Articolo pubblicato nella sezione “Libertà e democrazia nella cultura politico-giuridica italiana”
La formazione giovanile
Nilde Iotti nasce il 10 aprile del 1920 a Villa Mancasale presso Reggio Emilia da Egidio Iotti e Albertina Vezzali, figlia attesissima da parte di due genitori, sposati per scelta solo civilmente. I coniugi Iotti avevano vissuto la tragedia di perdere tre figli nati prima della futura presidente della Camera e riponevano quindi molte speranze sulla piccola Nilde (cfr. Russo 2017).
La famiglia Iotti vive difficoltà economico-finanziarie, a causa delle opinioni politiche di Egidio Iotti, sostenitore del socialismo riformista ispirato al pensiero di Camillo Prampolini e attivo nel sindacato reggiano. Nel 1923, ufficialmente per «scarso rendimento», viene licenziato (cfr. Lama 2013, pp. 3-5). Nilde ricorderà il clima della sua infanzia come caratterizzato da un’educazione incline alla «serietà» della vita. Da tale educazione e conoscenza delle difficoltà la giovane Iotti ricava il suo costante impegno nello studio e la sua determinazione nell’affrontare le sue sfide culturali e politiche con determinazione e applicazione, onorando anche il sacrificio del padre, che ha saputo difendere gli ideali di libertà e di riformismo sociale.
I genitori di Nilde, nonostante le difficoltà economiche che sperimentano, investono risorse ed energie nella formazione culturale della figlia. Egidio Iotti, militante antifascista, sceglie di iscriverla alla scuola elementare cattolica, per sottrarla il più possibile all’indottrinamento del regime, ritenendo che: «erano meglio i preti che i fascisti», poiché nella scuola cattolica era garantita una maggiore libertà di insegnamento.
A undici anni Nilde s’iscrive all’istituto «Principessa di Napoli» di Reggio Emilia, dove incontra Ugo Bellocchi, con il quale condivide il suo percorso formativo e i viaggi tra Reggio Emilia e Milano. Prosegue gli studi anche dopo la morte dell’amatissimo padre avvenuta nel 1935, grazie all’impegno lavorativo della mamma. Nilde consegue con ottimi voti il diploma magistrale e l’abilitazione all’insegnamento nel giugno del 1938 (ivi, pp. 5-6). Grazie ad una borsa di studio bandita dalle Ferrovie dello Stato per gli orfani dei loro dipendenti, la giovane Iotti si iscrive alla Facoltà di Magistero dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per il corso di laurea in Materie Letterarie, approfittando di una speciale dispensa concessa dal Rettore padre Agostino Gemelli resasi necessaria, poiché i suoi genitori non erano sposati in Chiesa.
Qui inizia una fondamentale esperienza formativa conoscendo le diverse sensibilità politiche presenti nell’Ateneo, dove vi sono molti antifascisti, nonostante l’adesione del Rettore alle politiche culturali del regime. Vive gli anni della guerra, affrontando gli studi in un difficile pendolarismo fra Reggio Emilia e Milano divenuto ancora più complicato dopo lo scoppio della guerra. Sono gli anni delle scelte fondamentali della sua vita (cfr. Ghiringhelli 2010). Dallo studio della teologia matura un distacco «tutto razionale» dalla fede, pur mantenendo un atteggiamento di attenzione e dialogo con il mondo cattolico in tutta la sua vita politica, in modo particolare all’Assemblea costituente. L’ammirazione per il contributo dato dai “giovani professori” democristiani ai lavori di redazione della Costituzione emerge, infatti, spesso nei ricordi della Presidente Iotti, che riconosce loro il merito di avere contribuito a creare una nuova teoria dell’origine del diritto, opposta a quella che aveva imperato nella dottrina ai tempi del regime, anteponendo le persone allo Stato e mettendo in luce l’indipendenza dei diritti individuali dalle decisioni del potere politico (cfr. Russo 2021a).
La personalità di Nilde si rivela negli anni degli studi universitari come particolarmente attenta ad approfondire con spirito critico e in piena libertà tutti gli argomenti di studio, nonostante i condizionamenti imposti dal regime fascista. Da cui anche l’insistenza con le autorità universitarie e fasciste per ottenere il permesso di leggere la Storia d’Italia di Benedetto Croce, per apprendere la lezione del grande filosofo liberale napoletano. Iotti ricorderà, infatti, la grande emozione dell’incontro con Benedetto Croce in Assemblea costituente, simbolo, ritenuto «controverso e affascinante» dell’antifascismo italiano, poiché aveva rappresentato una bandiera della cultura libera italiana, ma nella sua vicenda politica non erano mancate posizioni che Iotti non poteva condividere (ivi, pp. 38-39).
