Pensieri elaborati nel vivo della battaglia politica misurandosi con le storture dello sviluppo capitalistico, le ferite sociali, le impetuose domande di cambiamento che nel corso degli anni settanta ed ottanta avevano posto i lavoratori, i giovani, le donne, le novità emerse nel mondo cattolico.
“Il tempo, grande scultore”, di Marguerite Yourcenar, racconta come lo scorrere del tempo illumina il senso profondo, non transitorio dei pensieri e delle azioni umane. In questo nostro tempo, in cui abbiamo vissuto l’imprevisto più duro, leggere i pensieri di Enrico Berlinguer su taluni temi cruciali come la pace nel mondo, la costruzione di un nuovo modello di sviluppo incentrato sui beni comuni, la moralità della politica, conferma che il tempo è davvero grande scultore. Nel senso che restituisce la forza di pensieri che sono stati lungimiranti. Come quelli elaborati e tenacemente perseguiti dal grande dirigente comunista.
Pensieri elaborati nel vivo della battaglia politica misurandosi con le storture dello sviluppo capitalistico, le ferite sociali, le impetuose domande di cambiamento che nel corso degli anni settanta ed ottanta avevano posto i lavoratori, i giovani, le donne, le novità emerse nel mondo cattolico. Ciò che in Enrico Berlinguer alimenta l’elaborazione di pensieri che permangono nel tempo è la pratica politica, la sua “cura etica” del giorno per giorno, la presa in carico della vita concreta delle persone, la moralità dell’azione politica, lo sguardo che va in profondità e cerca di capire l’impatto che i processi in corso avranno sul futuro. Per Berlinguer la struttura del mondo viene definita da due caratteristiche principali: lo sviluppo dell’ordinamento nucleare che minaccia lo sterminio universale; il divario crescente tra aree ad alta industrializzazione ed il terzo mondo, cui aggiungerà negli ultimi anni la rivoluzione scientifica e tecnologica. A partire da qui avanza la proposta di un governo mondiale e nel 1982 sollecita il PCI ad elaborare la Carta per un nuovo ordine economico e politico internazionale.
Un’ idea, quella della Carta per un nuovo ordine mondiale, che comincia a maturare alla fine degli anni settanta e che si intreccia con l’affermazione del valore universale della democrazia, con la costruzione di una politica europea che solleciti la distensione tra le due superpotenze-USA ed URSS- a partire da una riduzione degli armamenti e ed una politica di una cooperazione con i paesi del Sud del mondo per renderli attori, alla pari, della costruzione di un nuovo sviluppo economico mondiale. Colpisce leggere oggi il discorso che Enrico Berlinguer pronunciò a Strasburgo, nel Parlamento Europeo, contro l’intervento sovietico in Afghanistan, (16 gennaio 1980), in cui riflette su qual è il ruolo dell’Europa e come si sta nella Nato. Insieme alla netta condanna della invasione da parte dell’Unione Sovietica in Afghanistan esprime profonda preoccupazione per la corsa agli armamenti attivata da Usa ed Urss e l’inasprirsi del conflitto tra le due superpotenze.
“Si è come in presenza di una intensificata militarizzazione della politica e dello stesso pensiero politico…Bisogna aprire la via del dialogo e del negoziato. Per fare questo è necessaria una politica europea che sia di moderazione, di saggezza, e di iniziativa costruttiva”.
“E’ in questa direzione che deve andare la politica europea, promuovendo iniziative, anche nuove, per il disarmo; rifiutando ogni forma e tentazione di neo colonialismo; stabilendo con i popoli e i paesi del Terzo mondo uno schema di rapporti fondati non sul semplice aiuto ma sull'uguaglianza e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa. Ma bisogna anche dare la prova di comprendere che la causa della pace e della giustizia nel mondo non tollera più quei privilegi e quegli sprechi, quei modelli di vita e di consumi propri della società industrializzate, i quali offendono feriscono e suscitano la legittima reazione di grandi masse umane, di interi continenti”.
