Prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera dei deputati (dal 1979 al 1992), Nilde Iotti è stata e continua ad essere una figura di riferimento per le donne della sinistra, italiana ed europea.
La raccolta di articoli e discorsi, curata da Graziella Falconi, coprendo il lunghissimo arco di tempo in cui si è dispiegato l’impegno politico di Nilde Iotti (1946-1996), presenta numerosi spunti e temi di grande interesse, alla cui origine vi è un tratto tipico della personalità della parlamentare comunista e presidente della Camera: l’attenzione in ogni suo discorso, articolo o intervento, alla concretezza della vita suffragata dallo studio dei dati economici e statistici, sulla scorta dei quali Iotti demolisce gli stereotipi che condannavano le donne a una condizione di inferiorità o minorità, anche nella tradizione del pensiero socialista.
Nel saggio “Da Turati alla elaborazione del PCI” pubblicato su Rinascita nel 1961, Iotti mette in luce l’arretratezza del pensiero progressista e fa risalire al provincialismo del primo movimento operaio italiano lo scarso interesse alla questione femminile e ai diritti delle donne: “L’Italia non ha conosciuto né la rivoluzione francese … né l’influenza profonda del socialismo utopistico e di uomini come Fourier e Saint Simon e tanto meno la generosa battaglia di Stuart Mill, In altri termini in Francia, in Inghilterra, in Germania, le più avanzate correnti di pensiero dell’ultimo secolo avevano affrontato la questione femminile come uno dei grandi problemi di giustizia e libertà che l’età moderna era chiamata a risolvere”.
Attraverso un lungo excursus delle posizioni espresse dal PSI, e dalle dirigenti donne come Anna Kulishoff, fino all’insorgere del fascismo, Iotti sottolinea come la vecchia impostazione corporativa e di classe, impediva di raccogliere alcune grandi questioni sociali e di libertà, la questione meridionale, la questione contadina e la questione femminile. Si doveva attendere Gramsci e, soprattutto, il PCI risorto nel 1945, perché la classe operaia “uscisse dall’isolamento per divenire la forza egemone di un vasto schieramento democratico … Solo da una simile visione poteva uscire la comprensione di alcune delle grosse questioni nazionali”, fra le quali quella delle donne. Interessante, per noi che abbiamo nelle orecchie l’eco delle polemiche suscitate dall’anniversario dei 100 anni dalla nascita del PCI, ricordato in generale come un atto settario e estremistico, che nel 1961 se ne sottolineava, invece, la novità rappresentata dall’apertura a tutta la società, in nome di un’esigenza di rinnovamento non solo economica ma sociale e morale.
Allo stesso modo, Iotti è in grado di cogliere (intervento alla III Conferenza nazionale delle donne comuniste, 30 marzo 1962) il passaggio d’epoca del “miracolo economico”, che catapulta le donne in una dimensione di autonomia che mai avevano conosciuto prima, grazie al lavoro fuori casa, come operaie e come impiegate.
Se fin dall’inizio del suo impegno nell’Assemblea costituente e nella commissione dei 75, Iotti si era battuta contro le forme di discriminazione più odiosa che la società patriarcale imponeva alle donne e ai bambini: diritti dei bambini nati fuori del matrimonio, abolizione del reato di adulterio, parità economica e giuridica, la difesa della maternità, la lotta contro i licenziamenti “per matrimonio”, negli anni sessanta lo spettro delle battaglie femminili si amplia ad alcune riforme che riguardano tutta la società, a cominciare dalla scuola, dagli asili nido e scuola materna, e dai servizi urbani. Battaglie nelle quali cerca l’alleanza delle donne che la pensano diversamente, in particolare del mondo cattolico. Fa una polemica costante verso le concezioni secondo cui il ruolo della donna si esprime nelle mura domestiche e il lavoro è considerato, al massimo, un male necessario. Ma la polemica non le impedisce di cercare l’alleanza sugli obiettivi.