Negli anni universitari Iotti matura la sua scelta antifascista e inizia la sua militanza, in nome di una profonda avversione per le violenze nazi-fasciste sulla popolazione civile.
Iotti consegue il diploma di laurea il 31 ottobre del 1942 con una tesi in storia, relatore il Prof. Giovanni Soranzo, dedicata ad aspetti della storia politico-istituzionale reggiana. L’argomento della tesi è L’attuazione delle riforme in Reggio Emilia nella seconda metà del secolo XVIII. Qui, come ricorda Ghiringhelli, «non si limita a delineare l’importanza del Codice
Estense nella storia del diritto italiano, ma [...] pone l’accento sull’asserto che le idee camminano sulle spalle degli uomini e che la bontà o meno di una legge non sta nella sua parte teorica, ma nella sua applicazione pratica e in come influisce sulle “condizioni del popolo”» (Ghiringhelli 2010, pp. 6-7).
Con la fine dell’Università Iotti intraprende le fasi salienti del suo impegno politico nella Resistenza e in modo particolare per le donne italiane, come interprete delle loro aspirazioni di pace e attese di emancipazione. Nel 1943, infatti, Nilde inizia con passione a insegnare, ma si avvicina ai movimenti antifascisti, scelta che si rafforza interiormente dopo i bombardamenti di luglio che la costringono, insieme alla madre, a lasciare la città e recarsi a Cavriago. Qui, gli eccidi nazifascisti, la strage dei fratelli Cervi, radicalizzano la sua decisione. Nilde si avvicina ai “Gruppi di difesa della Donna” e progressivamente anche al comunismo, in seguito alla “svolta di Salerno” successiva al rientro in Italia di Palmiro Togliatti, decisione giudicata da Nilde come una grande «scelta morale», intrapresa per anteporre l’unità della nazione ai progetti di parte, al fine di giungere nel più breve tempo possibile alla liberazione del paese (cfr. Lama 2013, pp. 11-18).
Si legge in questo giudizio la sua grande ammirazione per il ruolo svolto da Palmiro Togliatti nelle difficilissime circostanze politiche della conclusione della guerra in Italia e della transizione dal fascismo alla democrazia. Così Nilde, affascinata dal progetto politico del partito nuovo di Togliatti, intensifica la sua azione politica nella Resistenza e nel movimento delle donne. Contribuisce a organizzare la manifestazione delle donne di Reggio Emilia l’8 marzo del 1945 davanti alla prefettura, per chiedere il rilascio dei detenuti politici. Con la Liberazione il ruolo politico della giovane Iotti cresce in maniera rilevante. Nell’autunno del 1945 diviene Segretaria dell’Unione donne italiane di Reggio Emilia (Russo 2021b, p. 21).
Con il riconoscimento del diritto di voto alle donne avvenuto tramite il decreto luogotenenziale numero 23 del 1° febbraio del 1945 si pone finalmente la questione della formazione di una classe dirigente istituzionale femminile. La giovane professoressa Iotti, candidata come indipendente nelle liste del partito comunista italiano, è eletta nella primavera del 1946 in qualità di Consigliera comunale di Reggio Emilia. Nilde Iotti è candidata anche all’Assemblea costituente nelle liste del Partito comunista, grazie alla grande notorietà acquisita nella sua città e nelle zone limitrofe a causa del suo intenso impegno nel mondo femminile. Iotti ottiene un’ottima affermazione elettorale e si aprono per lei, insieme con altre venti donne, le porte dell’Aula di Montecitorio nel momento in cui la neonata Repubblica Italiana si impegna a darsi le regole di una nuova democratica convivenza civile (cfr. Russo 2022, pp. 17-20).
