Ricordo di Nilde Iotti di Marisa Rodano (intervento al Convegno del 20 giugno 2019)

Mi si chiede un ricordo su Nilde Jotti. Quando penso a Nilde, penso all’amica con la quale ci scambiavamo le ricette di cucina – era un’ottima cuoca – o con la quale   andavamo a cercare le stoffe con cui farci confezionare gli abiti.  Penso alla dirigente dell’UDI che a carnevale arrivava alle riunioni della Segreteria con un cestino di frappe da lei confezionate.
Oppure alle passeggiate con lei e Togliatti in Valle d’Aosta e al garbo con cui calmava l’ansietà di Togliatti quando mio figlio Giaime e la loro figlia adottiva Marisa, che erano andati a giocare al fiume, tardavano a tornare a casa.


Li rivedo, come fosse oggi, in piedi vicino al Colosseo, che attendevano l’autobus per andare sulla via Appia a passeggiare, quando Togliatti cercava di liberarsi dalla scorta che lo seguiva in quanto ex Ministro Guardasigilli.

Avevo conosciuto Nilde a Firenze al primo congresso dell'UDI, quello della fusione coi Gruppi di Difesa della Donna. Eravamo quasi coetanee, lei era nata il 10 aprile del 1920, io nel gennaio 1921 – ma Nilde era già Consigliere Comunale di Reggio Emilia da subito dopo la Liberazione.  Fu però allora un rapporto solamente formale.

L’amicizia cominciò molto dopo e avvenne quasi casualmente perché un giorno, alla Camera mi ritrovai con Lei e Togliatti in ascensore. Li invitai a pranzo a casa mia. Ricordo le osservazioni scandalizzate di qualche compagno. “Ma come inviti a pranzo due persone che convivono non essendo sposate!” All’epoca sia il paese che il partito comunista erano molto tradizionalisti.

Scoprii di avere in comune con Nilde la militanza nel PCI, l’esperienza della Resistenza e dei Gruppi di difesa della donna.  Credo si possa affermare infatti che la straordinaria personalità di Nilde si sia forgiata proprio nel fuoco della lotta di liberazione nazionale. E, al tempo stesso, anche Nilde aveva un retroterra di formazione cattolica.

Nilde era figlia di un ferroviere, proveniva da una di quelle famiglie emiliane che erano pronte a mille sacrifici per far studiare i figli e perfino le figlie. Nilde prima aveva lavorato per mantenersi agli studi, poi riuscì ad andare all'Università Cattolica di Milano grazie ad una borsa di studio, acquisita per meriti scolastici. Perciò aveva anche una formazione cattolica.

Insomma, quando penso a Nilde, non mi sovviene la deputata alla Costituente che, nella Commissione dei Settantacinque, ebbe il compito non facile di collaborare con un parlamentare di destra quale Corsanego alla stesura dell’articolo sulla famiglia. Avevano idee diverse, presentarono relazioni distinte; le formulazioni che Nilde allora proponeva, (che non sono quelle poi adottate) sono molto più vicine a quanto pensiamo oggi. Nilde era stata d'accordo che la questione del divorzio non fosse inserita nella Carta Costituzionale, non la riteneva matura, ma poi fu Nilde a insistere al X Congresso del Partito Comunista, contro le tiepidezze e le timidezze di molti, perché ci si decidesse ormai ad affrontare la questione. E fu schierata con grande vigore per l'approvazione della legge in parlamento e per la sua conferma nel referendum.

Non penso neppure alla Presidente della Camera dei Deputati che seppe resistere all’attacco dei radicali e riformare il regolamento dell’Assemblea. Nilde non solo ha avuto un ruolo fondamentale nell'elaborazione della nostra Costituzione. Nel corso della sua lunga vita politica ne ha promosso sempre l'attuazione e l'applicazione, in particolare quando divenne l'autorevole Presidente di Montecitorio. Ricordo l'emozione di quel giorno, perché era la prima volta nella storia italiana che una donna, e per giunta dirigente comunista, di un partito dell'opposizione, veniva chiamata a un così alto incarico.

