STEM e 8 marzo, di Donata Gottardi

L'occasione delle riflessioni sulle iniziative nella settimana dell’8 marzo sia propizia ad avanzare alcune suggestioni, provando a guardare verso il futuro, più che al passato. L’occasione è la spinta a sollecitare le ragazze a iscriversi e laurearsi nei settori STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), cioè nelle discipline ‘dure’ scientifiche e tecnologiche, tuttora campo frequentato soprattutto dai ragazzi.


La valutazione della qualità la trasparenza dei criteri, la certificazione dei risultati sono gli elementi attualmente ritenuti come la base della normativa che si occupa della parità tra donne e uomini o, per meglio dire, tra lavoratrici e lavoratori.

Sono stati i Governi precedenti all’attuale a dedicare ampio spazio al contrasto dei differenziali retributivi, sempre più ormai denominati come Gender Pay Gap (GPG) e del collegato Gender Pension Gap, regolati a livello di Unione Europea con una direttiva da poco tempo trasposta nel nostro ordinamento.

Obiettivo di queste brevi note non è quello di illustrare i contenuti legislativi e normativi, quanto piuttosto di segnalare i fenomeni sociali e culturali che spingono a dover mantenere l’attenzione nei confronti della distanza che permane tra i generi.

Qui può bastare ricordare che a venire in evidenza non è la differenza di retribuzione per ora lavorata – che da decenni è prevista dai contratti collettivi senza differenza di genere – quanto l’insieme delle determinanti che portano ai consistenti divari. Le lavoratrici lavorano per un numero più basso di ore per effetto del lavoro a tempo parziale, della minore disponibilità al lavoro straordinario e alla mobilità interna ed esterna; sono sottopagate per effetto del sotto inquadramento e per la formazione in settori a prevalente occupazione femminile. Purtroppo, si potrebbe continuare a lungo nell’inserire ulteriori elementi in questo elenco.

Pare a me che l’occasione delle riflessioni sulle iniziative nella settimana dell’8 marzo sia propizia ad avanzare alcune suggestioni, provando a guardare verso il futuro, più che al passato.

L’occasione è la spinta a sollecitare le ragazze a iscriversi e laurearsi nei settori STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), cioè nelle discipline ‘dure’ scientifiche e tecnologiche, tuttora campo frequentato soprattutto dai ragazzi. E’ importante – per non dire – determinante, dedicarsi ad incentivare l’accesso universitario delle ragazze, anche mediante aiuti economici, quelli che un tempo avremmo chiamato ‘azioni positive’. Tuttavia, occorre fare un passo in avanti. Non si possono trascurare i due passaggi successivi: il primo è di trovare lavoro (di qualità) e il secondo di ricevere il medesimo trattamento economico e normativo degli uomini.

La disparità di genere nelle discipline scientifiche è rilevata sia in Italia sia in Europa da fonti autorevoli di ricerca. I dati Istat 2015 sono preoccupanti e confermano che non basta spingere le donne nelle lauree delle scienze ‘dure’. Non basta l’accesso. Occorre intervenire sulle barriere che tuttora le donne incontrano, come quella delle diverse opportunità di carriere e della disparità retributiva tra generi.

Non sono molte le ricerche empiriche che si rivolgono a individuare le cause di questa situazione. Ce n’è però una ampiamente ricorrente: viene rilevata la mancanza di modelli di riferimento femminile e suggerito di invertire la narrazione attuale.
Pare di poco conto incentivare e diffondere gli esempi femminili. Sembra un’area meramente culturale e di scarsa incisività. In realtà c’è un substrato ricco di fermenti che ci proietta nel futuro dell’evoluzione della intelligenza artificiale. Il riferimento va alla necessità di esercitare la ‘sorveglianza umana’ che possiamo considerare una sorta di contropotere indispensabile.

Ecco che viene in superficie l’obbligo, soprattutto per le grandi imprese, di rendere trasparenti i criteri di costruzione di algoritmi e verificare – da mente umana – se questi si sono basati sullo storico degli esempi, portando il carico di pregiudizi e di discriminazioni dirette e indirette. Se si cerca di interrogare e adeguare al presente e al passato una situazione priva di discriminazioni, non si tiene conto di quello che ancora non c’è e che si desidera avere.
Il fattore umano che controlla e corregge è ormai considerato indispensabile nella normativa italiana ed europea, come il Regolamento sulla AI da poco entrato nel nostro ordinamento. Ma occuparsene equivale all’attraversamento di un deserto.

A maggior ragione, queste osservazioni valgono nel campo delle lauree ‘dure’, che non hanno quasi – come abbiamo rilevato in precedenza – esempi femminili da proporre e utilizzare.
Perché porre attenzione al percorso universitario? Per la presenza e il prestigio di ben tre Atenei nel Veneto. Per la doverosa moltiplicazione di lauree. Per il quadro politico ostile. Per le ragazze, che rischiano di crescere nel sistema universitario con la erronea consapevolezza di entrare nel mondo del lavoro, qualunque esso sia, paritario tra i generi.

E quale potrebbe essere il ruolo della Regione? La normativa è ricca di possibilità di intervento.
Basterebbe prendere ‘sul serio’ e applicare gli strumenti utili presenti nella cassetta degli attrezzi, per quanto disordinata e superficiale nell’area della parità sostanziale. A titolo esemplificativo, la nostra Regione potrebbe attivare un coordinamento dei versanti e dei diversi livelli della parità, mettendo in atto opportunità per le donne nell’area STEM e destinate non solo all’accesso didattico.
Basterebbe riconoscere quanto valore sprecato anziché aggiuntivo si trova nel vantaggio competitivo delle donne nella strategia di sviluppo del Veneto.

Donata Gottardi