La Costituzione e le costituenti
di Francesca Russo, Vicepresidente della Fondazione Nilde Iotti

In occasione della morte di Teresa Mattei ricordiamo tutte le costituenti, madri della nostra Repubblica, che con il loro impegno hanno contribuito a scrivere la Costituzione più bella del mondo attraverso un saggio di Francesca Russo, Vicepresidente della Fondazione Nilde Iotti.

Nilde Iotti, le costituenti e la Costituzione In un discorso tenuto il 26 gennaio del 1955, ad una platea di studenti medi e universitari milanesi , Piero Calamandrei, docente di procedura civile, già intellettuale anti-fascista, militante nelle file del partito d’azione, mette in luce con grande vigore  le ragioni della validità della Costituzione italiana. Ricorda come essa sia frutto di dure lotte, di una lunga e travagliata “guerra civile”, di sacrifici anche estremi, e come essa contenga in sè i presupposti giuridici della rinascita  civile e democratica del paese. 
<< Dietro ad ogni articolo  di questa Costituzione, o giovani,  voi dovete vedere giovani come voi- afferma Calamandrei-,  […]che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta>>.  La Costituzione della Repubblica italiana entra in vigore il 1 gennaio del 1948, dopo un lungo e appassionante lavoro di redazione in seno all’Assemblea Costituente, eletta per la prima volta  a suffragio universale nel giugno del 1946 . Nonostante la  profonda diversità delle ispirazioni politiche dei partiti rappresentati all’Assemblea, emerge un’unitaria percezione della gravità e della solennità del momento storico in cui il nostro paese si trova e l’intenzione ferma di intraprendere l’affascinante, seppur difficile cammino di costruzione della democrazia politica. La Costituzione italiana, nelle sue importanti affermazioni di principio e nella sua connotazione democratico- parlamentare ha  come premessa la  lotta di liberazione nel biennio 43-45, a cui molti  giovani italiani, come Calamandrei ricorda, ma anche  molti meno giovani hanno dato un contributo. Al raggiungimento di questo importante obiettivo hanno concorso, però, in modo significativo le donne italiane,  di ogni età e ceto sociale. Nel momento di massima crisi, di divisione del paese in fronti opposti, di collasso delle istituzioni politiche, le donne italiane hanno svolto, in modo differente ma sempre coraggioso e fattivo, un ruolo determinante, nel contribuire a portare a  termine la lotta contro il nazi-fascismo e nel creare le premesse culturali, sociali e politiche per la nascita dell’Italia democratica. La partecipazione delle donne al movimento di liberazione e alla Resistenza nasce spontaneamente a causa di una profonda avversione  nei confronti della guerra e dalla necessità di fornire il loro supporto dopo la crisi determinata dall’armistizio dell’8 settembre del 1943.   Ad una resistenza spontanea, e ad una resistenza passiva,  si aggiunge, poi,  una resistenza organizzata, anche grazie alla creazione dei “gruppi di difesa della donna” e alla nascita delle   associazioni femminili e alla formazione in condizione di clandestinità dei partiti politici, così come si verifica, rompendo un secolare tabù, una partecipazione delle donne all’azione delle brigate partigiane.  Non è oggetto di questa comunicazione analizzare le  tipologie di resistenza femminile, argomento già altrove approfondito e degno di un’attenzione specifica e particolare. Occorre qui richiamare come le donne entrino a pieno titolo nella vita pubblica, non certamente grazie ad una concessione “graziosa” del loro diritto di cittadinanza da parte degli uomini. Le donne italiane, infatti, forti di una preparazione raggiunta nei decenni precedenti, grazie al loro determinante contributo per la liberazione del paese, dimostrano autonomamente ed incontrovertibilmente di essere cittadine mature e  di meritare  di essere incluse a pieno titolo nella sfera politica. Non può nascere un’Italia veramente democratica senza la partecipazione delle donne. Così si giunge il 30 gennaio del 1945,  sebbene quasi in sordina, al riconoscimento del diritto di voto da parte del governo Bonomi, per iniziativa di De Gasperi e Togliatti e con il sostegno di Nenni.