Un incarico che lei ha ricoperto per tredici anni, rieletta per tre legislature, fatto senza precedenti nella storia del Parlamento italiano, a riprova della stima e della fiducia che aveva conquistato nell'assemblea. Una donna che lo ha fatto con straordinaria capacità, ottenendo credito, apprezzamento, rendendo onore alle donne, anche in anni difficili, in momenti di aspro confronto parlamentare, quelli della prima grave crisi della democrazia italiana, e della stessa funzionalità del parlamento, seguita all’assassinio di Aldo Moro. E Nilde, con coraggio e prudenza, mise mano a una riforma del regolamento per cercare di uscire dallo stallo.

Vorrei ricordare come Nilde, proprio lei, che era stata magna pars nella elaborazione della Costituzione, avesse chiaro che occorrevano norme nuove per adeguare la Carta costituzionale ai poteri delle regioni, e armonizzare l’autorità del Parlamento con l’efficienza dell’Esecutivo. Però, come risulta anche dal suo ultimo discorso parlamentare del ‘98, un anno prima di morire, Nilde si è sempre schierata a difesa dei lineamenti fondamentali della Costituzione del ’48, si è sempre battuta perché rimanesse salda la divisione dei poteri, perché non ci fossero nelle riforme possibilità di derive autoritarie e plebiscitarie.

Nilde faceva parte di quella nutrita pattuglia di giovanissimi e giovanissime, emersi dalla Lotta di Liberazione Nazionale, che il PCI aveva voluto affiancare ai militanti e alle militanti storiche che venivano dai lunghi anni dell'esilio, del carcere e del confino. E questa giovanissima è diventata una madre della Repubblica, giacché è bene sottolineare che la Repubblica ha avuto anche delle madri e non solo dei padri.

Nilde fu anche una protagonista delle lotte delle donne per la emancipazione, fu tra quelle elette all'Assemblea Costituente che hanno contribuito all'elaborazione dell'articolo tre della Costituzione. Quell'articolo che sancisce la “pari dignità sociale ed eguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. A cui segue la basilare affermazione del secondo comma “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

E fu sempre Nilde, assieme alle altre donne Costituenti, (questo è un piccolo dettaglio ma è importante) a ottenere che il sesso fosse collocato all'inizio della elencazione e a voler precisare, inserendo l'inciso “di fatto” la natura e l'ampiezza degli ostacoli che dovevano essere rimossi. Non è dunque casuale che quest'articolo sia rimasto al centro delle battaglie dei movimenti delle donne per tutta la nostra vita repubblicana.

Tener viva la memoria di Nilde Iotti significa anche rinfrescare il ricordo delle lotte delle donne italiane per la loro emancipazione. Nilde ha dato un contributo decisivo all'avanzamento delle donne, sia nel lavoro parlamentare che come dirigente dell'UDI, dove dal '53 era stata chiamata a far parte della segreteria nazionale, e come responsabile dal 1961 della Commissione Femminile del PCI.

Decisivo fu il suo contributo per riprendere la linea di emancipazione, che rimasta offuscata, negli anni dal 1948 al 1953, nella durezza della divisione del mondo in blocchi e della contrapposizione, in Italia, seguita alla cacciata delle sinistre dal governo nel 1947. “Credo di poter affermare - ha scritto Nilde Iotti - di aver dedicato molta parte della mia vita politica alla battaglia delle donne e di questo sono molto orgogliosa.

Parlando al VI Congresso dell'UDI Nilde ribadiva che autonomia significava “soprattutto e prima di tutto azione aderente alle esigenze delle moltitudini femminili, senza alcuna riserva di carattere politico e ideologico, contro tutti gli ostacoli di ordine politico, economico, di costume che impediscono l'affermazione della personalità femminile.”

Fu grande il suo contributo per arrivare ad approvare leggi fondamentali per le donne, penso alla pensione delle casalinghe, al riconoscimento del valore del lavoro delle donne contadine, alla riforma del diritto di famiglia; nel dibattito alla Camera sulla Legge del '93 sulla presenza delle donne nelle liste elettorali, intervenne perché si mantenesse la norma dei due terzi, introdotta al Senato.

Sebbene Presidente della Camera volle apporre la sua firma alla Legge di iniziativa popolare sui tempi. Sulla Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, rifiutando sia la tesi radicale dell'aborto come diritto civile, sia la pretesa clericale di considerare l'aborto un reato, Nilde si mosse sulla linea, che era anche dell'UDI, della lotta all'aborto clandestino, per sconfiggere il ricorso all'aborto, considerato come violenza imposta alla donna; per la gratuità dell'interruzione di gravidanza praticata nelle strutture pubbliche, per il diritto delle donne all'autodeterminazione.

