“Testarde. Storie di atlete italiane dimenticate”, recensione a cura di Vaifra Palanca

La lettura di questo libro invita alla riflessione sull’attualità, su come, in questi giorni, le donne dello sport, insieme ad altre, siano protagoniste nella resistenza contro dittature spietate e cruente, nella difesa del diritto alla vita e dei diritti fondamentali.


In questi giorni stanno trasmettendo in televisione le partite di calcio femminile. Una novità nei palinsesti sportivi che si verifica dopo che la squadra di calcio femminile si è classificata ai quarti di finale ai campionati del mondo nel 2019, ed ha raggiunto buoni posizionamenti in altri eventi internazionali. Un altro passo avanti nel riconoscimento della partecipazione femminile come professioniste al mondo dello sport grazie alle ragazze del calcio e alla loro Capitana Sara Gama.

Nell’introduzione al suo libro, Testarde, Caterina Caparello, giornalista vincitrice del premio giornalistico Nilde Iotti per il suo postcad sulle Madri Costituenti, denuncia quanto poco le varie federazioni sportive facciano per incoraggiare la partecipazione delle donne alla pratica delle discipline sportive da professioniste. Le donne praticano lo sport infatti prevalentemente come dilettanti, questo significa che non ne possono ricavare un reddito sufficiente che devono integrare con altri lavori a meno che non entrino a far parte delle squadre sportive delle forze armate, polizia ecc. tanto che è stato considerato un grande successo l’istituzione in loro favore di un Fondo di maternità avvenuta nell’ottobre 2019. Il mondo dello sport è quindi un mondo ancora in evoluzione per il raggiungimento della parità delle donne rispetto agli uomini sebbene i passi avanti compiuti.

Caterina Caparello ricostruisce in questo libro, intitolato appunto Testarde, la storia di otto pioniere del mondo dello sport, che tra la fine dell’ ‘800 e i primi del ‘900 hanno combattuto per il diritto di accesso ad alcune discipline sportive fino ad allora precluse alle donne. I loro nomi, spesso altisonanti, sono sconosciuti ai più e per questo le voglio menzionare: Elvira Guerra dalle arti circensi all’equitazione, Ida Nomi Venerosi Pesciolini la prima a formare in Italia una squadra di basket ball femminile, Rosetta Gagliardi ammessa alle Olimpiadi di Tennis, Marina Zanetti che anche attraverso compromessi ha difeso la partecipazione delle donne al mondo dell’atletica, Isaline Crivelli Massazza che promosse l’accesso delle donne al golf e allo sci, Rosetta Pirola Mangiarotti invece aprì le porte della scherma, Hilde Prekop del nuoto e Maria Bisi e la sua squadra di giovani atlete alle Olimpiadi.

Si tratta di donne spinte da una grande passione per una disciplina sportiva che hanno cercato di praticare, avendone i mezzi economici e il tempo, non solo a livello amatoriale, parzialmente tollerato in quel periodo se praticato nel rispetto della femminilità, ma anche a livello agonistico, affrontando resistenze di tipo famigliare, culturale, organizzativo, di costume. Il periodo considerato è infatti un periodo difficile. Sono anni attraversati dalla grande guerra e dal fascismo che, se da un lato voleva le donne a casa ad accudire una numerosa prole, dall’altro tollerava l’esercizio sportivo per rafforzare il fisico delle donne in funzione delle riproduzione della specie. Con intelligenza e determinazione le donne di cui parla questo libro hanno saputo sfruttare queste ambiguità per affermare il diritto e la libertà di realizzarsi attraverso una pratica sportiva per la quale sentivano di avere talento. I racconti sono pieni di sfide, in primis alle loro stesse capacità, ma anche alle organizzazioni sportive che ammettevano solo uomini, ai luoghi comuni e ai costumi del periodo che prevedevano, ad esempio che le donne cavalcassero ad amazzoni (solo nel 1930 fu concesso di cavalcare a cavalcioni), che praticassero il nuoto con costumi castigati con gonnellino, o giocassero a tennis con gonne ingombranti. Anche l’uso dei pantaloni nello sport è una conquista delle loro battaglie.

Sono battaglie portate avanti con caparbietà e passione, nella consapevolezza delle proprie capacità, ma anche con grande divertimento, che Caterina Carapello riesce a cogliere forse per il suo passato da sportiva. In tutte le storie c’è un momento in cui, per ragioni diverse, ci sono grandi risate un po’ per gioia, un po’ per imbarazzo, un po’ per gioco. Questo rende la lettura piacevole, anche per una persona come me negata per lo sport, oltre che perché rivela ambienti poco conosciuti e probabilmente perché sono storie che vedono alla fine di tanti sacrifici il riconoscimento del merito, la creazione di spazi di libertà e di autorealizzazione delle donne apprezzati ancora oggi.

La lettura di questo libro invita alla riflessione sull’attualità, su come, in questi giorni, le donne dello sport, insieme ad altre, siano protagoniste nella resistenza contro dittature spietate e cruente, nella difesa del diritto alla vita e dei diritti fondamentali. A questo proposito ricordo le donne cicliste e calciatrici in pericolo di vita nei loro paesi aiutate a fuggire e accolte dalle istituzioni sportive in Italia.

Un omaggio infine alle due sorelle siriane, Yusra e Sarah Mardini, la cui storia vera è stata ricostruita e riproposta al grande pubblico dalla Regista Sally El Hosaini nel film Le nuotatrici. In fuga dalla Siria bombardata, hanno affrontato, come tanti immigrati, il viaggio verso la Germania e le indicibili sofferenze connesse, percorrendo un tratto del Mediterraneo a nuoto per lasciare il posto sulla barca a chi non sapeva nuotare. Ottenuto l’asilo in Germania Yusra ha ripreso l’attività sportiva e le gare olimpiche mentre Sara si è dedicata all’accoglienza e al sostegno dei profughi, come lo sono state loro, che le è costata una denuncia in Grecia e 100 giorni in prigione. E’ in attesa di processo.

Vaifra Palanca

Caterina Caparello

Testarde. Storie di atlete italiane dimenticate

Caosfera Edizioni, 2022, pp131, 14 Euro

15 febbraio 2023