La pace, il governo mondiale si intreccia con il tema di un nuovo modello di sviluppo di cui leva è una politica di austerità . “Abbandonare l’illusione che sia possibile perpetrare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario. Bisogna promuovere un modello di sviluppo che sia ispirato e guidato dai principi della massima produttività generale, della razionalità, del rigore, della giustizia, del godimento di beni autentici quali sono la cultura, l’istruzione, la salute, un libero e sano rapporto con la natura” (gennaio 1977).
Le battaglie delle donne in particolare hanno messo in evidenza che i problemi che scandiscono la vita umana vanno oltre la dimensione economica e sociale, riguardano le relazioni tra donne e uomini, tra genitori e figli, le relazioni famigliari, la dimensione affettiva delle persone. Riguardano la qualità dei tempi di vita, in particolare il rapporto tra il tempo di lavoro ed il tempo della cura. Cura delle persone e cura dell’ambiente e delle città, dei borghi, delle periferie, delle campagne in cui le persone vivono. Riguardano la qualità del welfare, per garantire i fondamentali diritti sociali come la salute, la formazione, i servizi sociali. Il diritto al lavoro e la qualità del lavoro. Le battaglie delle donne sono state capaci di tenere insieme i diritti civili ed i diritti sociali.
Dunque bisogna “allargare i confini” della politica, dotarsi di un progetto di trasformazione sociale che sia di liberazione umana. Ma per fare questo bisogna contrastare una concezione e pratica povera e riduttiva della politica, quella per cui essa viene ridotta “ai rapporti, ai giochi tra i partiti , tra maggioranza ed opposizione e tutto finisce lì.”
Bisogna ascoltare e fare pesare nell’agenda politica le domande di una vita dignitosa che provengono da strati sociali diversi, da movimenti animati da nuove culture come quella ecologista e pacifista. Bisogna che esse incidano nell’agenda politica e trasformino le istituzioni della politica, i partiti. Questo è un pensiero ed una ricerca costante di Enrico Berlinguer che si accentua negli anni ottanta, con la proposta dell’Alternativa Democratica, quando si assiste ad una degenerazione della vita pubblica, all’emergere di una acuta questione morale, al distacco dei cittadini dalla politica dei partiti e delle istituzioni, che si traduce nella crescita dell’astensionismo dal voto. Fenomeno inedito nel nostro paese e che conferma la crisi della politica tradizionale. Accompagnata dall’emergere di forme nuove di impegno civico. C’è un rapporto stretto tra la costruzione di un nuovo modello di sviluppo e la riforma della politica.
Questo chiama in causa il modo concreto e quotidiano di essere del PCI. Ed ecco che tornano centrali le donne con la loro critica al maschilismo. Tema su cui si sofferma in un mirabile discorso svolto a conclusione della Settima Conferenza delle donne comuniste, (4 marzo 1984), uno dei suoi ultimi.” Bisogna superare quegli orientamenti culturali, quegli atteggiamenti mentali e pratici, quelle abitudini che sono proprie di una società e di una cultura e quindi anche di un modo di fare politica costruiti secondo l'impronta maschilista, cioè in nome di una pretesa supremazia dell'uomo sulla donna e delle concezioni che ne sono derivate e che egli ha ereditato.” Cita Karl Marx negli scritti giovanili là dove afferma “Nel rapporto verso la donna, preda sottomessa alla libidine della comunità, è espressa la smisurata degradazione in cui l'uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso. Dal rapporto dell'uomo con la donna si può giudicare ogni grado di civiltà dell'uomo”.
Berlinguer riconosce che “nel partito permane uno scarto tra le acquisizioni e le posizioni a cui siamo giunti sulla questione femminile e l'attuazione di esse nella politica generale, nelle iniziative concrete e nella stessa vita di partito fino all'atteggiamento personale, al costume, allo stile nei rapporti con le compagne. Il superamento di questo scarto è diventato ormai condizione indispensabile imprescindibile per una generale avanzata del partito, per l'affermazione della sua politica complessiva, dato che incorporando in essa le questioni poste dalle donne e dai loro movimenti la nostra politica acquisterà maggiore incisività, una nuova grande ricchezza, anche modificandosi laddove deve essere modificata”.
Livia Turco