Livia Turco restituisce visibilità e importanza alle figure femminili del partito, incisive e promotrici del cambiamento. "Compagne", un libro necessario, con l’anno del centenario del Pci appena alle spalle, in cui sono stati pubblicati tanti volumi su diversi aspetti e implicazioni della storia dell’ultimo secolo, ma non pagine adeguate sulla componente femminile.
I nomi e i cognomi, spesso, si dimenticano o sbiadiscono sovrastati dai grandi processi storici. Eppure, dietro alla nascita del Pci e alla lotta antifascista, nella Resistenza e nella costruzione della Repubblica, a sostegno della modernizzazione della famiglia e della società c’erano i nomi e i cognomi di tante donne alle quali Livia Turco, nel suo "Compagne", restituisce visibilità e importanza. Un libro necessario, con l’anno del centenario del Pci appena alle spalle, in cui sono stati pubblicati tanti volumi su diversi aspetti e implicazioni della storia dell’ultimo secolo, ma non pagine adeguate sulla componente femminile.
Con Camilla Ravera e Teresa Noce, Rita Montagnana ed Elettra Pollastrini, Adele Bei e Gisella Floreanini, Nilde Iotti e Marisa Rodano, Adriana Seroni e Giglia Tedesco, Lalla Trupia e le molte altre figure incisive e lungimiranti rievocate in questo lavoro, si ripercorre la vita politica e sociale del Paese, e non è un caso che questa operazione di recupero della memoria arrivi da chi, a quella stagione, a un certo punto ha preso parte da autorevole protagonista.
Non si può cominciare che da Camilla Ravera, attiva sin dagli albori: ricordare il suo apporto alla lotta antifascista, la stima che Gramsci - il quale la volle nella redazione dell’«Ordine nuovo» - nutre per lei, il suo coraggio nell’opporsi al patto Ribbentrop-Molotov, la condanna al carcere e il riconoscimento di Pertini che la nomina senatrice a vita, vuol dire rifiutarsi di arrendersi all’oblio. Lo stesso oblio cui vanno sottratte le militanti che fuori dai confini italiani rischiano la vita portando informazioni e materiale di propaganda nel territorio dominato dai fascisti: sono i cosiddetti “fenicotteri rosa”, e anche grazie alla loro attività clandestina non si spense l’azione di contrasto alla dittatura che, dopo il delitto Matteotti e le leggi fascistissime, diviene asfissiante.
Si capisce, dunque, quanto fossero strutturate, esperte e motivate le esponenti del partito all’interno dei Gruppi di difesa della donna, l’organizzazione nata nell’autunno del ’43 per combattere il nazi-fascismo, e che comprende tutte le formazioni del Comitato di liberazione nazionale coinvolgendo 70mila donne. Poco tempo dopo nasce l’Unione donne italiane (Udi), fortemente voluta da Montagnana e a lungo presieduta da Maria Maddalena Rossi, mentre le conferenze nazionali scandiranno il tempo del cambiamento della condizione femminile.
Livia Turco (classe 1955, parlamentare dal 1987 al 2013 e ministra nei governi dell’Ulivo) sottolinea la dimensione della comunità, la capacità di aggregazione, di saper creare “un popolo” di tutte le militanti. Caratteristiche, queste, che animano in primis le elette all’Assemblea Costituente: sono nove e a ciascuna è dedicato uno spazio che ne fa emergere la personalità e le vicende biografiche.
Vite da film, punteggiate da momenti drammatici come l’esilio, i campi di concentramento, il carcere, il confino. Nei lavori dell’Assemblea difendono con tenacia le loro idee, ma senza arroccarsi su posizioni che avrebbero pregiudicato la conquista dei loro obiettivi, ricercando anzi un punto d’incontro con le colleghe democristiane e socialiste. Negli anni seguenti sono in prima linea per tradurre i principi costituzionali in leggi che li rendano concreti (è del ’50 un vero e proprio pilastro legislativo, quello sulla maternità, la cui prima artefice è Teresa Noce).
Eliana Di Caro (Il Sole 24 ore)
11 luglio 2022