ignorato dal suo “padrone” ed una vita di violenze da parte del marito, decide di denunciare il marito e lasciare impunito il suo datore di lavoro, pur di continuare a lavorare e mantenere i suoi quattro figli, contando anche sulla solidarietà delle donne e degli uomini della sua comunità. Anna cerca di lasciarsi alle spalle il periodo buio della sua dipendenza, nel quale ha conosciuto soprusi e sfruttamento perché una donna con le sue fragilità non ha diritto all’aiuto, per impegnarsi a ricostruire una vita per sé e per suo figlio.

La vita ai “margini” che accomuna queste donne, oltre che luogo di sofferenza può quindi essere anche esperienza di resistenza, di acquisizione di consapevolezza delle proprie capacità e di conquista di spazi di libertà e di diritti.

Vaifra Palanca

 

Marco Omizzolo, Libere per tutte. Il coraggio di lottare per sé e per gli altri, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2022, pp.117, euro 16.