Roma, 8 marzo 2012: Italiane e nuove italiane per l'Italia
riflessione di Maria Josè Mendes Evora
 

Trovarmi sull’Altare della Patria, luogo simbolo del Popolo e della Nazione italiana, vuole dire per me, vivere un momento di commozione. Incontrarmi su uno dei luoghi di Alta Rappresentanza per l’Italia, Paese che mi vide arrivare più di trent’anni fa e che ha visto “trascorrere” gli anni della mia giovinezza , mi rende felice.

L’8 Marzo simboleggia la data che diede inizio ad una fase di cambiamento sociale e politico per la vita  della Donna. Sono consapevole che si tratta di un processo di non breve durata e soprattutto non ancora compiuto, ma è proprio a partire da quella data simbolica che intravediamo il decollo, se vogliamo, l’inizio della conscientizzazione della Donna. A tale data si fa risalire l’origine della festa denominata Giornata Internazionale della Donna.
Di certo è una data, in cui la Donna inizia a voler vedere più chiaro, o meglio, ad esigere quello che fin ad allora non le era stata consentito, ovvero, richiedere i “propri diritti”. Molti risultati sono stati raggiunti anche se ritengo in modo diversificato tra le varie parti del Mondo. La differenza tra le conquiste raggiunte sono grandi, però mi tranquillizza il fatto che noi Donne, abbiamo un denominatore comune, un solo desiderio, ovvero, il raggiungimento di una vera “libertà” della e per la Donna.
Milioni di donne appartengono ad una parte della Sfera Terrestre dove viene loro riconosciuta la possibilità di poter esprimere le proprie idee, ma ad altri milioni di donne non è ancora permesso manifestare il  proprio pensiero. E qui mi domando, quale peggiore bavaglio?
Il mio pensiero poi si allarga alle donne che si trovano a lottare, perché non riescono ad avere un pezzo di pane da dare ai propri figli o a mandarli a scuola. Ma penso ad altre migliaia e chi sa se non milioni, di donne sottoposte a trattamenti piuttosto “disumani”. E mi vengono in mente le donne che vengono fisicamente sfigurate, spesso e volentieri, solo per non avere accettato un matrimonio imposto.
A queste donne va tutta la mia solidarietà, ma non solo a parole. Desidero abbracciare le tante donne che conosco, le tante donne anche italiane e mi vengono in mente alcune colleghe di lavoro o per meglio dire ex - colleghe di lavoro che lottano per avere un posto di lavoro. Non voglio parlare di un posto fisso, perché non ne ho competenze precise, però vorrei sottolineare il loro diritto ad avere un’occupazione che consenta loro di garantire un futuro per sé e per i propri figli. Inoltre, vorrei rivolgere un tenero pensiero alle tante lavoratrici che spesso subiscono ingiustizie di vario genere, pur essendo professioniste altamente qualificate.
Ma  è pur vero che non posso concludere, senza dedicare un mio pensiero alle tante Donne migranti che, come me, si trovano ogni giorno a dover fronteggiare molteplici questioni: avere un lavoro, trovare una casa, inserire i propri figli nella scuola, acquisire o mantenere il proprio permesso di soggiorno, lottare contro ogni forma di discriminazione.
Loro sono donne che fanno da sponda tra due Mondi, da un lato c’è quello di appartenenza e dall’altra parte c’è quello di arrivo. Queste donne devono affrontare un impegno di grande portata, ovvero, quello di far sì che i propri figli riescano ad amare il loro Paese di nascita/crescita, ma con una particolare attenzione al legame con la Terra di origine. Sicuramente, con l’intento di non voler escludere nessuna delle loro due Patrie.
Concludo dicendo: quale miglior posto per condividere questa mia riflessione con le altre Donne? Trovarmi sull’Altare della Patria, luogo simbolo del Popolo e della Nazione italiana, vuole dire per me, vivere un momento di commozione. Incontrarmi su uno dei luoghi di Alta Rappresentanza per l’Italia, Paese che mi vide arrivare più di trent’anni fa e che ha visto “trascorrere” gli anni della mia giovinezza , mi rende felice. Nazione che pur con la prospettiva di rientrare a Capo Verde un domani, di certo rimarrà nel mio Cuore.
Maria Josè Mendes Evora