Strauss-Kahn, Polanski e le donne. Conflitto culturale o abuso di potere?
di Ian Buruma,  dal Corriere della Sera del 5 settembre 2011

I due elementi che più contribuiscono a infiammare gli animi nei conflitti culturali sono la religione e il sesso e in particolare il modo in cui gli uomini trattano le donne. Va da sé che tali elementi siano legati a doppio filo: la religione è usata comunemente come strumento per regolare il comportamento sessuale e i rapporti tra i sessi.

Molti sono ancora convinti che gli attentati dell’11 settembre 2001 siano stati non solo atti di terrorismo politico, ma anche parte di una guerra culturale, di uno scontro di civiltà. I due elementi che più contribuiscono a infiammare gli animi nei conflitti culturali sono la religione e il sesso e in particolare il modo in cui gli uomini trattano le donne. Va da sé che tali elementi siano legati a doppio filo: la religione è usata comunemente come strumento per regolare il comportamento sessuale e i rapporti tra i sessi.
L’interpretazione culturale dell’11 settembre come uno scontro di civiltà spiega come mai molti ex simpatizzanti della sinistra si siano uniti ai conservatori adottando un atteggiamento ostile nei confronti dell’Islam. In passato, la maggior parte degli americani di sinistra avrebbe considerato la guerra in Afghanistan come un’impresa neoimperialista. Dopo l’11 settembre, però, la musica è cambiata. I talebani sottomettevano le donne, impedivano loro l’accesso all’istruzione e le costringevano a portare il burqa. Così, la guerra contro i talebani e il loro ospite, Osama Bin Laden, poteva essere interpretata come una lotta per la liberazione femminile.
In realtà, è inverosimile che il femminismo abbia influenzato in alcun modo la decisione dell’allora presidente George W. Bush di portare gli Stati Uniti in guerra. Le motivazioni di ordine culturale gli hanno tuttavia consentito di reclutare non pochi improbabili alleati.
La risposta all’11 settembre e quella alla recente vicenda che ha avuto come protagonisti Dominique Strauss-Kahn e una cameriera africana in un hotel di New York hanno ben poco in comune, con l’eccezione di un particolare: ancora una volta, il conflitto culturale è stato evocato in modo fuorviante.
Qualunque cosa sia successa tra l’ex direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi) e la sua accusatrice, il fatto che egli sia stato arrestato e costretto a sfilare davanti ai giornalisti nella veste di presunto colpevole hanno suscitato dure critiche in Francia. Secondo una di queste accuse, l’arresto di DSK è emblematico del puritanesimo americano. I francesi, secondo questo ragionamento, appartengono a una cultura latina e hanno una visione più aperta dei comportamenti sessuali. Sono più tolleranti nei confronti delle debolezze umane e hanno una concezione più raffinata dell’arte della seduzione. Di più: l’arresto di DSK era probabilmente un gesto di vendetta per la protezione concessa dalla Francia a un altro uomo accusato di reati sessuali, Roman Polanski, e per la messa al bando in quello stesso Paese del burqa. In altre parole, il caso Strauss-Kahn faceva parte di un altro scontro culturale incentrato sul sesso e, seppur solo marginalmente, sulla religione.
Uno dei problemi dell’approccio culturale è che spesso viene usato per difendere o giustificare il comportamento dei potenti nei confronti dei deboli. I talebani sono indubbiamente convinti che la sottomissione delle donne sia una prerogativa culturale, oltre che un obbligo religioso. I leader autoritari dell’Asia sono soliti sostenere che i loro Paesi siano culturalmente inadatti alla democrazia.
Persino nel più liberale Occidente — per non parlare di Paesi con tradizioni meno liberali, come il Giappone — tuttavia, la cultura va in soccorso dei potenti più spesso di quanto protegga i deboli. Sia Polanski sia DSK sono stati coinvolti in atti sessuali con donne di condizioni di gran lunga diverse dalle loro, in termini rispettivamente di età e di status sociale. Comprendere le loro «debolezze umane», dunque, significa sostanzialmente giustificare il comportamento di uomini potenti nei confronti di donne senza alcun potere.
Può darsi che le rigorose leggi in vigore negli Stati Uniti in materia di comportamento sessuale siano il riflesso di una cultura puritana, ma più probabilmente sono il risultato della diversità culturale. In una società di immigrati, i cittadini appartengono a un’ampia varietà di tradizioni e fedi religiose, con posizioni molto diverse riguardo al sesso e al ruolo delle donne. Poiché gli americani non possono fare assegnamento su usi e costumi uniformi, la legge è l’unico strumento per regolare il comportamento dei cittadini. Le società antiche hanno costumi e tradizioni, quelle moderne si affidano a tribunali e assemblee legislative.
Ma le ragioni sono anche altre. La Svezia, Paese con un grado di diversità culturale limitato, ha leggi ancora più severe di quelle statunitensi in materia di comportamento sessuale. E la Francia, sotto la vernice dell’eguaglianza repubblicana, è culturalmente ed etnicamente eterogenea.
Non ci si può aspettare che la legge risolva tutti i conflitti culturali. Essa può svolgere tuttavia un ruolo positivo come strumento di emancipazione. Nel migliore dei casi, la legge è un importante fattore di uguaglianza. La fine della tratta degli schiavi in Occidente non avvenne in seguito a una trasformazione della cultura europea, bensì grazie a un cambiamento delle leggi britanniche.
In Giappone, le molestie sessuali nei confronti delle donne vengono a volte spiegate (da maschi giapponesi) agli stranieri come un elemento della cultura nipponica. E coloro che ne sono vittime spesso le sopportano pensando che sia vero. Non v’è dubbio che molte donne afgane che portano il burqa siano altrettanto convinte che nascondere il proprio volto sia un precetto culturale e dunque un dovere naturale.
Un numero crescente di donne giapponesi, tuttavia, comincia a ribellarsi alle attenzioni indesiderate dei maschi: non rinnegando la tradizione o la cultura, ma rivolgendosi a un avvocato e sporgendo denuncia. Nel loro caso il problema non è il sesso o l’arte della seduzione, bensì l’abuso di potere. Le donne musulmane che vivono in società fortemente autoritarie non hanno in genere la possibilità di ricorrere alla tutela della legge. Gli uomini che intendono mantenere il loro controllo sulle donne continueranno senz’altro a usare la cultura e la tradizione religiosa per giustificare tale posizione di dominio.
Sarebbe indubbiamente meglio, soprattutto per le donne, se i cittadini di Paesi come l’Afghanistan fossero uguali davanti alla legge. E se i potenti francesi smettessero di usare la «cultura latina» come pretesto per abusare di chi è socialmente inferiore.
Le soluzioni a questi problemi, tuttavia, sono di natura politica e giuridica. È per questo che DSK è stato arrestato. Quanto alle donne dei Paesi musulmani, può darsi che gli abitanti dell’Occidente non possano fare granché per garantire loro un futuro migliore. Ma è improbabile che colpendoli a suon di bombe si possa ricavare qualcosa di buono.
(traduzione di Enrico Del Sero)