Gli esordi nelle istituzioni: l'Assemblea costituente
La giovane Nilde Iotti prende parte attivamente ai lavori dell’Assemblea eletta il 2 giugno del 1946, grazie al mandato ricevuto dalle elettrici e dagli elettori della circoscrizione di Reggio Emilia- Parma. Ottiene un ampio consenso, superando in termini di preferenze il buon risultato riportato nelle amministrative del 1946 per il comune di Reggio Emilia. La Iotti entra nell’Aula di Montecitorio il 25 giugno del 1946, insieme alle sue venti colleghe, con molte aspettative e speranze, ma anche responsabilità e timori, pienamente interprete delle attese di democrazia ed emancipazione del mondo femminile.
La Iotti, nonostante descriva nei suoi ricordi un iniziale approccio timido verso il palazzo di Montecitorio, nella consapevolezza degli oneri della rappresentanza in un momento così drammatico della storia italiana, si rivelerà nel lavoro svolto alla Costituente pienamente in grado di difendere le sue idee, di portare aventi le battaglie delle donne per la costruzione della democrazia, interloquendo adeguatamente e spesso criticamente con personalità complesse e rilevanti del mondo politico e sociale. Nel racconto del primo giorno di Assemblea appare particolarmente interessante il ricordo delle colleghe elette, mettendo in luce la loro comune capacità di trovare forme di unità sulle battaglie volte ad affermare i diritti delle donne e la piena uguaglianza giuridica.
La Iotti si sofferma sulle occasioni nelle quali il lavoro comune e tenace delle elette si è rivelato determinante. Occorre ricordare in primo luogo la questione delle pari condizione di accesso ai pubblici uffici e in particolar modo alla magistratura, resistendo ai tentativi di limitare l’esercizio della funzione giudiziaria per le donne «a specifici casi previsti dall’ordinamento giuridico» (Iotti 1989, p. 224).
Il lavoro di Nilde Iotti all’Assemblea costituente si ispira alla sua determinazione di affermare il principio dell’uguaglianza fra i sessi e di promuovere la piena emancipazione culturale, sociale e politica delle donne. L’attuazione dell’eguaglianza sostanziale e del raggiungimento della parità giuridica guida il cammino della giovane eletta alla Costituente, che ricorderà con orgoglio di avere contribuito, in quanto membro della prima sottocommissione della Commissione deiSettantacinque, a scrivere l’articolo tre della Costituzione, che per Iotti è «la sanzione solenne, costituzionale, dell’ingresso delle donne nella vita politica [...] il loro essere cittadini alla pari con tutti gli altri» (Russo 2016, pp. 136-137).
L’attività di Nilde Iotti alla Costituente si svolge in primo luogo nella prima sottocommissione della Commissione dei Settantacinque, incaricata di redigere la proposta di Costituzione in merito al tema dei diritti e doveri dei cittadini. La Commissione, presieduta da Umberto Tupini svolge i suoi lavori fra il 26 luglio e il 19 dicembre del 1946. La Iotti ricorda il clima di lavoro in commissione come estremamente positivo, nonostante i contrasti politici, risolti dalla grande capacità mediatrice di alcuni esponenti politici, primi fra tutti Palmiro Togliatti - da allora suo compagno di vita - e i giovani professori della Dc.
La commissione esamina le questioni di competenza facendo ricorso a due relatori. A Nilde Iotti viene affidato il tema della famiglia, avendo come relatore di parte opposta il democristiano Camillo Corsanego, esponente del mondo cattolico, avvocato presso la Sacra Rota, docente universitario ed ex-presidente della Gioventù cattolica italiana. Si tratta di un interlocutore di primo piano che vanta strette relazioni con gli ambienti vaticani.
La prima sottocommissione discute intensamente sulle relazioni relative al tema della famiglia fra il 30 ottobre e il 13 novembre 1946 (cfr. Russo 2015). La Iotti appare molto abile nel creare consenso intorno alle sue posizioni. Le affermazioni di Iotti e Corsanego convergono nel prevedere un ruolo centrale all’istituto famigliare in Costituzione, garantendo tutela e protezione giuridica, superando la logica dello Statuto Albertino, che non si occupava di questa fondamentale dimensione della vita umana. Entrambi intendono garantire alle famiglie sostegno, in particolare economico.
