Questo il titolo della monografia curata da Benedetto Coccia, Ginevra Demaio e Maria Paola Nanni, a cura dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e del Centro Studi e Ricerche IDOS. L’intento è quello di restituire una visione articolata e complessa, attraverso molteplici contributi che spaziano dalla dimensione storica all’attualità, dai flussi e le presenze del passato all’oggi, dalle migrazioni forzate all’inserimento occupazionale, ai percorsi di inclusione e partecipazione.
Agli anni ‘70 risale la prima immigrazione in Italia di donne attratte dalla domanda di lavoro nel settore dei servizi. Oggi le donne con cittadinanza straniera rappresentano il 50,9 % dell’intera popolazione straniera residente nel paese, 2,6 milioni secondo i dati del 2021.
Nonostante questo protagonismo quantitativo e i ruoli essenziali assunti nella società, come apparso chiaramente durante la pandemia, la maggior parte degli studi sull’immigrazione italiana continuano ad essere prevalentemente neutri rispetto al genere, facendo scomparire la realtà delle donne nel neutro/maschile a differenza del trend di approfondite ricerche sulla dimensione transnazionale delle migrazioni femminili che troviamo negli Stati Uniti e nell’Unione europea. E ancor più che nelle analisi sociologiche, le immigrate rimangono invisibili nelle politiche italiane.
Da qui prende le mosse la monografia curata da Benedetto Coccia, Ginevra Demaio e Maria Paola Nanni, “Le migrazioni femminili in Italia - Percorsi di affermazione oltre la vulnerabilità” (Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e Centro Studi e Ricerche IDOS, 2023).
Nell’intento di restituire una visione articolata e complessa, i molteplici contributi spaziano dalla dimensione storica all’attualità, dai flussi e le presenze del passato all’oggi, dalle migrazioni forzate all’inserimento occupazionale, ai percorsi di inclusione e partecipazione.
Mentre il saggio della ricercatrice Francesca Nicodemi dell’ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) analizza la riproposizione in termini neocapitalistici del concetto di sfruttamento schiavistico attraverso il lavoro coercitivo e lo sfruttamento sessuale del corpo ridotto a merce e ripercorre le misure adottate per la lotta alla tratta e la protezione delle vittime a partire dal pionieristico articolo 18 del Dlgs 286/98 (legge Turco-Napolitano), il saggio dell’avvocata Ilaria Boiano di Differenza donna esamina la condizione giuridica di “rifugiata”, mettendo in luce i limiti della protezione internazionale, costruita sul modello neutro-maschile della Convenzione di Ginevra del 1951, e l’inadeguatezza delle politiche d’asilo, in particolare in rapporto alle richieste di protezione nei casi di violenza nelle relazioni intime.
Molti saggi si occupano delle condizioni e discriminazioni nei confronti delle immigrate nel mercato del lavoro dove risultano percentualmente più disoccupate degli immigrati e delle donne italiane e presenti soprattutto in occupazioni precarie e sottoqualificate. Anche quando detengono titoli di studio elevati vengono occupate soprattutto nei lavori domestici e di cura informali e formali nei servizi sanitari. Anche in conseguenza delle politiche neoliberiste, della crisi del welfare e crescente mercificazione e privatizzazione dei servizi di assistenza negli Usa, in Europa e in Italia, molti di questi lavori si sono spostati sulle spalle delle migranti con tutto ciò che questo comporta in termini di stratificazione e conflittualità sociale.
Mentre in vari studi a livello internazionale si è parlato di global care chains, a suggerire la particolare relazione tra le donne di differenti parti del mondo che si occupano dei compiti dell’assistenza e di care drain a indicare la ingiusta importazione della cura dai paesi poveri verso i ricchi e le carenze che ne derivano per i figli e parenti delle donne migranti, qui, invece, in particolare nel saggio di Giulia Garofalo Geymonat, Sabrina Marchetti, Letizia Palumbo, ci si riferisce al concetto ben più ampio di riproduzione sociale globalizzata, inclusivo anche di lavori domestici, agricoli e sessuali.
Vari saggi analizzano in una prospettiva intersezionale l’intreccio di sfruttamento oppressione marginalizzazione di genere classe razza e etnia e i processi di vulnerabilizzazione subalternità e vittimizzazione che ne derivano .
Ed è proprio attraverso lo sguardo complesso e fluido delle intersezioni e una prospettiva analitica plurale che il libro si propone di cogliere la complessità dei percorsi migratori femminili, nella polivalenza spesso contraddittoria delle esperienze e delle soggettività, tra vulnerabilità e subalternità da un lato e affermazione di autonomia protagonismo e ricerca di emancipazione dall’altro. Come indicato nello stesso titolo, il libro intende rompere la rigida contrapposizione interpretativa tra vittimizzazione e affermazione di autonomia sottraendo la donna immigrata al ruolo di semplice vittima passiva, soggetto subalterno, meno capace di scelte autonome rispetto alle europee.
Mariagrazia Rossilli