Mi ci sono soffermata per sottolineare come Nilde su leggi difficili, che investivano problemi delicati e aprivano un forte conflitto, restasse ferma sui principi, ma fosse capace di ascolto e di comprensione per le posizioni diverse dalle sue. Diretta a ricercare sul terreno della laicità dello Stato, e rifiutando le contrapposizioni ideologiche, una possibile intesa.

Un'attività ricca, un impegno straordinario durato tutta la vita. “Ho l'impressione -  ha detto nel 1994 – di essere stata una donna fedele a un impegno preso verso me stessa. Un impegno preso da quando ho cominciato ad essere una persona. Nessuno che fa politica è soddisfatto del suo lavoro, questa è stata per me sempre una premessa di rigore, ma continuo a guardare alla politica come alla più alta delle eredità. La vivo oggi con lo stesso impegno e lo stesso entusiasmo di quando ho cominciato. Credo nella politica come strumento indispensabile per cambiare la società e per diffondere nuove idee”. Penso che questa visione alta della politica, come attività nobile e disinteressata, come strumento per cambiare la società e per promuovere dignità, diritti, libertà fa di Nilde un esempio da proporre alle giovani di oggi, e fa di questa idea un valore che bisogna cercare di rimettere in auge, di fronte a un discredito, a un'interpretazione della politica che la banalizza, che la riduce a carriera, alla ricerca di posti e così via.

Abbiamo parlato delle donne e del grande cambiamento che abbiamo vissuto –disse Nilde nel '94come sarebbe stato possibile senza la politica? Alle donne, alle mie compagne, alle amiche credo di aver lasciato in eredità la vocazione a coltivare un'autonomia di pensiero e un grande rispetto per le istituzioni”. Questa eredità la dobbiamo raccogliere.

Ebbene, oggi sono minacciate proprio quelle conquiste che le donne hanno ottenuto in anni e anni di lotte e a cui Nilde aveva dedicato tanta passione e tanta parte della sua attività.

Molte leggi come il divieto di licenziamento per matrimonio, il divieto di licenziamento per maternità sono parole vane, leggi inapplicabili, diritti inesigibili. Permane la sottovalutazione, la sotto rappresentazione delle donne ai vertici della politica e delle istituzioni, in tutti i luoghi decisionali.

Questi diritti e queste conquiste sono minacciate anche dal preoccupante e crescente rigurgito della violenza maschile nei confronti delle donne. Il razzismo, la xenofobia e la sguaiataggine verbale creano un clima che incita gli uomini alla violenza, che tende a conculcare la presenza delle donne nella vita sociale, economica e culturale. Le donne sono viste come prede, come oggetti, non come cittadine di pari diritti. Anche la pubblicità usa l'immagine delle donne in modo molto spesso lesivo della loro dignità.

Siamo in presenza di una presentazione mediatica della figura femminile lontana dalla realtà, che ripropone vecchissimi stereotipi e tende a veicolare la mercificazione del corpo femminile come scorciatoia per il successo, e persino per l'accesso alla politica, indicando una strada illusoria, che rischia di bruciare una generazione di donne, e che comporta un pesante arretramento del livello civile, sociale e culturale del paese.

Purtroppo ci sono delle donne che sembrano accettare l'idea che il corpo esibito, o addirittura venduto, costituisca effettivamente la via per conseguire il successo, in particolare nei media, nel mondo dell'immagine. Ma quel che è peggio anche in politica. E non vi è chi non veda come tali stereotipi, o peggio ancora tali comportamenti, siano l'opposto della figura femminile che Nilde ha impersonato.

C'è davvero bisogno oggi di riaffermare e di promuovere questi valori. Basti pensare che la parola eguaglianza sembra scomparsa dal lessico politico, e che la solidarietà non sembra più considerata un principio basilare della nostra convivenza. Siamo in presenza di un arretramento del sistema di valori per cui le donne hanno combattuto.

E quel che si ventila oggi è ben altro: vediamo un Presidente del Consiglio che dispone di una amplissima maggioranza in Parlamento, costituita da parlamentari da lui scelti, e di fatto, grazie alla legge elettorale, da lui nominati. Un Presidente che controlla o come proprietario o come Capo dell'Esecutivo tutta l'informazione radio-televisiva, che è padrone di numerosi giornali, che è insofferente di qualsiasi controllo e di qualsiasi strumento di garanzia, dalla Presidenza della Repubblica alla Corte Costituzionale, che un giorno sì e un giorno no annuncia di voler annullare l'indipendenza della magistratura e di metterla sotto il controllo del governo com'era nel periodo fascista.