Dalla relazione di Corsanego emerge, però, una concezione tradizionale della famiglia, riconosciuta come società preesistente rispetto allo Stato, fondata sul diritto naturale, ma anche su una visione gerarchica della comunità famigliare, basata sulla figura del padre capofamiglia. Un’ulteriore divergenza fra i due relatori si manifesta sulla scelta delle norme che dettano protezione circa la famiglia illegittima. Corsanego non nega le necessità di tutelare i figli nati fuori dal matrimonio, ma ritiene che sia inopportuno includerli nella famiglia legittima, determinando cause di dissenso con il coniuge non genitore e creando pregiudizio all’unità del patrimonio famigliare. Un ulteriore aspetto di differenziazione fra le relazioni di Iotti e di Corsanego si riscontra sulla questione dell’indissolubilità del matrimonio, che per il relatore della Democrazia Cristiana deve essere inserito quale caratteristica dell’istituto matrimoniale in Costituzione.
La relazione di Iotti contiene idee fortemente innovative. La relatrice intende promuovere uno «svecchiamento e un rinnovamento democratico» della famiglia «conforme a tutto lo spirito che deve ispirare la Costituzione e tutta la vita italiana del nuovo regime repubblicano». Occorre dare maggiore vigore ai diritti individuali dei membri della famiglia e favorire l’aspirazione degli individui di costituire un nucleo famigliare. Appare necessario modificare radicalmente la fisionomia dell’istituto famigliare nella legislazione e nel costume del paese (cfr. Iotti 2003, pp. 5-8).
La famiglia italiana è stata in passato ed è ancora, secondo la Iotti, profondamente antidemocratica. Questa situazione deve essere completamente modificata grazie ai principi della Costituzione dell’Italia repubblicana, votata da un’assemblea eletta per la prima volta a suffragio universale e diretto con la partecipazione attiva delle donne, elette con il mandato di scrivere la nuova Costituzione. Le donne hanno conquistato pienamente i loro diritti di cittadinanza e devono essere liberate da ogni condizione di inferiorità nella vita sociale e famigliare (ibidem).
Iotti afferma l’assoluta necessità di proclamare la piena eguaglianza anche nel matrimonio e di riconoscere alle donne un pieno diritto di espressione e realizzazione delle proprie aspettative nella vita personale e sociale. Potranno, quindi, sviluppare liberamente, grazie al lavoro, la propria personalità e vedere nel matrimonio non più «un espediente forzato», ma la soddisfazione di «una profonda esigenza naturale, morale e sociale, e lo sviluppo e il coronamento nella libertà della propria persona». Iotti, seguendo le indicazioni togliattiane circa il necessario accordo con le forze democratiche sui principi costituzionali, mette da parte la questione del divorzio non considerata materia di rilievo costituzionale, affidandola a una successiva riforma del Codice civile, resasi necessaria alla luce dell’approvazione della Costituzione.
Si oppone, però, insieme al suo partito al tentativo, sconfitto in aula dall’emendamento Grilli, di aggiungere al matrimonio l’aggettivo indissolubile. La disciplina costituzionale della famiglia deve, a suo avviso, ispirarsi all’eguaglianza morale e materiale dei coniugi garantita attraverso condizioni paritarie di accesso al mondo del lavoro; all’eguaglianza dei diritti-doveri di mantenimento, educazione e istruzione dei figli; al riconoscimento dei diritti dei figli illegittimi equiparati a quelli dei figli legittimi; al riconoscimento della funzione sociale della maternità (ibidem).
La relazione Iotti sulla famiglia ottiene critiche ma anche apprezzamenti, determinando una divisione politica nella prima sottocommissione fra la rappresentanza democristiana. La giovane Nilde trova elementi di sintonia con il gruppo dei giovani professori democristiani, in particolare con Giuseppe Dossetti e Aldo Moro, ai quali la Iotti riconoscerà in seguito il merito di avere avuto un atteggiamento molto “aperto” sul tema della famiglia e dei diritti delle donne, sostenendo la formulazione dell’uguaglianza fra i coniugi. Iotti riconoscerà anche l’importanza del dialogo intercorso con il gruppo dei “giovani professori”, che hanno sostenuto nei lavori della Costituente una concezione dei diritti degli individui basta sul diritto naturale, sulla precedenza assoluta dell’uomo e delle società umane rispetto allo Stato (cfr. Russo 2022).
Nilde Iotti interviene in Assemblea costituente anche sulla difesa della parità di accesso alla magistratura per le donne.