Tale decisione è recepita nel decreto legislativo luogotenenziale numero 23 del 1 febbraio del 1945.  Ad esso fa seguito il decreto numero 74 del 10 marzo del 1946 con cui si sancisce il riconoscimento dell’elettorato passivo femminile. Esso afferma:<< che sono eleggibili all’Assemblea Costituente i cittadini e le cittadine italiane che al giorno delle elezioni abbiano compiuto il venticinquesimo anno di età>>.  Così, dopo una prima esperienza politica avuta in seno alla Consulta nazionale, nominata dai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale,  ed una partecipazione alle elezioni amministrative del luglio del 1945, le donne italiane esercitano il loro diritto di elettrici in occasione del referendum istituzionale del 2 giugno del 1946 e delle votazioni per l’Assemblea Costituente.  La partecipazione al voto da parte dell’elettorato femminile è cospicua, smentendo un atavico pregiudizio relativo all’indifferenza delle donne verso la vita politica. Per la prima volta una rappresentanza quantitativamente limitata, ma altamente qualificata di donne  italiane è eletta nell’assemblea parlamentare. Il numero delle elette non è elevatissimo; è comunque significativo di una sostanziale e non del tutto scontata  attestazione di fiducia della società italiana verso la capacità delle donne di contribuire alle scelte politiche del paese.  Ventuno donne, fra cui la giovanissima Nilde Iotti, sono elette come rappresentanti all’Assemblea Costituente.  Sono la prima vera novità dell’Italia repubblicana, forse da alcuni viste ancora con sospetto e pregiudizio, ma riconosciute poi , grazie ai loro meriti personali ma anche grazie all’impegno civile e politico di tante donne italiane come rappresentanti  a pieno titolo della sovranità popolare. Ognuna di esse meriterebbe un’attenzione specifica ed una descrizione puntuale della loro biografia politica.  Non è possibile fare ciò in questa sede. Mi limito solo a svolgere alcune considerazioni. Si tratta di donne certamente diverse per formazione culturale, estrazione sociale e luogo di origine. Ogni generalizzazione pare a mio avviso  inadatta a riconoscere la maturità, la qualità e la serietà dell’impegno politico di ciascuna delle donne elette.
Le loro storie, anche quelle delle più giovani sono, però,  tutte connotate da  una militanza politica e sociale e da un’incisiva azione nelle drammatiche vicende dell’Italia contemporanea; militanza che per altro continua in diverse forme e contesti, anche quando negli anni seguenti abbandoneranno il Parlamento.  Sono testimoni di una concezione della politica, intesa come contributo per migliorare le condizioni di vita degli esseri umani e della società, che si esplica ad ogni livello e in ogni contesto e non ha bisogno né di nomine, né di cariche per produrre effetti positivi  e duraturi.  Appare, infatti, singolare che solo  una di esse, fuoriuscendo dal “coro” si definisca ex-post parlamentare <<per un capriccio del destino>>, evidenziando la sua decisione di << ritornare con amore alla vita felicemente scelta>>.  Tutte le altre vivono la loro opzione in favore dell’impegno politico, come una scelta di vita, espressione di una concezione attiva e partecipativa della cittadinanza.
