Al tema è dedicato il numero “Agricoltura in genere” del Magazine RRN, appena pubblicato. La finalità - condivisa con la collega Annalisa Del Prete - è stata quella di dare voce alle testimonianze più diversificate al fine di far emergere la varietà e la ricchezza che contraddistinguono le esperienze che raccontano il mondo rurale delle donne, offrendo anche una panoramica delle trasformazioni in atto, in cui i successi sono ad oggi numerosi.
Durante gli anni ho maturato una forte convinzione nella necessità di essere caute nel descrivere il mondo delle donne che vivono e lavorano nei territori rurali, soprattutto se ci si appoggia alle statistiche ufficiali. Ad esempio, i numeri non sempre descrivono correttamente e appieno il contributo che le donne danno, quotidianamente, all’agricoltura italiana. Il loro è un universo composito e complesso, dinamico e colorato che, però, presenta ancora oggi delle zone grigie, che ne sfumano alcuni ruoli e che, sul fronte del lavoro dipendente, sconfinano anche in situazioni di sfruttamento.
Nello stesso tempo, lo sguardo ai dati non offre scenari confortanti. Ad una spinta propulsiva che ha fatto parlare in passato di un’agricoltura sempre più rosa, si sta lentamente sostituendo un arretramento allarmante. Di fatto, a fronte di un leggero e costante aumento dell’occupazione agricola negli ultimi cinque anni, l’occupazione femminile diminuisce, mentre quella maschile aumenta (Istat, Indagini forza lavoro, 2019). Nell’ultimo decennio, si sono persi circa 30mila unità lavorative al femminile nel settore primario, con una riduzione della loro incidenza sul lavoro agricolo pari al 5% (da 30,8 a 25,9%).
Non sono entusiasmanti neanche i dati delle Camere di Commercio, la cui analisi mostra come, a fronte di una crescita - nel periodo 2014-2019 - delle imprese al femminile in tutti i settori, il settore primario incassa una perdita di circa 9,5 mila imprese agricole al femminile, con un calo pari al 4,4% (a fronte del 2,9% registrato sul fronte maschile).
Certo, una certa vitalità le imprese agricole al femminile la registrano nel campo della diversificazione, dove la loro presenza è in continua crescita: più di un terzo delle aziende agrituristiche sono condotte da donne (circa 8.500), con un trend di crescita nell’ultimo decennio di 3 punti superiori rispetto a quello degli agriturismi condotti da uomini (+25,1% contro +22%).
Ma ciò non può far abbassare la guardia: l’impegno delle donne nelle attività collaterali dell’azienda agricola ha rappresentato un asse strategico per conferire loro maggiore visibilità e guadagnare posizione; ma esse non possono rappresentare l’unico percorso per l’imprenditoria femminile.
Occorre andare oltre ad una visione della multifunzionalità aziendale come lo strumento per “valorizzare” le attività “riconducibili all’essere donna” (accoglienza, cura, abilità culinarie e di trasformazione dei prodotti, etc.); la multifunzionalità deve rappresentare il carattere distintivo di un’agricoltura moderna e innovativa (green deal, farm to fork), in cui le donne devono divenire protagoniste.
Persistono dunque ancora ostacoli e retaggi culturali che tendono a rallentare il passo delle donne in agricoltura, ma loro sono caparbie, hanno lottato per acquisire la giusta visibilità e i dovuti diritti e continuano a farlo, impegnate quotidianamente nel garantire a tutti noi cibo sano, di qualità e rispettoso dell’ambiente.
Ed è proprio attorno alla loro carica creativa e tenace che abbiamo sviluppato il numero “Agricoltura in genere” del Magazine RRN, appena pubblicato. La finalità - condivisa con la collega Annalisa Del Prete - è stata quella di dare voce alle testimonianze più diversificate al fine di far emergere la varietà e la ricchezza che contraddistinguono le esperienze che raccontano il mondo rurale delle donne, offrendo anche una panoramica delle trasformazioni in atto, in cui i successi sono ad oggi numerosi.
Nel Numero si racconta di donne che, mettendo in gioco le loro competenze, la loro passione, il loro impegno, sono riuscite a dare vita a realtà produttive innovative, sostenibili e rispettose della terra, della storia dei luoghi e dell’identità locale. “Dall’agricoltura all’allevamento, passando per l’artigianato e l’accoglienza, queste donne hanno saputo ritagliarsi un ruolo, emancipandosi dalla posizione di coadiuvante per prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia o della propria vita, affermando la propria autonomia e identità. Le loro esperienze raccontano di relazioni tra persone ma anche tra culture, generazioni ed economie, facendosi portavoce di un percorso di promozione del territorio e talvolta di ricostruzione del tessuto sociale”.
Ma si racconta anche dell’importanza della formazione, della salvaguardia dei diritti alla salute e alla sicurezza sul lavoro, al persistere di forme di sfruttamento lavorativo che vedono coinvolte donne italiane e straniere, al mancato riconoscimento formale del ruolo svolto, alle difficoltà nell’accesso al credito, alla terra, alle cariche elettive.
C’è anche un altro fattore limitante richiamato in molte delle testimonianze raccolte e riguarda la carenza di infrastrutture sociali, sanitarie e di mobilità nelle aree rurali, che rendono faticosa la conciliazione fra i tempi di lavoro e di cura. Da parte delle donne e delle loro rappresentanti emerge con forte consapevolezza la rivendicazione di una maggiore attenzione verso i loro fabbisogni, soprattutto in questa fase in cui, anche per fronteggiare la crisi epidemiologica, si stanno per varare una serie di programmi e piani.
Le donne del mondo rurale reclamano una loro partecipazione ai processi di trasformazione in atto, non tirandosi indietro di fronte alle nuove sfide da affrontare.
Il numero é consultabile al seguente link: http://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2584
Catia Zumpano
CREA - Centro Politiche e Bioeconomia