Scrive Livia Turco nell’introduzione a proposito dell’incontro con Togliatti, con il quale “presto si stabilisce un sodalizio umano, affettivo ma anche politico” ... “si può affermare che se Nilde Iotti ha molto ascoltato Togliatti, non di meno Togliatti ha molto ascoltato Nilde, nella sua interezza di donna e dirigente politica”. E certamente, fra i temi nei quali lo scambio fu più proficuo, c’è quello della liberazione della donna, Togliatti essendo stato forse l’unico dirigente comunista dell’epoca che riconosceva una specificità di carattere generale alla questione femminile, come ricorda Nilde Iotti, sia a proposito del decreto firmato da Togliatti e De Gasperi per il diritto di voto attivo e passivo, sia – in seguito – quando Togliatti criticò le compagne perché gli sembrava che nelle loro iniziative si limitassero a “mettere la a” al posto del maschile.
In un bellissimo articolo pubblicato da “Rinascita” il 19 maggio 1978, Nilde Iotti rievoca il lavoro di Aldo Moro alla Costituente e come, anche attraverso momenti informali, si stabilisse un legame fra le persone che avrebbero formato negli anni a venire la classe dirigente, di governo e di opposizione, del paese: “Vi era dunque, insieme all’impegno e alla preoccupazione per la difficoltà dell’impresa, una istintiva, spesso inconsapevole curiosità di conoscerci, di misurarci attraverso il confronto a cui tutti eravamo chiamati, come se ci incontrassimo dopo decenni di lontananza e di silenzio.
Forse per questo prese avvio l’abitudine, via via sempre più frequente, di trattenersi nell’Aula a discutere alla fine delle sedute di sottocommissione. Non tutti: un gruppo di democristiani, Dossetti, Moro, La Pira, … Noi comunisti, Togliatti, Marchesi, io, qualche volta Basso. Si discuteva di tutto: delle ragioni che avevano determinato la nostra scelta politica, delle proprie esperienze durante la guerra di Liberazione, dell’Unione Sovietica e della chiesa Ortodossa; della sopravvivenza o meno del principio di proprietà tra le masse contadine dell’Unione sovietica. Erano conversazioni distese, amichevoli, senza sospetto”.
Riletto a tanta distanza di tempo, quell’articolo restituisce plasticamente il significato profondo di ciò che ci fu tolto con il barbaro assassinio di Aldo Moro. Nella Prima Repubblica, attraverso vicissitudini terribili, aveva resistito quella solidarietà “per la quale ci siamo trovati insieme sul fronte della Resistenza e della guerra rivoluzionaria” (Aldo Moro, Assemblea costituente, 13 marzo 1947). Da subito, a cominciare da Portella della Ginestra, forze palesi e occulte si erano mosse per lacerare quel tessuto, con il governo Tambroni nel 1960, con la strategia della tensione inaugurata con la strage di piazza Fontana nel 1969. Nel 1978, invece, il colpo fu definitivo.
L’impegno politico e istituzionale di Nilde Iotti è continuato per un ventennio dopo quel tragico 1978. Eletta presidente della Camera dal 20 giugno 1979 fino al 1992, è stata presidente della commissione bicamerale per le riforme istituzionali dal marzo 1993 all’aprile 1994. Attraverso articoli e interviste, il libro documenta la sua partecipazione attiva al dibattito che porta allo scioglimento del PCI e alla nascita del PDS.
Si chiude con la bella intervista che Giorgio Frasca Polara le fece per l’Unità del 21 agosto 1996, dal titolo “L’amore di una vita”, sul legame d’amore con Palmiro Togliatti e con la figlia adottiva Marisa Malagoli: “Già, com’era: a capo di una strana famiglia in cui, come disse un’amica, non c’era un vero marito, non c’era una vera moglie, non c’era una vera figlia, ma che pure era una famiglia unita e felicissima”.
Recensione di Jolanda Bufalini
Nilde Iotti. Nel movimento e nel partito, antologia di scritti e discorsi
A cura di Graziella Faconi
Roma, Harpo, pagg. 553