Nella seduta pomeridiana del 31 gennaio del 1947 la Commissione dei Settantacinque esamina le disposizioni relative alla magistratura, prevedendo che in essa siano nominate anche le donne, non in una condizione paritaria, ma solo «nei casi previsti dalle norme sull’ordinamento giudiziario». Su questa disposizione, che risulta fortemente limitativa e discriminatoria per l’ingresso delle donne in magistratura, si verifica uno scontro fra Ferdinando Targetti, che intende eliminare tale limitazione e Giovanni Leone, il quale ritiene che la presenza delle donne in magistratura debba essere prevista in casi eccezionali, ovvero quando sia necessaria una “sensibilità femminile”, ad esempio nel tribunale dei minori.
La Iotti interviene con Angela Gotelli e a Maria Federici per contrastare frontalmente tale limitazione, frutto di antichi pregiudizi e in contrasto con il principio di uguaglianza. Le tre costituenti difendono con forza la necessità di applicare il principio della parità fra i sessi nell’accesso alla magistratura. Per la Iotti l’unica distinzione che può sussistere nello stabilire l’accesso alla funzione giudiziaria risiede nel merito, nelle capacità individuali e non nell’appartenenza al genere. Le donne devono quindi poter accedere su base paritaria a tutte le cariche pubbliche (ivi, p. 27).
Un’ulteriore questione affrontata dalla Iotti in Assemblea costituente si legge in un intervento tenuto il 1° febbraio 1946 in seconda sottocommissione nella discussione relativa all’articolo della Costituzione, contenete l’elencazione delle regioni a statuto ordinario. La proposta è dividere in due la regione Emilia-Romagna, dando vita a una nuova regione che avrebbe dovuto comprendere, oltre alla città di Parma, Reggio Emilia, Modena, Piacenza ed anche La Spezia. La reazione di Nilde in difesa dell’unità della sua terra e della sua comunità è molto forte e appassionata. Si tratta, a suo avviso di una divisione artificiosa che non trova il suo consenso nel parere democraticamente espresso dalle popolazioni locali (ivi, p. 28).
Nel corso del suo impegno all’Assemblea costituente, Nilde Iotti presenta anche interrogazioni su temi di forte impatto sociale, lasciando emergere la sua costante attenzione verso le urgenti necessità della popolazione italiana, occupandosi della situazione della scuola e della delicata vicenda dei «ciechi civili» (ibidem).
L’impegno di Nilde Iotti all’Assemblea costituente appare intenso e attento alla più ampia formulazione dei diritti individuali e sociali, in particolare dei diritti delle donne, difendendo in tutti gli aspetti del dettato costituzionale il principio di eguaglianza. Per realizzare tali principi, Iotti si spenderà in tutta la sua lunga vita nelle istituzioni parlamentari.
L'ascesa politico-istituzionale e la presidenza della Camera
La carriera politica di Nilde Iotti conosce una forte «progressione» negli anni Sessanta e Settanta. Nilde, legata sentimentalmente dai tempi dell’Assemblea costituente al leader del partito comunista italiano Palmiro Togliatti, vive il momento tragico della definitiva separazione dal suo compagno di vita, a causa della morte di questi avvenuta a Yalta il 21 agosto del 1964 e diviene testimone della sua eredità culturale e politica, descritta anche nel memoriale redatto da Togliatti pochi giorni prima della sua morte. In seguito a questo evento così doloroso, la personalità della Iotti emerge con maggiore evidenza, poiché le sue qualità politiche, la sua esperienza sono valutate in maniera più oggettiva, senza essere considerate strumentalmente in relazione ad un legame personale. Nilde, donna autonoma e determinata, trova l’occasione, non senza ulteriori difficoltà, di far sentire la sua voce e proseguire in una posizione di maggiore rilievo il suo impegno politico nel partito, nelle istituzioni e in modo particolare per le donne nella società italiana, guidando e interpretando anche in sede legislativa le trasformazioni della società e le aspettative dell’universo femminile (cfr. Lama 2013, pp. 210-212).
Un filo conduttore del lavoro di Nilde Iotti negli anni Sessanta e Settanta è quello della promozione e realizzazione di importanti riforme legislative, per attuare i principi costituzionali, al fine di rendere effettiva la piena affermazione dei diritti civili, sociali e politici delle donne. Il riformismo della Iotti si colloca in continuità con l’impegno svolto all’Assemblea costituente e con la sua ferma convinzione che il cardine della democrazia italiana risieda in quell’articolo tre della Costituzione, ed in particolar modo nel suo secondo comma, che si onora di avere contribuito a scrivere grazie al lavoro svolto nella prima sottocommissione della Commissione dei Settantacinque.