Tra le ventuno donne elette vi sono nove deputate democristiane, nove comuniste, due socialiste e un’esponente del fronte dell’Uomo qualunque.  Sono i partiti di massa, quindi,  ed in particolar modo il partito comunista, se si relaziona il numero delle elette a quello dei colleghi uomini, a dimostrare una maggiore fiducia verso le donne, rompendo quel pregiudizio che vedeva nella “rappresentanza una storia di uomini”.  Si tratta perlopiù di donne della media borghesia, provenienti in prevalenza ma non esclusivamente dal centro nord ( anche se molte di esse avevano sperimentato la dura esperienza dell’esilio per ragioni politiche; oppure per ragioni personali avevano vissuto in diverse regioni d’Italia). La maggior parte delle elette avevano ricevuto una buona formazione culturale, anche universitaria, prevalentemente di stampo umanistico (c’era, però, una laureata in chimica), e svolgevano spesso un’intensa attività giornalistica.  Avevano avuto modo, quindi, di conoscere in modo serio e approfondito i problemi sociali, economici del paese, così come di sperimentare in prima persona  i drammi umani e le difficoltà   determinate dalla guerra. Certamente queste ventuno donne sono in qualche modo espressione di un’avanguardia  del mondo femminile,  ma non si ritengono un’élite distante dalla realtà delle donne italiane, né tantomeno delle privilegiate. Le costituenti, anzi, si sentono pienamente interpreti e rappresentanti di quella realtà. Dimostrano di avvertire con forza il legame che le unisce alle donne del loro paese, a quelle che si sono spese eroicamente per la liberazione dell’Italia; ma anche a tutte quelle che lottano quotidianamente per costruire un avvenire migliore per i loro figli e che si rivolgono alla politica con attenzione, chiedendo il pieno riconoscimento dei loro diritti civili e politici.  E’ significativo di questa percezione delle costituenti, come donne fra le donne e non come élite privilegiata, il discorso celebrativo tenuto l’8 marzo del 1947 da Nadia Gallico Spano nella seduta dell’Assemblea Costituente. 
<< E’ doveroso che si ricordi questa data- afferma  Nadia Spano- anche qui nell’Assemblea Costituente, nell’Assemblea democratica della Repubblica d’Italia, dove le donne, per la prima volta nella nostra storia sono direttamente rappresentate. Esse si sono conquistate questo diritto partecipando con tutto il popolo alla grande battaglia della liberazione del nostro Paese, per l’avvenire e la felicità dell’Italia. Vi hanno partecipato con quello slancio, quell’entusiasmo, quello spirito di dedizione e di ardente amor patrio, che spinse le più nobili fra di esse fino ad affrontare con semplice  e sublime serenità anche l’estremo sacrificio>>.   La Spano ricorda come fra quelle che definisce le “eroine del Secondo risorgimento” ci siano donne di tutte le età e condizioni sociali, << giovani e anziane, madri, spose e ragazze, intellettuali, operaie e contadine>>.  Sottolinea come non sia paradossale l’assenza delle sue colleghe dall’aula.  Esse si trovano infatti fra le donne italiane, non solo per festeggiare questa giornata, ma anche, assolvendo pienamente al mandato di rappresentanza, <<per sentire dalla loro viva voce le loro aspirazioni e le loro richieste>>. 
Si rammarica di non aver seguito l’esempio delle sue colleghe, ma ritiene che sia fondamentale celebrare solennemente l’8 marzo. Intende, quindi,  farsi interprete di fronte all’Assemblea delle esigenze di tutte le donne italiane, << le quali consce della loro funzione, richiedono i loro diritti>>. 
E  richiedono anche con forza, che <<si gettino le basi di un regime solido, che voglia sinceramente la pace e la fratellanza con tutti gli altri popoli, per scartare definitivamente dal nostro suolo ogni pericolo di guerra e di distruzione>>.  Da questo densissimo intervento, ma anche dal contenuto degli interventi nell’Assemblea, nella Commissione dei Settantacinque e nelle sottocommissioni,  si ricavano le linee conduttrici dell’impegno politico delle Costituenti.  L’azione delle Costituenti  è rivolta prevalentemente ad un’attenzione verso la fondazione dello Stato democratico, ad una piena garanzia della pace, affermata anche con il contributo alla bellissima formulazione dell’articolo 11 della Costituzione, dove si proclama con solennità che << che l’Italia ripudia la guerra>>.
Le Costituenti dimostrano, però, anche un costante e capillare lavoro , condotto da schieramenti diversi, ma capace di trovare una  convergenza di principio in favore dell’affermazione dell’uguaglianza giuridica fra i sessi,  del diritto delle donne  di agire nella società e di vedere realizzate le proprie aspirazioni, abbattendo i vincoli e i  pregiudizi culturali che di fatto impedivano il riconoscimento dell’uguaglianza sostanziale.
