Da dove cominciare per invertire la tendenza alla mortificazione della democrazia e alla crescita delle diseguaglianze socio-economiche e ideali? Un contributo alla costruzione di una via per una società più inclusiva, aperta e libera viene dalla Conferenza nazionale L’Italia della convivenza, organizzata dalla Fondazione Nilde Iotti.
Nata nel 2011 e fondata da Marisa Malagoli Togliatti e Livia Turco – rispettivamente presidente onorario e presidente –, la Fondazione Nilde Iotti dedica al tema della convivenza due giornate, 28 e 29 aprile, di approfondimenti e dibattiti.
Perché organizzare oggi un incontro pubblico sul tema della convivenza?
Risponde Marisa Malagoli Togliatti.
In questo periodo la convivenza è uno dei temi più messi in discussione da alcune forze politiche e da parti dell’opinione pubblica. Assistiamo a una involuzione sul tema dell’interazione tra le diverse identità e culture. Nei confronti dei migranti, in particolare, si è affermata una chiusura, alimentata da demagogia e scarsa conoscenza, come se fosse possibile fermare le grandi trasformazioni del nostro mondo richiamandosi a un modello di società omogenea e chiusa che peraltro non è mai esistita. Da tempo si verificano tanti episodi di micro-razzismo, anche in contesti sociali storicamente orientati alla solidarietà. Questi movimenti involutivi sembrano trovare forme di collusione perché i valori della democrazia sono stati dati per scontati e non adeguatamente aggiornati ai cambiamenti in atto. Accade così che di fronte al notevole aumento degli sbarchi sulle nostre coste si generano allarmi e ricompaiono forme di un atavico razzismo. Del resto anche l’Europa non aiuta perché, nonostante le richieste che da anni l’Italia ha fatto, non si è assunta in modo continuo le responsabilità di gestire il fenomeno con una politica comune.
Per quanto riguarda l’immigrazione, la parola ‘Convivenza’ sembra più ampia di ‘Integrazione’, che può comportare il rischio di essere intesa asimmetricamente come accettazione da parte dei detentori di una civiltà di altri soggetti che vi si devono adeguare. Mentre Convivenza è una forma circolare di scambio di valori fra culture diverse e noi dobbiamo essere pronti a recepire gli apporti che ci vengono da altri.
Tali diversità abbiamo voluto rispecchiare nelle due giornate di lavoro comune, come si vede dai partecipanti alla conferenza, rappresentativi di tante realtà su tutto il territorio nazionale, perché da tempo la società italiana è plurale e multietnica.
Quale linea di continuità esiste tra la storia della Fondazione Nilde Iotti e il tema della convivenza?
L’interesse per la convivenza tra diverse culture è uno dei temi fondanti della Fondazione Nilde Iotti, da sempre impegnata in tutta Italia nella difesa dei diritti di tutti e, in particolare, delle donne. Gli obiettivi dello Statuto indicano la volontà della Fondazione di rendere vivi la concezione della politica e lo stile di Nilde Iotti, una donna che ha dedicato la sua vita ai valori della libertà, solidarietà, giustizia sociale. La pubblicazione di libri – ricordo Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia, di cui la Fondazione sta curando una nuova edizione – è stata da noi sempre intesa come strumento di lavoro per intervenire sul presente. Durante questi anni abbiamo organizzato giornate di studio, con relative pubblicazioni, su altre figure femminili importanti per la storia del nostro Paese. Ricordo ad esempio Tina Anselmi democristiana e staffetta partigiana a 18 anni: durante il suo ministero furono approvate le leggi sulla interruzione volontaria della gravidanza, sull’istituzione del servizio pubblico sanitario e la riforma psichiatrica (legge Basaglia).
Il fatto che il 25 aprile la Rai trasmetterà un docufilm su Tina Anselmi da essa prodotto mi permette di sottolineare che l’attività della Fondazione produce cultura, trasmettendo idee importanti non solo per coloro che si riconoscono nello statuto della Fondazione. Questa conferenza risponde allo scopo di allargare l’orizzonte della difesa dei diritti, non solo di quelli delle donne, conquistati nel corso degli ultimi decenni, ma anche del diritto di convivenza tra culture.
Il programma della Conferenza prevede la costituzione di Tavoli per la Convivenza. Pensate di creare strutture territoriali per la partecipazione politica?
La creazione di strutture radicate nel territorio implica la formazione di gruppi di persone pensanti, portatori di tradizioni e cultura, capaci di trarre dal passato elementi di creatività per il futuro, nella valorizzazione reciproca, la Fondazione ha già dato il sostegno ai tanti gruppi informali che in molte città italiane hanno organizzato giornate di studio, dibattiti, intitolato circoli culturali, biblioteche, strade e piazze a Nilde Iotti, alle Costituenti, a partigiane. Per quello che riguarda l’immigrazione e la promozione della cultura della convivenza c’è bisogno di idee forti, chiare e precise, che potranno avere ricadute di tipo operativo a livello culturale e socio-politico.
L’errore di certa parte della sinistra è stato di pensare che i principi alla base della Costituzione potessero essere dati per condivisi da tutti oppure per scontati, mentre devono sempre essere riproposti e riattualizzati a fronte dei cambiamenti della società.
Insomma, serve innanzitutto una cultura capace di assumere forme nuove e diversificate di interpretazione e intervento sulla realtà che cambia. Tanto più necessaria in questo momento storico in cui la proposta politica risulta assai carente e inadeguata ai complessi problemi del presente. Quello che noi vogliamo fare è, appunto, piantare semi per contribuire a costruire un pensiero e un linguaggio condivisi.
La storia ci insegna che ogni legge innovativa sul piano dei diritti nasce in un contesto che già contiene i germi di una cultura corrispondente e ciò è dimostrato dal tema della violenza sessuale contro le donne che da reato contro la morale ha visto nel 1996 una legge specifica per una progressiva attenzione sia a livello culturale che giuridico per contrastare le varie forme di violenza domestica (legge n.119 del 2013).