“Rifarei tutto e cercherei di farlo meglio. Di rinnegare proprio non parlo perché non rinnegherei nemmeno un giorno del mio impegno politico e della mia vita privata. D’altra parte la politica ce l’ho nel sangue”.
Angela Maria Guidi in Cingolani (dal cognome del marito) nasce a Roma il 31 ottobre 1896 in una famiglia borghese e, rimasta orfana di madre ancora bambina, è educata ai principi della fede cattolica presso il Collegio delle suore dorotee al Gianicolo dove incontra Maria Cristina Giustiniani Bandini, presidente dell’Unione donne cattoliche d’Italia che la ispira a proseguire. Il suo impegno politico si manifesta già nella Grande Guerra dove nel 1917 ottiene la medaglia di bronzo per la sua opera di assistenza verso profughi del veneto e del trentino.
Nel 1918 si iscrive alla gioventù femminile cattolica per coinvolgere le masse femminili in un impegno quotidiano, nel frattempo Don Luigi Sturzo (fondatore del Partito Popolare Italiano) la incarica di organizzare il lavoro femminile nell'ambito dell'Opera per l'assistenza civile e religiosa per gli orfani di guerra. Nel 1919 è la prima donna a prendere la tessera del Partito popolare spinta dall’adesione di Sturzo a un programma che ampliasse il suffragio femminile e diventa segretaria del gruppo femminile romano - ruolo che mantiene fino allo scioglimento del partito nel 1926.
Intensa in questi anni è anche la sua azione in ambito sindacale: si interessa di artigianato e del lavoro a domicilio, di cui evidenzia le difficoltà e le necessità di regolamentazione; nel 1924 vince un concorso all'Ispettorato del lavoro di Roma e riprende l'opera di assistenza alle mondine, operaie, contadine, tabacchine, allevatrici di bachi da seta e addette al settore tessile. Svolge anche un'intensa attività giornalistica, in quanto collabora con il Corriere d'Italia, Il Popolo, Avvenire d'Italia ed è direttrice per un biennio del settimanale Il Lavoro femminile.
Negli anni venti e trenta viaggia all’estero per lavoro: nel ’22 è al congresso internazionale della cooperazione a Innsbruck, nel ’24 a Gand al congresso delle opere sociali, successivamente è a Friburgo dove svolge la carica di consigliera nazionale e delegata alle questioni sociali nell’opera internazionale femminile e poi a Ginevra come osservatrice dell’ufficio del lavoro. Nel 1929 fonda anche la Federazione nazionale donne professioniste e artiste, ma nel 1931 lascia tutti gli incarichi a causa dell’obbligo di prendere la tessera del Pnf mantenendo fede al suo antifascismo.
Nel 1935 sposa l’onorevole del PPI Mario Cingolani, autorevole esponente dell'Azione Cattolica e figura di spicco della futura Democrazia Cristiana. Da lui avrà nel 1938 l'unico figlio, Mario. Durante i mesi della gravidanza riprende gli studi universitari all’Orientale di Napoli, dove consegue la laurea in Lingue e letterature slave.
La coppia Cingolani-Guidi fu un punto di riferimento per gli antifascisti cattolici romani; entrambi, fino alla liberazione di Roma, partecipano all'attività della direzione clandestina della DC, ospitando nella loro casa di via Luigi Settembrini Alcide e Francesca De Gasperi, Giovanni Gronchi, Guido e Pia Gonella, Mario e Nerina Scelba, Maria Federici e Umberto Tupini.
Il 30 luglio 1944, a Napoli, viene eletta consigliera nazionale della DC (l’unica donna) e il 19 agosto, su sollecitazione di De Gasperi, diventa delegata nazionale del movimento femminile nel quale sosterrà la necessità che l'associazione femminile rimanga autonoma nell'ambito del partito.
Convinta suffragista si impegna nel comitato pro voto per il diritto di voto alle donne nell’ottobre ‘44 e nelle amministrative del 1946 viaggia spesso per fare campagna elettorale al sud soprattutto in Basilicata dove tiene comizi a Melfi, Rionero, Venosa, Maschito e Lavello. «Le donne italiane - disse - hanno conquistato il loro diritto di voto. Abbiamo accolto questa conquista con serenità d’animo, grande fiducia e sicure del nostro buon diritto».
Il 25 dicembre ’44 esce “Azione femminile” organo nazionale del movimento femminile Dc da lei diretto per 39 numeri. Nel frattempo a Roma il 15 settembre ’44 si era costituito UDI a cui avevano aderito comuniste, socialiste, azioniste e membri della sinistra cristiana, rita montagnana cerca di coinvolgerla ma angela maria guidi rifiuta.
Dal 25 settembre 1945 viene proposta dal suo partito, insieme alla collega Laura Bianchini, come membro della Consulta nazionale (in quell’occasione terrà il primo discorso fatto da una donna in un’assemblea democratica nazionale). Il 2 giugno 1946 è tra le prime 21 donne elette all’Assemblea Costituente dove lavora nella Commissione lavoro e previdenza e nelle assemblee plenarie, ma i giornali in quei giorni si preoccupano solo del suo abbigliamento.
Deve anche difendersi dagli attacchi della stampa che mostra vignette satiriche sulla coppia Guidi-Cingolani e costringendola a dichiarare: “Quando conobbi mio marito le mie idee, la mia personalità, erano già formate. D’altronde non sono sposata che da 10 anni e a quell’epoca mi ero già fatta un nome”.
Deputata della prima legislatura (’48-’53) appoggia leggi in difesa delle donne come la legge Noce del 1950 (tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri) e la legge Merlin del 1958 (chiusura delle case di tolleranza) ed è ricordata per essere stata nominata il 26 luglio 1951 nel VII governo De Gasperi la prima sottosegretaria all’Artigianato al Ministero dell’industria e del commercio, temi sui quali aveva lavorato per anni e che conosceva molto bene.
Nel 1953 non viene rieletta in Parlamento, si ritira a Palestrina (città alla quale è legata da tempo da un vincolo affettivo come lo chiama lei e di cui è cittadina onoraria) dove si dedica alla sua seconda vita politica, quella dell'amministrazione locale dove viene eletta sindaca (unica donna presente in consiglio comunale) fino al 1964. I suoi tre mandati sicaratterizzano per la difficile situazione della ricostruzione post-bellica con molti e costosi lavori pubblici e per un’attenzione alla vita culturale prenestina inaugurando il 23 maggio ’56 alla presenza del capo dello stato Gronchi il museo archeologico della Fortuna Primigenia e due anni dopo l’Accademia internazionale intitolata al compositore Giovanni Pierluigi da Palestrina di cui resterà presidente fino alla morte.
In occasione del suo 90esimo compleanno nel 1986 le viene conferita da Fanfani proprio a Palestrina la medaglia d’oro al merito per la sua intensa attività politica. Muore a Roma l’11 luglio 1991 e i funerali vennero celebrati in Santa Maria in Campitelli dal vescovo di Palestrina, mons. Garlato alla presenza del presidente del consiglio Andreotti, ma anche personalità diverse dalla sua “fede” politica come il senatore comunista Mario Mammucari, l’onorevole Marisa Rodano e la presidente della Camera dei deputati Nilde Iotti.
A chi le chiedeva un bilancio finale sulla sua vita rispose: “Rifarei tutto e cercherei di farlo meglio. Di rinnegare proprio non parlo perché non rinnegherei nemmeno un giorno del mio impegno politico e della mia vita privata. D’altra parte la politica ce l’ho nel sangue”.
Chiara Raganelli
09 aprile 2022