Iotti entra evidentemente anche in relazione con il femminismo e con le nuove istanze e sensibilità che emergono nel mondo delle donne. Anche se, come ci ricorda Fiamma Lussana in un recente saggio pubblicato nel volume Nilde Iotti nella storia della Repubblica, il suo rapporto con il femminismo risulta piuttosto complesso, poiché Iotti è culturalmente vicina piuttosto alla tradizione emancipazionista dell’impegno femminile (cfr. Lussana 2021). É fautrice convinta della battaglia per l’introduzione del divorzio nella legislazione italiana. Sente fortemente l’urgenza di realizzare la riforma del diritto di famiglia, fin troppo attesa dopo l’approvazione della Costituzione, nella quale anche grazie alla sua importante relazione sulla famiglia tenuta nella prima sottocommissione della Commissione dei Settantacinque, il tema della democratizzazione dell’istituto familiare era stato affermato. Svolge un’abile tessitura politica costruendo un dialogo con le donne di altri schieramenti politici, in particolare con le cattoliche. Iotti mantiene alta la sua attenzione per il mondo cattolico, che ben aveva conosciuto grazie agli studi presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano (cfr. Sorgonà 2021).
Aveva per altro anche rinvigorito il rapporto con esponenti della cultura cattolica nella sua esperienza all’Assemblea costituente, dialogando con i giovani professori della Democrazia cristiana ed in particolar modo con Giuseppe Dossetti. Iotti si confronta con la questione dell’aborto e con le relative divisioni politiche che essa comporta tra i partiti e imovimenti femminili.
Nella sua vita parlamentare, Iotti, già appassionata insegnante, segue con particolare attenzione le problematiche relative alla scuola, all’Università, alla cultura e i nuovi fermenti del mondo giovanile. Ritiene che la voce dei giovani vada ascoltata dalle istituzioni, in particolar modo nel frangente delle proteste studentesche che caratterizzano il Sessantotto e che si debba offrire una formazione critica moderna, non ideologica, seria e rigorosa e aperta ai grandi temi della trasformazione della politica e della società (cfr. Russo 2021b, pp. 33-35).
La sua ascesa nella vita parlamentare procede per molte tappe significative: diviene presidente della Commissione affari costituzionali e vicepresidente della Camera e il 20 giugno del 1979, prima donna nella storia italiana, diviene presidente della Camera riconfermata successivamente con ampia maggioranza nel 1983 e 1987 (cfr. Marcias 2020, pp. 27-28).
Il suo è il mandato più lungo della storia repubblicana alla presidenza di Montecitorio, periodo durante il quale la Presidente dimostra le sue qualità politiche, la sua sensibilità istituzionale, guadagnando la stima dei membri dell’Assemblea di tutti gli schieramenti politici, come appare dalle riconferme successive avvenute con un numero sempre crescente di suffragi.
Vi è un’altra dimensione dell’impegno di Nilde Iotti. Nel 1969 è tra le prime rappresentanti italiane al parlamento europeo, tra le prime nel suo partito a manifestare una profonda sensibilità europeista. Si impegna molto affinché si stabilisca l’elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento da parte di tutte le cittadine e i cittadini europei. Nel 1979, anno d’oro della sua vita politica, viene eletta al Parlamento europeo nelle prime elezioni svolte a suffragio universale della storia di questa istituzione.
La sua passione per l’Europa e la sua attenzione ai temi dell’integrazione europea e della pacifica convivenza fra i popoli caratterizzano anche gli anni successivi del suo impegno. Negli ultimi anni della sua vita politica è chiamata, infatti, a svolgere ruoli estremamente rilevanti nello scenario europeo. Viene eletta nel 1993 vicepresidente dell'Assemblea della Conferenza sulla sicurezza e cooperazione in Europa (CSCE). Nella XII e XIII legislatura è presidente della Delegazione parlamentare italiana all'Assemblea del Consiglio d'Europa e membro della Delegazione parlamentare italiana all'Assemblea dell’Unione Europea Occidentale. Nel gennaio 1997 è eletta vicepresidente del Consiglio d'Europa (cfr. Giurintano 2021).
