L’accesso delle donne alla magistratura, dibattuto in sede di Assemblea costituente, è quasi una conseguenza della discussione avviata in sede di Commissione per la costituzione. Il nuovo libro di Eliana Di Caro indaga sulle otto donne che per prime vinsero il concorso per accedere alla magistratura.
Giornalista del Sole 24 ore, Eliana Di Caro ha dedicato molti libri alla storia delle donne italiane dalla nascita della Repubblica al 1968. Una sorta di storia parallela e , come tale, da un libro ne nasce inevitabilmente un altro. Questo fa seguito a quello dedicato alle biografie delle Madri costituenti, donne elette per la prima volta, frutto del suffragio universale. Qui la Di Caro si indaga sulle otto donne che per prime vinsero un concorso per accedere alla magistratura.
L’accesso delle donne alla magistratura, dibattuto in sede di Assemblea costituente, è quasi una conseguenza della discussione avviata in sede di Commissione per la costituzione. La giustizia, che nello statuto Albertino era prerogativa del re, nella costituzione repubblicana appartiene ( non promana o risiede) , come gli altri poteri dello stato, al popolo, il quale esercita il suo potere nelle forme e nei limiti della Costituzione medesima.
Nella seduta del 31 gennaio 1947 discutendo delle giurie popolari nonché se i magistrati potessero, o meno, essere iscritti a partiti politici, comunisti e socialisti argomentano che se il potere giudiziario è un aspetto della sovranità dello stato il popolo deve essere rappresentato nella sua totalità di esseri maschi e femmine. Se ne discute ancora nella seduta del 12 nov. 1947 quando Fausto Gullo, del Pci, e Piero Mancini. del Psi, intervennero e richiamarono, il primo, Alessandro Dumas, Fis, il quale disse :“quando passa un conquistare e uccide a una madre un milione di figli, per questo fatto la donna acquista il potere di partecipare al governo politico di una nazione”; e Mancini, a sua volta si dichiarò onorato di poter sostenere la causa delle donne citando per la sua valentia nello scrivere regole Eleonora d’Arborea e Teresa Labriola che teneva alla Sapienza la cattedra di filosofia del diritto.
Le madri costituenti (Maria Federici, Nilde iotti, Angela Gotelli, Maria Maddalena Rossi, Teresa Mattei ) appoggiarono un emendamento del socialista Targetti per far cadere la non occupazione delle donne in magistratura. In pratica le donne erano accusate, senza prova, di essere potatrici di confusione, dissonanze, contrasti. Qualche anziano solone stabilì che ci si avviava verso una giustizia bilingue, che avrebbe parlato linguaggi diversi: uno razionale e l’altro sentimentale. Se ne uscì dalla Costituente con un nulla di fatto, ma intanto il movimento delle donne cresceva. Nel 1955 Aldo Moro, ministro della giustizia, approntò un disegno di legge per includere le donne nelle giurie popolari, nelle corti d’assise e nei tribunali. E’ così che le donne, nel dicembre 1956, potranno partecipare alla composizione dei collegi giudicanti, anche se non potranno essere più della metà dei giurati estratti a sorte,
Altra tappa fondamentale è l’anno 1958 quando tre laureate in giurisprudenza si rivolgono al Consiglio di stato contestando l’esclusione delle donne dal concorso per uditore giudiziario. Sollevano la questione di legittimità del requisito di sesso maschile stabilito dal decreto Grandi del 1941. Ma si sentono replicare che non hanno titolo per fare ricorso. Quindi nel 1959 la campana Rosanna Oliva pone il quesito a Costantino Mortati, e poi davanti al Consiglio di stato.
Alla luce della Costituzione repubblicana è costituzionale l’esclusione delle donne dalla carriera e dalle funzioni giudiziarie e militari? No, dice la Corte, non è costituzionale e il legislatore deve rimuovere questa discriminazione. Alla felicità del responso segue a delusione: passeranno tre anni prima che venga bandito il concorso.
Bandito nel 1962 la selezione avviene bel 1964 e su 213 persone otto sono le donne vincitrici.
Il numero delle vincitrici di concorso salirà presto, ma il sorpasso sui vincitori si avrà solo nel 1987. Alle vincitrici del concorso si aggiungono, nel 1967, 73 uditrici giudiziarie e nel 1971 il loro numero sale a 146.
Ora che sono arrivate alla agognata meta, documenta la Di Caro, queste giovani, classe 1933-1940, se la dovranno vedere – senza scomporsi più di tanto - con una forte opposizione interna: sorrisini di compassione, battutine scettiche non meno frequenti e mordaci rispetto a come vengono trattate all’esterno. Non parliamo dell’abbigliamento poi, perché toga e tocco erano a misura di uomini e il diametro della loro testa è più grande. A Gulia di Marco il tocco arriva a coprirle il naso!
Si pensa anche di confinarle ai problemi dell’infanzia di tenerle lontane dai problemi più delicati, a partire dalla strage di piazza Fontana del 1969.
I colleghi più anziani le vedono come figlie ribelli, ma in realtà sono molto determinate e i più giovani sono preoccupati. Le donne sono più inclini a capire la cultura del momento e ad approntare srategie per cambiarla. La biografia delle otto magistrate, come ci racconta la Di caro, testimoniano delle difficoltà e dell’impegno severo e sereno nell’assolvere qualsiasi compito loro affidato, illuminando la giustizia e la razionalità della giustizia con un forte ‘sentire’ e una predisposizione alla comprensione. In questo molto vicine alla ragione e sentimento così come interpretava Nilde Iotti la diade: c’è forse una qualche azione che si può intraprendere senza il motore di un forte sentire?
Nel libro si trovano le interviste alle otto protagoniste, metà provenienti da Nord, metà dal Sud, instradate in parte dalle origini familiari ad una professione difficile che negli anni 70-80 ha incrociato stragi, terrorismo e forte tensione sociale. Una bella impresa, questo libro, di cui siamo grate a Eliana Di Caro.
Graziella Falconi
Eliana di Caro
“Magistrate finalmente. Le prime giudici d’Italia“
Il Mulino , Bologna, 2023, pp. 152