La Medicina di Genere (MdG) o medicina genere-specifica si occupa delle differenze biologiche e socio-culturali caratteristiche di ogni individuo e della loro influenza sullo stato di salute e di malattia, e rappresentano un punto d’interesse fondamentale per il Servizio Sanitario Nazionale.
La promozione della salute ,la valorizzazione del Sistema Sanitario Nazionale universalistico e solidale sono oggi una priorità assoluta per il bene del nostro pianeta e della nostra umanità.
La qualità del Sistema Sanitario,il suo essere universalistico e solidale è il cardine per stare in salute.Ms da molti anni l'OMS ci ha sollecitato a studiare e valutare quanto incidono sulla salute le condizioni di vita,di lavoro,di ambiente naturale e sociale.
L'avere un corpo di donna o di uomini incide molto sulla salute Ci si ammala di più di certe malattie piuttosto che di altre,l'uso dei farmaci ha un impatto diverso ed anche i contesti di vita hanno un impatto diverso.
La Medicina di genere in Italia, attraverso il lavoro di molti anni, è pervenuta ad una legislazione avanzata che ora va applicata.
È molto importante un azione culturale per fare comprendere ai ed alle cittadine che si tratta di un modo di affrontare la cura della salute con interventi efficaci ed appropriati.Mettiamo a disposizione il Sito della Fondazione Iotti per portare il nostro granello di impegnoin questa battaglia culturale.
Lo facciamo con un intervento molto autorevole.
Abbiamo l'onore di pubblicare lo scritto della Professoressa Anna Maria Moretti Presidente della Società Internazionale della Medicina di genere( IGM).
La ringraziamo di cuore.
Livia Turco
La Medicina di Genere (MdG) o medicina genere-specifica si occupa delle differenze biologiche e socio-culturali caratteristiche di ogni individuo e della loro influenza sullo stato di salute e di malattia, e rappresentano un punto d’interesse fondamentale per il Servizio Sanitario Nazionale.
La MdG costituisce oggi un vero e proprio cambio di cultura nell’approccio al pazienteed una nuova sfida alle conoscenze mediche.
In Italia nell’aprile 2016 è stato pubblicato su “Quaderni del Ministero della Salute” (1) il primo documento nazionale che definisce il genere ”determinante di salute capace di garantire l’appropriatezza e l’equità della cura“. Lo stesso documento comunica la costituzione di una rete nazionale di Medicina di Genere, fondata da Istituto Superiore Sanità (ISS), Società Scientifica GISeG e Centro Studi Nazionale MdG.
Se agli esordi la MdG considerava solo la differente espressione clinica delle malattie tra l’uomo e la donna, oggi numerosi sono i parametri da valutare per l’interpretazione di tali differenze.
La necessità di utilizzare indicatori corretti ed appropriati è ben documentata in letteratura (2,3) con l’evidenza che, se da un lato le influenze genetiche, epigenetiche e ormonali del sesso biologico influenzano la fisiologia e la malattia, dall’altro i sistemi economici, programmi di sviluppo, politiche sociali di genere concorrono ad influenzare il comportamento della comunità, dei medici e dei pazienti nel sistema sanitario condizionando l’esito di una malattia.
Nei vari paesi, a qualunque livello di reddito, salute e malattia seguono un gradiente sociale: più bassa è la condizione socioeconomica, peggiore è il livello di salute.
Numerosi studi suggeriscono che l’organizzazione sanitaria rappresenta tra il 30 e il 55% degli outcome delle malattie ed il contributo dei settori extra-sanità alla salute della popolazione è superiore al contributo del settore sanitario.
A livello globale oggi non sono documentate azioni sufficienti ed universali per il miglioramento degli stili di vita, una equa distribuzione del potere e delle risorse, l’appropriato monitoraggio dei determinanti sociali di salute ed equità di accesso alle cure. Le attuali crisi globali rappresentano una crisi generale di disuguaglianza che esacerba le disparità sanitarie e mette in pericolo il raggiungimento dello sviluppo sostenibile. E’ obiettivo dell’OMS ridurre entro il 2030 i divari sanitari agendo sui determinanti sociali dell’equità sanitaria, migliorando le infrastrutture essenziali ed i percorsi di prevenzione ed assistenza.
