Raccontami una favola vera. Adriana Lodi: biografia di una politica, recensione di Grazia Labate

La fiaba, la madre di tutte le forme narrative, si rivolge quindi al mondo emotivo e favorisce l’apprendimento. Attraverso luoghi immaginari si attivano risorse interne in grado di fare esprimere il meglio di se stessi, scoprendo, fantasticando e progettando


Ognuno di noi ha avuto esperienza diretta o indiretta, da genitore o da figlio, o da nonno delle affascinanti doti di una fiaba.

Raccontare, ascoltare, leggere, interpretare una fiaba ha un valore speciale perché assieme alle parole si trasmettono emozioni, suoni e magiche atmosfere. Il volto incantato di un bambino durante l’ascolto di una favola esprime appieno questo meraviglioso valore.

La fiaba, la madre di tutte le forme narrative, si rivolge quindi al mondo emotivo e favorisce l’apprendimento. Attraverso luoghi immaginari si attivano risorse interne in grado di fare esprimere il meglio di se stessi, scoprendo, fantasticando e progettando.

La fiaba, inoltre, è spesso narrata più di una volta; la ripetizione ha una funzione importante, rappresenta una rassicurante sicurezza e al tempo stesso fornisce nuove opportunità; non annoia, non banalizza il racconto, anzi lo arricchisce ogni volta di nuovi significati, ne accresce il valore, ne fortifica la morale.

Le fiabe sono racconti fantastici che hanno delle caratteristiche ben precise:
• I personaggi sono reali o di fantasia.
• Il tempo narrato è lontano e indefinito.
• I luoghi sono poco caratterizzati e vaghi.
• Sono presenti contemporaneamente elementi di realtà e di fantasia.
• C’è una struttura: ovvero da una situazione problematica si arriva a una soluzione positiva.

Le fiabe hanno un’importanza essenziale nello sviluppo del bambino. Perché?
Leggere insieme una favola o ascoltare una fiaba è un momento di condivisione, che all’interno della routine quotidiana permette ai genitori e ai bambini, ai nonni di fermarsi e di dedicarsi del buon tempo insieme, favorendo la vicinanza emotiva e promuovendo la comunicazione.

La fantasia e la creatività vengono sviluppate e incrementate grazie all’ascolto o alla lettura di storie che offrono infinite possibilità e scenari sempre nuovi.

Si viene a contatto con personaggi dalle caratteristiche positive o negative, ci s’inizia a interrogare sul bene e sul male, ci si chiede come è giusto comportarsi e si imparano le regole sociali. Le favole trasmettono sempre dei valori e sono quindi importanti per lo sviluppo dei bambini.

Il lieto fine delle storie e la soluzione del problema che il protagonista raggiunge, stimolano speranza e fiducia nella vita e nel futuro, e insegnano l’importanza e il valore dell’impegno per raggiungere i propri desideri e i propri obiettivi.

Ecco cara Adriana le favole vere che il piccolo Dario ti chiedeva di raccontare, con questo libro le stai trasmettendo a noi tutti e a noi tutte, in questo difficile tempo presente, in cui la narrazione della tua vita, della tua attività politica ed istituzionale non solo è occasione di riflessione, ma anche di stimolo a trasmettere esempi positivi, conoscenza, fiducia, che cambiare si può per una società più giusta e socialmente ricca di qualità di vita.

Anche io ho appreso molto della tua vita sia privata che politica, nonostante ti abbia conosciuta e lavorato con te per 15 lunghi anni quando ho dato il mio impegno personale e di lavoro alla sezione femminile nazionale del PCI dal 1978 all’ 86 e poi come responsabile sanità fino al 1996, quando diventata parlamentare con l’esperienza dell’Ulivo ho dovuto cimentarmi fino al 2006 con il lavoro legislativo ed anche di governo dal 2000al 2001 come sottosegretaria alla sanità con il Ministro Veronesi, con l’occhio vigile ai problemi di una società inquieta, che come tu ben descrivi, non riusciva a trovare equilibrio tra diritti e realtà soprattutto sul terreno delle politiche sociali e del lavoro, della salute delle donne.

Sempre con lo sguardo attento alle donne di cui io come te ho vissuto l’espressione culturale e politica sia dell’emancipazione che della liberazione, con la ventata potente del femminismo, che ci ha consegnato in maniera forte e spesso conflittuale la cultura dell’autodeterminazione e della differenza di genere, abbiamo attraversato un epoca in cui tu molto più di me hai contribuito a farla diversa e a conquistare diritti che purtroppo oggi si danno spesso per scontati e di cui non c’è nel paese una conoscenza ed una consapevolezza del lavoro, della fatica, della tenacia di lotte e battaglie quotidiane, fatte dentro e fuori il nostro partito, dentro e fuori le istituzioni e persino dentro e fuori i nostri contesti familiari.

E’ vero tu sei stata in politica molto più pragmatica di me, rivolta al fare al raggiungimento degli obiettivi concreti, poco incline alle teorie specie in quegli anni caldi del femminismo, ma io da ligure con una buona dose di pragmatismo e con una formazione da ricercatrice universitaria in economia e politiche pubbliche, ho lavorato bene con te per poter applicare in tutte le regioni italiane le leggi che tu contribuivi ad ottenere.

Da quella sui nidi a quella sui consultori e poi per studiare adeguati percorsi sul tema delle pensioni, in modo particolare per le donne, per arrivare a mettere in campo una cornice di principi per la riforma dell’assistenza, che poi Livia Turco farà nel 2000 a cui facemmo subito seguire l’atto di integrazione tra sociale e sanitario. Sono venuta tantissime volte a Bologna per riunioni e convegni sulle donne, sul welfare, sulla sanità, Bologna e l’Emilia Romagna sono state un laboratorio di apprendimento continuo per me.

