Le leggi delle donne e i diritti per una piena modernità, di Eliana Di Caro (da Il Sole 24 Ore)

Arriva dalla Fondazione Iotti una ricognizione, dal ’48 a oggi, delle norme promosse dalle donne che hanno reso migliore la nostra società

Una specie di Bibbia delle donne, da custodire sapendo che prima o poi la si prenderà per consultarla e ricordare cosa indicava esattamente la tal legge nel tal passaggio storico. Una summa dei diritti conquistati in settantacinque anni di democrazia, che incoraggiano quando si cede allo sconforto e stimolano ad andare avanti di fronte alle tante falle che ancora permangono. Uno strumento per tutti, dal linguaggio chiaro e accessibile nell’esplicazione dei provvedimenti.

Questo è Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia, l’opera della Fondazione Nilde Iotti guidata da Livia Turco, attiva da anni sul fronte della memoria e della riscoperta del ruolo centrale delle italiane nella storia del nostro Paese. Il volume esplora i provvedimenti che si sono susseguiti dalla prima legislatura (1948) alla penultima (conclusasi nel 2022) e lo fa attraverso schede tematiche che descrivono sinteticamente le leggi e ciò che disciplinano. Ne emerge un vero e proprio viaggio nell’emancipazione femminile e nella modernizzazione della società, non senza prima aver ricordato il momento da cui tutto prese avvio: l’Assemblea Costituente e le 21 elette che contribuirono alla scrittura della Carta nei capitoli a cura di Francesca Russo. Si comincia quindi con due norme cardine della seconda metà del Novecento: la legge sulla maternità (1950), prima firmataria Teresa Noce, e quella sulla chiusura delle case di tolleranza (1958), battaglia di una vita di Lina Merlin. Si prosegue con due tasselli fondamentali per il raggiungimento della parità, l’abolizione del divieto alle donne di entrare in magistratura (1963), e la cancellazione delle vergognose “clausole di nubilato” nei contratti di lavoro (1963).


La “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” è lo squillo di tromba che apre il decennio dei 70 (non lo zittirà il referendum abrogativo, quattro anni dopo), in cui tutto cambia nei rapporti tra coniugi, nelle responsabilità verso i figli, nella considerazione tra figli legittimi e illegittimi: la riforma del diritto di famiglia (1975) voluta soprattutto da quatto donne (Nilde Iotti, Giglia Tedesco, Franca Falcucci e Maria Eletta Martini) dà attuazione concreta a quanto già sancito nei vari articoli della Costituzione.


Alcune leggi non recano una firma femminile (era già successo proprio per il divorzio, in cui primi firmatari sono il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini), ma le donne sono ugualmente protagoniste perché le hanno sollecitate, sostenute nelle piazze, votate. E perché spesso le riguardano direttamente, come accade con la 194 sull’interruzione di gravidanza (1978), per la quale si battono e fanno sentire la loro voce nelle manifestazioni, anche quando è fondamentale difendere la norma dalla possibile cancellazione via referendum, nel 1981.


Certamente le parlamentari sono in prima linea nel provvedimento sulla violenza sessuale (1996), che diventa finalmente “reato contro la persona” e non più “contro la moralità pubblica e il buon costume”: esponenti di tutti gli schieramenti politici si uniscono per portare a compimento una misura da anni in discussione in Parlamento, sempre frenata o congelata: la relatrice sarà Alessandra Mussolini, con le deputate delle forze di sinistra e di centro, un risultato corale che forse da allora non si è più raggiunto.

Eliana Di Caro

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