Numerose sono oggi le evidenze scientifiche di differenze di genere in numerosi ambiti di patologia (cardiologia, pneumologia, pediatria, ortopedia, reumatologia, endocrinologia, oncologia, immunologia, malattie infettive fra cui infezione da SARS-COV2, ecc.) e tali differenze sono descritte sia in termini epidemiologici, che di manifestazioni cliniche, prevenzione, risposta ai farmaci.
Le donne hanno una aspettativa di vitamaggiore rispetto agli uomini, ma è dimostrato che nel sesso femminile gli anni di sopravvivenza sono caratterizzati da un carico di disabilità molto elevata (4). L’uomo ammalato muore più facilmente mentre la donna manifesta, nei suoi anni di sopravvivenza, una qualità di vita scadente sia in termini di salute che di "svantaggio" lavorativo (disoccupazione), economico e sociale. Questa caratteristica insieme all’invecchiamento della popolazione e alla diversa composizione della popolazione geriatrica (la maggior parte degli anziani sono donne), sta progressivamente determinando un cambio strutturale delle politiche sanitarie e terapeutiche mondiali.
Le malattie cardiovascolari sono tra le principali cause di morte nelle popolazioni dei Paesi industrializzati. Le caratteristiche di queste malattie sono differenti nei due sessi. Negli uomini le malattie cardiovascolari si manifestano intorno ai quarant’anni mentre nelle donne la loro incidenza aumenta dopo la menopausa(5).Gli uomini hanno un rischio maggiore di incorrere in una malattia coronarica soprattutto in età giovanile a differenza delle donne, che hanno una propensione per lo sviluppo di ictus e insufficienza cardiaca, soprattutto in età avanzata.
Le patologie respiratorie costituiscono oggi uno dei più rilevanti problemi sanitari, sia dal punto di vista epidemiologico (elevata mortalità e morbilità) che per le conseguenze disabilitanti e gli elevati costi di gestione sia diretti che indiretti (6,7).
La valutazione dell’influenza del sesso e del genere sulle malattie respiratorie croniche (MRC) è complessa e coinvolge diversi fattori che includono differenze anatomiche, ormonali e comportamentali, differente suscettibilità al fumo di sigaretta e all’inquinamento ambientale e differente risposta alla terapia.
Nei due sessi il polmone e le vie aeree presentano significative differenze di genere già segnalate in epoca fetale (8), in termini di sviluppo embrionale, caratteristiche anatomiche e funzionali. Il rischio di parto pretermine e di patologie respiratorie correlate alla prematurità, come la Sindrome da Distress Respiratorio (RDS), è più comune nel sesso maschile. E’ noto che i livelli più elevati di androgeni nei feti di sesso maschile interferiscono con la produzione di surfattante, la cui ridotta produzione spiega l’aumento dell’incidenza di RDS (respiratory distress syndrome) nei neonati di sesso maschile a confronto con neonati di pari età gestazionale di sesso femminile, che, non solo producono surfattante in epoca più precoce, ma sviluppano vie aeree più grandi e meno reattive agli insulti esterni insieme ad un parenchima polmonare più maturo.
Gli stili di vita ed i fattori di rischio incidono differentemente nei due sessi: il fumo e l’alcolismo sono più frequenti negli uomini, ma in aumento soprattutto nel sesso femminile e tutto questo richiede la definizione di differenti piani di prevenzione.