Il percorso di ascesa politica di Nilde Iotti aveva conosciuto inizialmente, però, non poche difficoltà. Nonostante la sua esperienza e il suo importante lavoro svolto nelle istituzioni, nell’Udi e nelle diverse articolazioni della vita politica, Nilde entra nella direzione del PCI solo nel 1962, nel X Congresso che si svolge a Roma dal 2 all’8 dicembre. Era stata da poco anche designata come responsabile della Commissione femminile del partito, con una nomina caratterizzata da un iter piuttosto travagliato. Nonostante ciò, il riconoscimento ufficiale giunge nella III conferenza delle donne comuniste che si apre il 30 marzo del 1962. Al teatro Eliseo Nilde svolge la sua ampia relazione introduttiva ai lavori, dalla quale emerge il richiamo alla partecipazione politica femminile nel nuovo clima politico italiano, nel quale si vive la svolta del centro-sinistra e l’attesa di una fase di riforme (cfr. Lama 2013, pp. 208-209).
Le donne comuniste devono far sentire la loro voce: «si apre oggi per noi un periodo nuovo - si legge nella relazione Iotti pubblicata recentemente nell’Antologia di scritti e di discorsi politici curata da Graziella Falconi - forse decisivo per il futuro nostro e del nostro paese. Ancora una volta chiamiamo le donne a dare il loro contributo a questa grande battaglia unitaria e democratica per la svolta a sinistra, per la costruzione di una società del lavoro e della giustizia, per la società socialista» (Iotti 2022a, p. 173).
Iotti richiama in questa sede l’impegno per la realizzazione della parità, evidenziando le grandi contraddizioni del sistema economico e sociale italiano che colpiscono in particolar modo le donne. Si sofferma sulla difesa della pace in un momento di particolare crisi dei rapporti internazionali. Evidenzia la necessità di attuare solide politiche sociali e interventi per migliorare le condizioni delle lavoratrici con particolare attenzione non solo all’accesso al mondo del lavoro, ma anche alla parità salariale e alla conciliazione dei tempi di vita. Evidenzia la necessità di dialogare con le forze politiche e con i cattolici, «che sono al potere in metà dei paesi dell’Europa», al fine di creare una forte sinergia per «dare avvio a un’unità popolare per la trasformazione democratica e socialista della società», trovando una «via d’incontro» (ibidem).
Il lavoro di Nilde Iotti in questi anni è particolarmente intenso. Da convinta riformatrice, Iotti concentra tutte le sue energie sulle modifiche legislative necessarie per inverare il principio dell’uguaglianza e della parità nella famiglia, nel lavoro, nella società e nelle istituzioni. Intende così dare attuazione nelle norme e nella vita sociale, a quei principi di democratizzazione dell’istituto familiare emersi dal suo impegno quale relatrice sul tema della famiglia nella prima sottocommissione della commissione dei settantacinque. Nilde si sofferma, quindi, in modo particolare in questi anni sulla necessaria riforma del diritto di famiglia, volta a realizzare l’adeguamento delle norme del Codice civile ai principi approvati in Costituzione negli articoli 29, 30 e 31 che riconoscono la piena parità di diritti e doveri fra i coniugi.
Per comprendere l’interessante concezione iottiana della famiglia, appare a mio avviso estremamente rilevante la relazione da lei svolta al seminario organizzato dall’Istituto Gramsci, tenutosi il 14-15 maggio del 1964 (cfr. Iotti 2022b, pp. 189-196). Iotti contrasta l’ipotesi emersa che sia in corso una sostanziale estinzione del concetto di famiglia, affermando che si tratta piuttosto di una modifica dell’istituto famigliare, poiché il modello patriarcale e gerarchico sta scomparendo. La famiglia vive «una trasformazione della sua profonda e intima natura», «un salto di qualità che esalta i valori di libertà e di moralità dell’uomo». Iotti discute la concezione marxista dell’istituzione famigliare e discute criticamente, mostrando per altro una grande padronanza delle fonti relative alla dottrina della Chiesa, il concetto cristiano della famiglia. Esso non s’identifica, a suo avviso, con il modello borghese capitalistico.
Si evince con chiarezza il tentativo di creare le condizioni per un dialogo fra le principali culture popolari dell’Italia repubblicana, per ottenere l’effetto di condurre a compimento la riforma dei codici, prendendo atto di una situazione nuova e rilevante sul piano del diritto e della vita sociale. Non esiste più la tradizionale divisione dei ruoli fra uomo e donna. Si è intrapresa una nuova strada nella quale la responsabilità dei genitori nel processo educativo dei figli è equamente ripartita ed entrambi sono impegnati a tutti i livelli della vita sociale e produttiva, senza alcuna preclusione verso le donne-madri (cfr. ibidem).