Le battaglie politiche   delle Costituenti, come più volte ricordato,  riescono a realizzare l’obiettivo, di scrivere nella Carta Costituzionale i principi cardine intorno ai quali le donne italiane hanno intrapreso, pur fra mille difficoltà, un cammino di emancipazione da una soggezione giuridica e culturale. Questo lavoro non è stato semplice, né privo di ostacoli. A cinquant’anni dall’approvazione della Costituzione, Nilde Iotti ricorda l’impegno comune delle Costituenti, per difendere nell’articolato costituzionale una effettiva nozione di parità fra i sessi, e per porre le premesse di una completa affermazione delle donne, nella famiglia, nella società, nelle professioni e nella vita politica. 
<< Non avevamo ancora l’abitudine di avere degli scambi di idee fra di noi, ora che eravamo chiamate a condurre un’azione comune per l’affermazione dei diritti delle donne nella Carta Costituzionale: successe però- spiega la Iotti- che quasi istintivamente riuscimmo a trovare delle posizioni comuni, conducendo un lavoro prezioso, anche se non molto visibile, all’interno dei nostri gruppi parlamentari per arrivare alla stesura degli articoli fondamentali della Costituzione, che riguardano l’uguaglianza di fronte alla legge, nel lavoro e nella famiglia>>. 
La giovane Nilde Iotti , eletta a soli ventisei anni, entra a far parte dell’Assemblea Costituente, avendo già alle spalle un’elevata formazione culturale, perfezionata con la laurea in Lettere e Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano.  Negli anni universitari,  grazie alla sua curiosità intellettuale e  alla sua tenacia ha l’occasione di ampliare le sue letture, approfondendo lo studio di testi  “proibiti” dal regime. In una interessante intervista rilasciata a in occasione dei Cinquant’anni della Repubblica, presentata nella produzione Rai, L’alba della Repubblica, la Iotti ricorda la sua attenzione giovanile per gli scritti di Benedetto Croce e la sua richiesta al podestà di Milano di poter leggere i volumi della Storia d’Italia. Da cui anche l’emozione dell’incontro con Croce alla Costituente, figura controversa, ma ricca di fascino agli occhi della giovane parlamentare, studiosa di storia e filosofia. Negli anni dell’università matura anche la sua adesione al comunismo e la sua decisione, di unire all’attività d’insegnante intrapresa dopo la laurea una militanza politica attiva nelle file della Resistenza, tramite i gruppi di difesa della donna.
Dopo la liberazione svolge con grande dedizione attività sociali e assistenziali nelle file dell’UDI di Reggio Emilia, di cui diviene segretaria nel 1945. Acquisisce per il suo forte ed incisivo impegno  sociale una grande popolarità fra le donne  della sua città; tant’è che viene candidata ed eletta alle amministrative della sua città, Reggio Emilia,  nel luglio del 1945. E’ esponente, quindi,  della primissima generazione di donne amministratrici locali.
Il suo prestigio e la sua sensibilità culturale la portano ad essere candidata ed eletta con più di 15 mila voti di preferenza all’Assemblea Costituente,   per la circoscrizione di Modena-Reggio Emilia-Parma Piacenza. E’ tra le più giovani fra le elette. Nonostante ciò, il suo ruolo nella redazione della Carta Costituzionale è di primissimo piano.  Fa parte , infatti, insieme a Maria Federici, Angela Merlin, e Teresa Noce ( e ad Angela Gotelli, che si aggiunge nel febbraio del 1947) della Commissione dei Settantacinque, incaricata di redigere il testo costituzionale. La Iotti è fino all’inserimento della Gotelli nel 1947 l’unica donna a far parte della prima sottocommissione, che si occupa di scrivere gli articoli relativi ai principi fondamentali, <<ai dritti e ai doveri dei cittadini>>.  Un incarico di grande prestigio è quello a cui attende la giovanissima Nilde, che è relatrice  di una materia di profonda valenza etica, e non priva di contrasti fra gli esponenti della commissione e dell’assemblea, ovvero la famiglia. 
