Le pretese etiche dello Stato e la legge 40
di Chiara Saraceno, dalla Repubblica del 20 settembre 2011

Al tavolo tecnico interregionale che lavora sulla procreazione assistita si sta discutendo anche della possibilità di fissare un limite di età (43 anni) alla procreazione assistita. In questo articolo la sociologa Chiara Saraceno sottolinea l’incongruenza della ratio di porre un limite normativo che appare assolutamente inutile visti i dettami della legge 40 che regolamenta le pratiche di inseminazione artificiale.

Non è chiara quale sia la ratio per porre un limite di età per la fecondazione medicalmente assistita che, ricordo, in Italia in base alla restrittiva legge 40 può avvenire solo se ovociti e seme sono rispettivamente della donna e dell´uomo che, facendo parte di una coppia riconosciuta come tale dal legislatore, intendono diventare genitori. La norma esclude già la possibilità di utilizzare donatori. Quindi esclude già in via di principio donne in menopausa. L´unica norma ulteriore cui dovrebbe attenersi il servizio sanitario riguarda i pericoli per la salute della donna e del potenziale nascituro. Per altro, la legge 40 è singolarmente indifferente sia all´uno che all´altro criterio nella misura in cui impone l´impianto di tutti gli ovuli fecondati (fino a tre), anche se ciò può essere rischioso per la donna e per la sopravvivenza dei bambini che nascerebbero, e impone di impiantarli anche se sono destinati a gravi malattie genetiche (una norma ora invalidata da alcune sentenze della Corte costituzionale). Null´altro dovrebbe rilevare. Non basta richiamarsi alla “natura”. Non solo perché la medicina in molti campi la corregge o indirizza e perché gli stessi processi naturali sono cambiati (ad esempio si è abbassata l´età in cui si diventa fertili e innalzata quella alla menopausa), ma perché già oggi c´è una differenza grande tra l´età migliore dal punto di vista biologico per procreare e quella ritenuta più adatta dal punto di vista sociale. Una madre di sedici o diciotto anni è dichiarata troppo giovane e immatura, anche se la sua fertilità è al culmine. E, soprattutto in Italia, l´età in cui si ha il primo figlio si è molto alzata. Quarant´anni fa una donna che avesse il primo figlio a 31 anni veniva categorizzata come primipara attempata. Oggi questa è l´età normale. La stessa varietà di soglie di età attualmente in vigore nelle varie regioni mostra come non vi sia consenso, né base scientifica per raggiungerlo…
Pretendere di definire una età, a prescindere dalle condizioni di salute e fertilità delle singole donne, evoca pretese da stato, ed ora anche regioni, etiche, che pretendono di definire chi, come e quando è adatto a diventare genitore. E ciò sta avvenendo mentre diverse regioni, sempre arrogandosi funzioni etiche, stanno cercando di restringere la funzione dei consultori come luoghi in cui una donna, ricevute le necessarie informazioni, possa decidere liberamente se proseguire o meno una gravidanza.
 
Chiara Saraceno