Il nuovo Rapporto Ismu sulle migrazioni, di Vaifra Palanca

Come ogni anno la pubblicazione del Rapporto Ismu rappresenta un’occasione di studio e di approfondimento per tutti coloro che, a livello accademico o professionale o semplicemente culturale, sono interessati ai molti aspetti del fenomeno migratorio in Italia e in Europa. 


Il 23 febbraio è stato presentato online il Ventiseiesimo Rapporto della Fondazione ISMU che negli anni ha accumulato un prezioso patrimonio di conoscenze sui temi dell’immigrazione, dell’inclusione e dell’educazione interculturale. Un appuntamento atteso che quest’anno, per la prima volta, premia i suoi estimatori rendendo il Rapporto scaricabile gratuitamente dal sito della Fondazione www.ismu.org.

Il Rapporto si compone di cinque parti. Una prima parte, scritta dal prof. Vincenzo Cesareo, colonna della Fondazione che nel 2021 compie trenta anni di attività, propone un’analisi generale delle migrazioni in Italia inquadrate in un contesto europeo e mondiale ai tempi della pandemia.  In occasione della presentazione del rapporto Cesareo, nell’esprimere il cordoglio per la morte dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo, ha sottolineato come episodi come questo siano strettamente legati ai temi dell’immigrazione, della globalizzazione e a quello delle esigenze di stabilità nei paesi africani. 

La seconda parte è dedicata all’analisi degli aspetti normativi e statistici delle migrazioni; la terza presenta tre approfondimenti  uno sul lavoro, uno sulla scuola e uno sulla salute; la quarta  analizza le posizioni dell’Europa in merito alle migrazioni - in particolare il nuovo patto per l’asilo e l’immigrazione - in rapporto alla situazione economica, sociale e pandemica nei paesi africani; mentre la quinta raccoglie vari temi, tra i quali un’analisi della regolarizzazione del 2020 in Italia, il rapporto tra media politica e razzismo, un articolo sui rifugiati e l’azione umanitaria ed infine un’analisi dei dati sull’andamento degli atteggiamenti di razzismo.

Come ogni anno la pubblicazione del Rapporto Ismu rappresenta un’occasione di studio e di approfondimento per tutti coloro che, a livello accademico o professionale o semplicemente culturale, sono interessati ai molti aspetti del fenomeno migratorio in Italia e in Europa. Quest’anno il rapporto però legge la situazione dell’immigrazione in Italia e della sua collocazione internazionale alla luce della pandemia da Covid-19 mettendo in evidenza quali sono, o sono stati, gli effetti di questa grande tragedia sulla mobilità dei migranti e sulla vita delle comunità che vivono in Italia. Tutto ciò attraverso l’attività di ricerca propria della Fondazione e delle Università con cui essa collabora, i Rapporti di istituzioni e organismi specializzati, nazionali ed internazionali (dalla Commissione Europea al Ministero dell’Interno e al Ministero del Lavoro, dall’OMS all’Istituto Superiore di Sanità, dall’ECRI- European Commission against Racism and Intolerance- alla FRA -Fundamental rights Agency-, dall’UNHCR- all’Ocse), oltre  ai Rapporti e le dichiarazioni di organismi indipendenti del volontariato sociale (Medici senza Frontiere, Amnesty International, Open Arms, Caritas, Sant’ Egidio, ecc.). Per questa ragione qualunque sintesi rischia di sminuirne il valore informativo e la profondità dei contenuti, perciò se ne consiglia una lettura attenta magari selezionando le parti che più interessano.

Il Rapporto parte dalla constatazione che nel corso di questo ultimo anno il tema dell’immigrazione è stato piuttosto sotto traccia nel dibattito pubblico tranne due argomenti: da un lato la paura dei contagi da parte degli immigrati, la gestione degli sbarchi e le soluzioni di emergenza adottate; dall’altro il tema della regolarizzazione, prevalentemente per addetti all’agricoltura e alla cura della persona, per non mettere in crisi due settori importanti della nostra economia in periodo di lockdown, secondo una logica funzionalistica e non quella dei diritti, come dice Laura Zanfrini. Nel corso dell’anno infatti sono diminuiti gli ingressi regolari per lavoro o per ricongiungimenti famigliari mentre sono aumentati gli ingressi irregolari via mare, con un ingente costo di vite umane, e attraverso la rotta balcanica dove la violenza e la tortura sono la quotidianità. Inoltre gran parte dell’immigrazione irregolare già presente in Italia è rimasta tale continuando ad alimentare l’esercito di lavoro precario, a volte schiavistico, eppure “essenziale” e strutturale al sistema.

