In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner.
In tutto il mondo, il 25 novembre, si celebra la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Questa ricorrenza parte dalla storia delle sorelle Mirabal.
Il 25 novembre 1960, infatti, tre sorelle furono uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana. Mentre si recavano in carcere a far visita ai mariti, furono picchiate con dei bastoni e gettate in un burrone dai loro carnefici, che cercarono di far passare quella efferata violenza per un incidente. Patria, Minerva e María Teresa Mirabal erano, conosciute come attiviste del gruppo clandestino Movimento 14 giugno, contrario al governo.
A causa della loro militanza, nel gennaio del 1960, furono anche arrestate e incarcerate per alcuni mesi, come ricorda la pagina dedicata alla loro storia pubblicata sull’Enciclopedia delle donne. Le tre sorelle sono passate alla storia anche con il nome di Las Mariposas (le farfalle), per il coraggio dimostrato nell’opporsi alla dittatura, lottando in prima persona per i diritti delle donne. Il 25 novembre del 1981 avvenne il primo «Incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericane e caraibiche» e da quel momento il 25 novembre è stato riconosciuto come data simbolo
Nel 1999 è stato istituzionalizzato anche dall’Onu con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre. Infine, il riconoscimento della violenza sulle donne, come fenomeno sociale da combattere, è avvenuto con la Dichiarazione di Vienna del 1993. Uno dei simboli più usati per denunciare la violenza sulle donne e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema sono le scarpe rosse, depositate per terra in tante piazze. In Italia l’iniziativa ha cominciato ad assumere maggiore importanza nei primi anni Duemila, quando alcuni centri antiviolenza e varie associazioni hanno iniziato a celebrare l’evento con incontri e iniziative, volte a dare alla giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne una risonanza crescente, con numerose e partecipate manifestazioni soprattutto negli ultimi anni.
Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3.
In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner.
Per oltre la metà dei casi le donne sono state uccise dal partner attuale o dal precedente e in misura maggiore rispetto agli anni precedenti: il 61,3% delle donne uccise nel 2019, il 54,9% nel 2018 e il 54,7% nel 2014.
Per saperne di più si può consultare l’Infografica Istat “Autori e vittime di omicidio in Italia”, pubblicata il 5 febbraio 2021.
Per l’anno 2020 nel periodo gennaio – luglio i dati della Direzione Centrale della Polizia Criminale indicavano un aumento del numero delle vittime di sesso femminile che passava da 56 a 59, effetto soprattutto dovuto all’aumento degli omicidi delle donne del mese di gennaio 2020. Si legga la Nota Istat “Omicidi di donne” .
Nel mese di marzo 2020 la Polizia di Stato aveva registrato, in media, ogni 15 minuti una vittima di violenza di genere di sesso femminile. Maltrattamenti, stalking, abusi sessuali, fino alla forma più estrema di violenza: il femminicidio, commesso nella maggior parte dei casi in ambito familiare.
Il 24,4% hanno tra 45 e 64 anni, le minorenni costituiscono il 14,3% del totale e le donne con più di 64 anni sono il 4,3%.
Nel 2020 la violenza contro le donne, nella pandemia Covid-19, laddove le famiglie sono state a più a stretto contatto ed hanno trascorso più tempo assieme, hanno visto aumentare il rischio per le donne e i figli di esposizione alla violenza, soprattutto se in famiglia vi sono state gravi perdite economiche o
di lavoro. Man mano che le risorse economiche diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner.
Nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking (promosso e gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio) sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%).
Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo 2020, in piena emergenza Covid-19, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, data in cui si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Nel 2020, questo picco, sempre presente negli anni, è stato decisamente più importante dato che, nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019).
La violenza segnalata quando si chiama il 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%).
Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019).
Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020).
Nei primi 5 mesi del 2020 sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza (CAV), per l’8,6% la violenza ha avuto origine da situazioni legate alla pandemia (es. la convivenza forzata, la perdita del lavoro da parte dell’autore della violenza o della donna). Un panorama agghiacciante, che non si ferma.
Nel 2021 ogni giorno in Italia 89 donne sono state vittime di violenza. Secondo l'ultimo report della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, nel 36 per cento dei casi, l'autore del femminicidio è stato il marito o il convivente. Ad oggi, sono 263 gli omicidi con 109 vittime donne e 93 di queste sono state uccise in ambito familiare o comunque affettivo. C’è molto da fare. Attualmente 5 ministre del Governo Draghi sono al lavoro per riscrivere le norme sul femminicidio.
Gelmini, Bonetti, Lamorgese, Cartabia e Carfagna sono al lavoro per chiudere in una settimana un nuovo pacchetto normativo che comprenderà provvedimenti di fermo più efficaci per gli autori delle violenze di genere, una sorta di «scorta» per le donne che hanno denunciato e nuovi aiuti economici che potenzieranno o affiancheranno il «reddito di libertà» già in vigore.
È una priorità di tutto il governo, come ha detto il premier Draghi. Con la legge di bilancio abbiamo intanto stabilizzato le risorse per centri antiviolenza e case rifugio. La commissione parlamentare sui femminicidi ha definito la risposta istituzionale data finora alla violenza di genere «non adeguata rispetto all’esigenza di interrompere le condotte violente».
Questa forma di violenza è inaudita, le migliaia di iniziative in tutto il paese testimoniano che le donne non mollano il terreno della denuncia e della protesta, ma insieme chiedono libertà, rispetto dei diritti e della propria dignità. Non ci spaventa il virus, rispetteremo le regole, ma noi saremo presenti in tutte le iniziative piccole e grandi per affermare che non si può morire di femminicidio e che la conquista di una nuova civiltà nei rapporti tra uomini e donne si impone come obbligo morale ed etico per la nostra società.
Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità
25 novembre 2021