Perché le donne di sinistra non hanno ambizioni da leader, di Livia Turco

Che la prima donna presidente del consiglio sia una donna di destra è sicuramente una sconfitta per la sinistra. Ma la si smetta con il racconto caricaturale che sta dilagando sui media e da parte dei commentatori e commentatrici della politica sulle donne di sinistra: serve un po’ di verità storica.


Faccio gli auguri di buon lavoro alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Auguri che si accompagnano con un sentimento profondo di lotta e di combattimento. Sentimento che so essere condiviso da tante altre, come ho potuto constatare nel corso dell’incontro tra donne, bello ed affollato, svoltosi presso il Cinema Farnese negli scorsi giorni a Roma, promosso da Alessandra Bocchetti e Franca Chiaromonte.
Sentimento di lotta perché quanto accadrà è già preannunciato nel programma di governo e nei nomi di tanti ministri e ministre e di tanti ministeri. Mi auguro che nei prossimi giorni venga definito un programma dell’opposizione, a partire dal Pd.

LA CARICATURA DELLE DONNE DI SINISTRA
Che la prima donna presidente del consiglio sia una donna di destra è sicuramente una sconfitta per la sinistra. Ma la si smetta con il racconto caricaturale che sta dilagando sui media e da parte dei commentatori e commentatrici della politica sulle donne di sinistra: serve un po’ di verità storica. Noi non siamo e non siamo state quelle accucciate accanto agli uomini per elemosinare alcuni posti, non siamo state e non siamo femministe ideologiche o le assatanate delle quote (anche se rivendichiamo le norme antidiscriminatorie come nostro merito e successo, peraltro in linea con le norme europee).

Noi, donne di sinistra, siamo state quelle delle lotte, del dialogo e dell’unità tra le donne, siamo state quelle che si sono lasciate travolgere dal femminismo, hanno agito il conflitto nel partito per far cambiare idea ai loro uomini su temi come il divorzio, l’aborto. Siamo quelle che negli Anni 80 hanno posto il tema del potere e dell’autonomia delle donne nel partito e nelle istituzioni, hanno costretto partiti e sindacati a misurarsi su una tematica inedita come quello dei tempi di vita e di lavoro. Siamo quelle che vinsero le battaglie per le grandi riforme che contengono diritti sociali e diritti civili .

IL POTERE DELLA SORELLANZA
Lo abbiamo fatto esercitando il forte “potere della sorellanza” e del gioco di squadra. Ci siamo scontrate con le dure ostilità di forze politiche avverse. Tra queste, quella sempre schierata contro ogni legge per la dignità femminile era quella che portava nel suo simbolo la fiamma tricolore, la stessa che oggi campeggia nel simbolo del partito di Giorgia Meloni.

Noi donne di sinistra siamo quelle che nei governi dell’Ulivo hanno promosso politiche coraggiose sulla sanità, sull’immigrazione, sui servizi sociali, contro la violenza sessuale, per i diritti delle donne, per il lavoro, sul diritto alla maternità e paternità. Siamo quelle che nei governi più recenti hanno ottenuto leggi importanti per migliorare i congedi parentali, per i servizi sociali, per la parità salariale,hanno inciso in settori come l'agricoltura e la tutela dell’ambiente.
Dunque, un po’ di rispetto e di conoscenza della storia del nostro paese.

IL PROBLEMA DELLA LEADERSHIP
Qual è il problema allora che va squadernato e discusso? In questi ultimi venti anni la politica è molto cambiata sotto l’influsso della cultura berlusconiana diventando politica del laeder, politica della ipertrofia dell’io, poltica come puro potere. Si è persa la politica popolare, intesa come comunità attiva di popolo, che invece era costitutiva della sinistra e del cattolicesimo democratico. La cultura della rottamazione ha fatto il resto. Insieme a un approccio culturale ed a priorità programmatiche che non hanno saputo dare il giusto spazio alla lotta contro le diseguaglianze ed al valore del lavoro.

Nelle generazioni più giovani di donne si è rotta quella cultura del noi, della sorellanza, ed è prevalsa l’idea che si possa vincere ed affermarsi da sola, alleandosi con l’uomo politico più affine e potente. Ma quando la politica diventa, in modo prevalente anche a sinistra, occupazione del potere e carriera personale, allora il protagonismo femminile diventa una minaccia. E gli uomini si guardano bene dal riconoscere l’autorevolezza delle donne. Questo e il maschilismo, e questo spiega perché siano più maschilisti i giovani di oggi che i vecchi dirigenti del Pci.

LA SORELLANZA
Anche noi, la generazione che ha fatto le lotte praticando il “potere della la sorellanza”, ha qualcosa da rimproverarsi: di non aver esercitato l’ambizione personale nell’esercizio della leadership, convinte che il problema fosse rinnovare la politica e praticare la solidarietà. Il nostro ordine di valori non prevedeva la esplicitazione della ambizione personale. Che invece è necessaria nella politica. Ma che, per essere autorevole e forte, deve avvalersi del reciproco riconoscimento tra donne. Cosa facile a dire, difficile da praticare.

Auspico dunque che tra le donne e gli uomini del Pd e di tutta la sinistra di apra un dibattito schietto e profondo su questo aspetto costitutivo della politica.

Oggi, di fronte alla miseria della politica, alla acuta crisi della rappresentanza confermata dall’alto tasso di astensionismo, in particolare femminile, le donne devono avere l’ambizione di diventare le “leader diffuse del rinnovamento della politica”, della rinascita di una politica popolare. Che, come ci ha insegnato la dura vicenda del Covid-19 deve partire dalla constatazione che il tratto costitutivo della nostra umanità è la fragilità: abbiamo bisogno l’uno dell’altro.

Abbiamo capito che vivere è convivere. Dunque sono cruciali le relazioni umane, è cruciale il rammendo sociale e la costruzione di comunità. Questo è anche il compito di una politica popolare, che è tale se guarda in faccia le persone, le va a scovare, dimostra di capire e condividere i loro problemi. Insomma, si prende cura di loro.

Le donne, attraverso il pensiero elaborato elaborato e la pratica attivata non sono forse le regine del prendersi cura delle persone? Ed allora cosa aspettiamo ad esercitare questo nostro potere, a farlo diventare “potenza del bene per gli altri”, e le altre? Cosa aspettiamo a praticare ed elaborare la democrazia della cura ed a promuovere la cittadinanza del prendersi cura delle persone?

È questa la strada faticosa ma coinvolgente, piena di sfide inedite, che dobbiamo praticare per ridare senso alla rappresentanza politica e per far rinascere la sinistra.

Livia Turco (quest'articolo è apparso sul quotidiano Domani, il 24 ottobre 2022)