È in pericolo la nostra democrazia, È sotto attacco quell'ordinamento costituzionale che Nilde aveva contribuito a scrivere e che ha difeso in tutta la vita politica!

La sua attività a livello istituzionale ci offre dunque un insegnamento assai attuale, nel momento in cui siamo tutti chiamati a sventare il pericolo di uno stravolgimento, di fatto, prima ancora che di legge, della nostra Costituzione

Permettetemi infine di accennare a un tema delicato, molto controverso, ma fa parte della personalità di Nilde, del suo coraggio trasgressivo, e del valore che anche la sua storia personale ha avuto per far mutare la mentalità e il costume del nostro paese.

Durante i lavori della Costituente (che fu galeotta) Nilde si innamorò di Togliatti, e Togliatti si innamorò di lei. Un evento che va a smontare lo stereotipo che tanti hanno voluto fare sui comunisti tutti partito e vita pubblica, niente sentimenti, niente privato. Si scriveva la Costituzione ma c'era posto anche per l'amore.

Fu però per Togliatti e per Nilde una esperienza dolorosa e drammatica. Bisogna capire, uscivamo da vent'anni di fascismo, l'Italia aveva un costume molto chiuso, codino, lo erano le leggi; ci sarebbero voluti anni e anni per cambiare la norma che puniva l'adulterio della donna ma non quello dell'uomo. I più anziani avranno presente le vicissitudini del campione di ciclismo Fausto Coppi e della Dama Bianca, e quanto tempo ci è voluto per cancellare la norma che di fatto non puniva il delitto d'onore. Qualcuno forse rammenterà ancora, ma bisogna essere molto vecchi per ricordarselo, l'episodio dei coniugi Bellandi, che il Vescovo di Prato aveva additato come pubblici concubini perché si erano sposati in Municipio. Questa era l'Italia di allora.

Certo, Nilde e Togliatti hanno infranto le norme legali allora vigenti, ma per costruire una relazione vera e solida: un comportamento cioè che è esattamente l'opposto di quello che abbiamo prima ricordato, che utilizza le relazioni sentimentali o addirittura l'attività sessuale solo per ragioni di successo o di potere. Anche in questo caso, di vita privata, ci viene dall'esperienza dolorosa di Nilde un insegnamento di grande attualità: il valore dei sentimenti, l'idea che un rapporto vero di coppia possa essere duraturo, solido, sia dentro che fuori della sanzione legale, e che questo sia comunque un valore.

Una strana famiglia racconta Giorgio Frascapolara che gli avrebbe detto Nilde - in cui non ci sono un veromarito, una vera moglie, una vera figlia, ma che è una famiglia felicissima e unita”. In realtà questo rapporto fu oggetto per Nilde di grandi sofferenze, perché venne fortemente contrastato. Nilde e Togliatti per primi sapevano che la questione del divorzio non si poteva sollevare in quegli anni; si erano battuti perché nella Costituzione non si parlasse di indissolubilità, lasciando così aperta la possibilità di introdurre lo scioglimento del matrimonio, sapendo che però, per il momento non se ne sarebbe fatto nulla e che quindi sarebbero stati obbligati a rimanere una coppia di fatto. Ma fu a tutti gli effetti una famiglia vera e assai salda, consolidata dall'adozione di Marisa Malagoli dopo l'eccidio di Modena.

Sono convinta che anche questo abbia radici profonde, nella Resistenza e nella Costituzione, nel percorso repubblicano che ha portato le donne a superare una condizione di esclusione e soggezione per realizzare nuove conquiste e conseguire nuovi diritti. Sono valori e idee di sé che, ne sono convinta, possono appartenere alla maggioranza delle donne e delle ragazze che giorno per giorno con fatica e dignità cercano di realizzarsi studiando e lavorando, costruendo il proprio futuro. Sono anche convinta che i movimenti delle donne, se riuscissero a uscire dalla frammentazione e a darsi obiettivi comuni, potrebbero essere oggi una grande forza motrice, una risorsa decisiva per rigenerare la democrazia e le istituzioni e rendere la nostra società migliore.

Marisa Rodano

(Intervento al Convegno del 20 giugno 2019)