Il suo intervento mira a evidenziare la necessità che la Costituzione, a differenza dello Statuto Albertino, preveda un riconoscimento ed una tutela della famiglia.  Tralasciando la spinosa questione della dissolubilità del matrimonio, che per la Iotti non attiene all’ambito costituzionale ma a quello del diritto civile, la giovane relatrice afferma che lo Stato,  non attribuisce ma riconosce i diritti della famiglia, come diritti ad esso preesistenti, capovolgendo la precedente teoria dei diritti riflessi, in sintonia anche, come ricorda in una successiva intervista, con l’ispirazione  data alla questione  dai democratici cristiani e da Aldo  Moro in particolare. La Iotti sostiene, inoltre, che lo Stato debba dichiarare l’incontrovertibile principio dell’uguaglianza giuridica dei coniugi e della loro pari dignità genitoriale, così come la tutela dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio. Tali affermazioni danno luogo a qualche contrasto, superato, però, grazie ad un proficuo dibattito all’interno della commissione.  Nell’attività della prima sottocommissione, la giovane costituente si occupa,  anche, della difesa del principio della pari retribuzione salariale fra uomo e donna, contrastando le opinioni di chi, ponendo l’accento sulla missione familiare della donna, di fatto, invece di sostenerne anche l’attività extra-familiare, tende a precludere alla donna stessa, in nome della difesa della famiglia,  la sua aspirazione al lavoro. 
Per la Iotti non c’è, al contrario,  contrasto fra la vocazione familiare della donna e la sua ambizione alla realizzazione professionale.
Lo Stato deve promuovere questo suo duplice e difficile impegno. Insieme alle colleghe Federici e Gotelli difende le ragioni del riconoscimento del pieno diritto delle donne a raggiungere gli alti gradi della magistratura e a non essere considerate in quella delicata attività solo per questioni attinenti “alla sensibilità” femminile.  Le tre Costituenti, nonostante la diversa appartenenza politica, sostengono insieme il principio della pari dignità del lavoro femminile,  del riconoscimento del merito e non della diversità di sesso, come  criterio per ascendere alle cariche più elevate della magistratura e  dello Stato.   Sarebbero ancora  numerosi gli interventi della giovane costituente Nilde Iotti a cui dare rilievo e molto si dovrebbe dire sul contributo dato dalle ventuno donne elette all’assemblea, per la redazione della carta fondamentale dei diritti del nostro paese. La visione volutamente e obbligatoriamente sintetica che emerge da questo contributo non può dare conto della vastità e dell’importanza della questione. Le Costituenti hanno svolto, infatti, in relazione alle loro competenze e sensibilità, un ruolo fondamentale per la definizione dei principi guida della rinascita democratica dell’Italia. Questo ruolo è stato rilevato da una storiografia avvertita, ma merita certamente un ulteriore approfondimento critico. A conclusione di questa riflessione sul ruolo delle donne nell’Assemblea Costituente, permettetemi di ricordare brevemente la risposta di Nilde Iotti nel corso dell’intervista concessa per il programma Rai L’alba della repubblica,  alla domanda su quali fossero le conquiste più rilevanti della Costituzione.  La Iotti afferma che esse sono rappresentate dai principi fondamentali, dagli articoli che vanno dal primo all’undicesimo. Sostiene, però, l’importanza dell’articolo tre. << Il principio di uguaglianza- spiega la Iotti- a me sta particolarmente a cuore. […] E’ la sanzione solenne, costituzionale, dell’ingresso delle donne nella vita politica. Avevano votato per l’Assemblea Costituente. La Costituzione con quell’articolo afferma il loro essere cittadini alla pari con tutti gli altri cittadini. Per me- conclude la Iotti- è un punto che fa della Costituzione italiana, ancora adesso una Costituzione moderna>>. 
Ed è una della ragioni per cui nella sua lunga attività dei donna delle istituzioni e di legislatrice, Nilde Iotti si è impegnata per la difesa della Costituzione e per la piena realizzazione dei suoi enunciati. 
Francesca Russo, Vicepresidente della Fondazione Nilde Iotti