Non si è parlato, secondo l’Ismu, delle difficoltà che i migranti già presenti hanno incontrato nel corso di questo anno insieme a tutti gli italiani, ma con un peso specifico maggiore determinato proprio dalla condizione di immigrato. Dal punto di vista della salute ad esempio, non perché maggiormente esposti al covid-19, infatti i casi in percentuale sono inferiori a quelli registrati a livello nazionale, ma per la difficoltà sia di adottare misure di prevenzione a livello personale (abitazioni disagiate e affollate, lavori precari e non tutelati) sia di accesso ai servizi di cura (non conoscenza dei propri diritti e/o del sistema di servizi, discriminazione).  Come pure dal punto di vista dell’istruzione, settore che l’Ismu conosce in modo particolare. Causa Covid, sono stati sospesi infatti i corsi di italiano e di formazione per adulti e per i minori, fondamentali per   l’acquisizione di un minimo di padronanza nella gestione della propria vita. La sospensione della didattica in presenza inoltre ha un impatto più pesante sulle famiglia di origine straniera che, in percentuale maggiore delle famiglie italiane, sono collocate tra le fasce più deboli della popolazione per numero di figli, redditi bassi provenienti spesso da lavori “essenziali” sì, ma al nero e mal pagati.  I bambini inoltre sono stati privati della principale esperienza di convivenza in una condizione di parità con i bambini italiani, come è la scuola, rafforzando una separazione che difficilmente potrà essere colmata.

Un’attenzione particolare è dedicata nel Rapporto all’analisi dell’impatto di questa situazione sui paesi di origine dove, per effetto della riduzione delle rimesse e della minore mobilità, si aggravano le condizioni di realtà già penalizzate da gravi problemi sociali, conflitti etnici, disastri climatici e dalla pandemia, che sono all’origine degli stessi flussi migratori.

Non è meno preoccupante quanto emerge dall’analisi degli atteggiamenti degli italiani nei confronti dell’immigrazione. Questo anno di pandemia e di difficoltà economiche, sociali e di relazioni, vissute con fatica da tutti, italiani e stranieri, ma cavalcate con cinismo da forze politiche in cerca di facili consensi, sembra aver fatto compiere un consistente passo indietro alla cultura dei diritti, della solidarietà e dell’accoglienza propria della democrazia. Secondo vari sondaggi riportati nel Rapporto risultano aumentati gli italiani che considerano con diffidenza l’immigrazione o ne sono contrari, come sono diminuiti consistentemente gli italiani favorevoli allo ius soli e allo ius culturae, e sono aumentati parallelamente coloro che optano per lo ius sanguinis o, in un altro contesto, negano la Shoah, un indicatore diverso ma che va nella stessa direzione dei precedenti. Un anno terribile nel corso del quale si è assistito ad un processo di progressiva “normalizzazione dell’odio” oltre che di assuefazione alla morte.

Il Rapporto sottolinea che la pandemia ha messo a nudo criticità e tendenze già esistenti nel nostro sistema sociale e produttivo quali disuguaglianza, sfruttamento, violazione dei diritti fondamentali di fronte alle quali è necessario reagire con coraggio. Lo Stato, i datori di lavoro, i cittadini, ciascuno secondo le proprie responsabilità, devono approfittare, nella fase di ricostruzione post-pandemia, per mettere al centro del proprio operato, i valori fondanti la Costituzione e la cultura del nostro Paese affinché tutti abbiano pari diritti e pari dignità in una società più solidale e generosa e per una “globalizzazione più umana”.

Vaifra Palanca