Prima che ti trasferissi ad Ozzano nel lontano 2001, sono sempre stata tua ospite, quando venivo a Bologna, perché cara Adriana, con te si era creata una forte empatia in tanti anni di lavoro comune. Che emozione quando alle cose che sapevo di te, perché molte volte me ne avevi parlato, ho visto con i miei occhi il primo asilo nido, che avevi costruito da assessora, al comune Di Bologna. Si cara Adriana te lo sei meritato l’appellativo di essere “la mamma di tutti i nidi” portando 50 anni fa, a Bologna, con il primo asilo Patini, il futuro socioeducativo per tanti bambini e tentando di dare prime risposte al dilemma, tuttora lacerante delle donne, tra famiglia e lavoro.

Ho tanti ricordi nella mente di cose fatte insieme: tutto lo studio sui residui passivi accumulatisi nel mezzogiorno per il non uso dei fondi previsti dalla legge sui nidi dal 1971 che sostanziammo, aiutate dal deputato Rubes Triva di Modena, in un emendamento alla legge finanziaria del 1981 per rendere quei fondi fruibili per le regioni del sud.

Presentammo i lavori in un Convegno Nazionale a Bari, nel teatro Petruzzelli, con il plauso di tutte le compagne del Sud che poterono avanzare proposte e progetti attuabili con le relative risorse disponibili nei comuni e nelle regioni e le conclusioni di Berlinguer, che apprezzò il lavoro fatto, ci resero felici, perché ciò che importava ad Adriana era il risultato, l’obiettivo raggiunto.

Lavorammo ancora insieme per preparare con Adriana Seroni responsabile femminile nazionale, il convegno nazionale del PCI la maternità negli anni ’80. Anche qui la ricognizione sull’applicazione della legge 405 sui consultori e della legge 22 maggio 1978, n. 194, approvata dal parlamento dopo vari anni di mobilitazione per la decriminalizzazione e regolamentazione dell'interruzione volontaria di gravidanza, poi confermata dagli elettori con una consultazione referendaria il 17 maggio 1981, ci fotografavano un Italia a macchia di leopardo, non solo nel numero delle strutture attivate e delle pratiche di intervento, ma nelle modalità organizzative e di contenuto con cui venivano avanti le nuove strutture in perenne combattimento tra concezioni familistiche e antiabortiste, sempre in agguato, e strutture di prevenzione, educazione alla sessualità, e genitorialità consapevole, come veniva prospettato dai modelli
dell’Emilia Romagna, della Toscana e più in generale dalle regioni del Nord e quelli del centro e del Mezzogiorno fortemente arroccati con ginecologi obiettori a fare ostruzionismo nelle strutture pubbliche.

Prevenzione ed educazione sessuale sono stati concetti difficili da affermare e tutt’oggi non sono ancora patrimonio culturale comune, nelle giovani generazioni, né rientrano nel patrimonio formativo scolastico. Di Adriana non ne fai cenno nella tua autobiografia, ma io lo so perché l’ho vissuto, anche il rapporto con Adriana Seroni fu forte ed intenso. La grande stagione legislativa tua si incontra con quella di Adriana Seroni, che viene eletta in Parlamento nel 1972. La grande stagione delle battaglie legislative delle donne è già iniziata.

Nel 1970 è stata approvata legge 898 sul divorzio. Nel 1971 sono state approvate le leggi sugli asili nido comunali e sulla nuova tutela delle lavoratrici madri. Sempre nel 1971, la Corte Costituzionale abroga l’art. 553 che vieta l’uso e la propaganda degli anticoncezionali mentre nel ‘73 è approvata la legge sulla tutela del lavoro a domicilio di cui ti sei occupata.

Ma è nella campagna sul referendum per il divorzio che Seroni è in prima linea, insieme a te e alle altre compagne rivelando la forza delle donne nel Paese. “Adriana Seroni – scrive Miriam Mafai – fu un osso duro per quanti, Enrico Berlinguer in testa, intendevano evitare a ogni costo il referendum. Si arrivò a un vero e proprio scontro: con la Seroni si schierarono tutte le dirigenti, e le deputate, dal centro alla periferia, convinte che la coscienza, la cultura e i costumi delle donne erano profondamente cambiati, che la legge sul divorzio andava difesa così com’era e che il referendum poteva essere vinto”. Tu ne eri convinta, ed infatti si stravinse nel paese.

Da allora da parlamentari e da dirigenti del partito avevate stretto un forte sodalizio ed io ricordo che quando Adriana per evitare discussioni familiari dovette rinunciare al suo meraviglioso piccolo cocker Jimmy chiese a te di tenerlo a casa a Bologna, perché di te si fidava ed era certa che Dante, i tuoi meravigliosi ragazzi e tu, lo avreste accudito amorevolmente. Che bello leggere e rivivere ciò che sei stata e che con questa biografia Laura Branca, come dici tu, ha proprio saputo “entrare nei tuoi pensieri”. Si Adriana in certi passaggi è come se ti avessi rivisto all’improvviso dopo tanto tempo, e non ci fossimo mai perse di vista.

Si, proprio come allora, dove difronte alle difficoltà tu hai sempre trovato la forza di superarle e guardare avanti. Oggi sono certa che questo libro servirà e tutto quello che hai fatto e che sei è una specie di bussola che può aiutare le nuove generazioni ad avere memoria e traguardare un futuro migliore. Con l’affetto di sempre la tua amica e compagna.

Grazia Labate

Raccontami una favola vera. Adriana Lodi: biografia di una politica 
di Laura Branca e Adriana Lodi
Bacchilega Editore, 2021