La riforma del diritto di famiglia approvata con la legge n. 151 del 1975 è frutto quindi anche dell’impegno di Nilde Iotti, insieme a quello di altre parlamentari: Giglia Tedesco, Maria Eletta Martini e Franca Falcucci. Si tratta di una riforma complessiva e rilevante che ha il merito di armonizzare la legislazione ordinaria con i principi paritari approvati in Costituzione, ponendo fine alla diversa tutela normativa dei figli nati fuori dal matrimonio rispetto a quelli legittimi, aspetto ulteriormente perfezionato dalla legge n.219 del 2012 relativa allo stato giuridico dei figli.
Non era certamente facile portare a compimento tale riforma, sebbene non mancasse un forte consenso politico e vi fossero grandi attese da parte delle donne italiane e dell’opinione pubblica. Un’altra grande questione aveva precedentemente diviso gli animi e alimentato contrasti fra gli schieramenti politici. La questione del divorzio. Iotti era stata una protagonista della battaglia per il riconoscimento del divorzio, delineando una proposta comunista sulla questione. Il dibattito relativo ai casi di scioglimento del matrimonio era stato acceso e si era tracciata una contrapposizione fra lo schieramento laico e i cattolici e una divisione fra le donne elette in parlamento. Iotti conduce con grande energia questa battaglia e commenta con soddisfazione l’approvazione della legge n.898 del 1970, affermando che «il divorzio è ormai legge dello Stato italiano».
Nilde Iotti raggiunge l’apice della sua carriera politica con l’elezione a Presidente della Camera dei deputati il 20 giugno del 1979 e, a buon diritto, può dirsi estremamente orgogliosa di rappresentare nel suo importante ruolo tutte le donne italiane.
Nel suo discorso di insediamento la sua consapevolezza è espressa con estrema chiarezza:
Io stessa - afferma Iotti rivolta ai parlamentari - non ve lo nascondo, vivo in modo emblematico questo momento che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione. Essere stata una di loro e aver speso tanta parte del mio impegno di lavoro per il loro riscatto, per l’affermazione di una loro pari responsabilità sociale e umana, costituisce e costituirà sempre un motivo di orgoglio nella mia vita (Iotti 2003, p. 278).
Iotti guida con competenza, dedizione e fermezza l’aula di Montecitorio dopo due rielezioni fino al 1992. La sua presidenza, periodo che merita a mio avviso studi più approfonditi, si contraddistingue per uno stile istituzionale sobrio ed efficace, riconosciuto da tutte le forze politiche come un elemento di garanzia per le istituzioni repubblicane in anni particolarmente difficili tra il terrorismo e la crisi della «repubblica dei partiti». Iotti si spende per la riforma dei regolamenti parlamentari e si dedica al grande tema delle riforme istituzionali, arrivando anche a dirigere la commissione per le riforme. Appassionata interprete dei valori dei costituzionali ritiene con convinzione che gli assetti istituzionali vadano aggiornati per difendere proprio la centralità del parlamento, rendendo più efficienti i canali di decisione politica.
Il riformismo è, a mio avviso, una delle linee di interpretazione del pensiero politico e istituzionale di Nilde Iotti, che si dimostra capace di guardare sempre alle sfide del presente, rimanendo solidamente ancorata ai valori della Resistenza e della Costituente. Tale atteggiamento si evince anche dalla partecipazione di Iotti ai «comitati in difesa della Costituzione» promossi da Dossetti. Una delle testimonianze più alte della passione di Nilde per le istituzioni si riscontra, a mio avviso, nella sua significativa lettera di dimissione inviata al Presidente della Camera il 18 novembre del 1999 a pochi giorni dalla sua morte, avvenuta il 4 dicembre. Nilde, resasi conto dell’avanzamento della sua malattia e dell’impossibilità di onorare il suo mandato parlamentare con impegno e dedizione, rassegna le dimissioni, dando così ulteriore testimonianza non solo del suo rigore, ma anche del suo profondo rispetto per le istituzioni, in modo particolare per il Parlamento, espressione viva della volontà popolare.
Francesca Russo
Bibliografia
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