L’abitudine tabagica (9) è in incremento nel sesso femminile ormai da numerosi decenni con conseguente aumento di prevalenza in questo sesso di patologie e mortalità fumo-correlate (BPCO, tumore polmonare, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie pediatriche, ecc.). La persistente elevata prevalenza del fumo di sigaretta tra specifiche sottopopolazioni, molte delle quali vulnerabili, è una delle sfide più urgenti che la comunità che si occupa di controllo dell’abitudine tabagica deve affrontare. Le popolazioni vulnerabili devono essere definite in base alla presenza di soggetti con svantaggio culturale e socioeconomico e differente possibilità di accesso al lavoro, differenti etnie, popolazioni fragili, disagi psico-sociali. In questi ambiti le tradizionali misure di controllo del tabacco non sono sempre efficaci, pertanto è necessario attuare nuovi interventi orientati al controllo di queste disparità. La sospensione dell’abitudine tabagica rappresenta l’unica modalità documentata utile ad arrestare la perdita della funzione polmonare e le donne, più sensibili ai danni indotti dal fumo, ottengono maggiore beneficio dalla sospensione dell’uso di tabacco. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) evidenzia che oggi l’abitudine tabagica è in costante aumento e in tutto il mondo i fumatori costituiscono un sesto della popolazione mondiale. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) stima che tale abitudine coinvolga il 22,3% delle donne, soprattutto giovani, a fronte del 28,9% degli uomini con una lenta, ma progressiva riduzione dell’abitudine tabagica negli uomini ed una prevalenza nelle donne destinata ad aumentare del 20% nel 2025 sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.
Ma nel determinismo di tali patologie sono da annoverare altri fattori di rischio. Infatti queste patologie si manifestano anche nel 15% dei casi in soggetti che non hanno mai fumato e la maggior parte di tali pazienti (80%) sono donne.L’ambiente e l’inquinamento sono fattori di rischio con maggiore possibilità di impatto sul sesso femminile. L’OMS pone la cura dell’ambiente al punto 13 dei global goal per uno sviluppo sostenibile. Affinché le soluzioni climatiche siano efficaci, devono prendere in considerazione l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne in ogni fase. Nello sviluppo e nell’attuazione di nuove politiche climatiche, bisogna garantire che uomini e donne traggano egual vantaggio dagli stanziamenti di bilancio destinati all’azione per il clima, siano sinergiche e integrate con gli obiettivi di uguaglianza di genere.L’OMS, in un documento di recente pubblicazione, descrivele disuguaglianze riferibili all’ambiente quali condizioni urbane, abitative e di lavoro, e conclude che le popolazioni socialmente svantaggiate sono quelle più esposte a rischi ambientali con conseguenti disequità di salute.
L’osteoporosi(11) in Italia colpisce prevalentemente il sesso femminile con una prevalenza, al di sopra dei 50 a.,del 23% nelle donne rispetto all’ 8% negli uomini. Le fratture da fragilità, la cui incidenza aumenta progressivamente con l’età, sono circa 465.000/anno ed il 65% di esse si manifestano nelle donne. L’osteoporosi, con il conseguente aumento del rischio di frattura, viene studiata prevalentemente nella donna, sebbene anche l’uomo nella terza età, sviluppi osteoporosi e rischio di frattura, con ritardo di 10 anni rispetto alla donna e con una mortalità dopo frattura dell’anca superiore rispetto alla donna.
In oncologia (12,13)sono descritte numerose differenze di genere, anche se nelle sperimentazioni cliniche le donne sono ancora sottorappresentate. Alcuni tumori possono presentarsi con differenti manifestazioni cliniche nei due sessi. La differente immunità dell’uomo e della donna contribuisce alla diversa progressione del tumore e risposta alla terapia. L’efficacia dei farmaci chemioterapici è differente nei due sessi ed il loro utilizzo condiziona gli eventi avversi nell’uomo e nella donna.
L’infezione da Covid-19(14,15) ha manifestato evidenti caratteristiche di genere in quanto ha colpito prevalentemente il sesso maschile con livello di gravità più elevato. Nel sesso maschile è stato documentato un più frequente ricovero in terapia intensiva ed una più elevata mortalità. Al contrario il long-covid ha avuto un impatto più significativo sul sesso femminile. Sono disponibili attualmente dati nazionali ed internazionali che evidenziano uno stretto rapporto fra età, gravità della malattia e mortalità: il livello di gravità e la mortalità sono più elevati nelle fasce più anziane della popolazione.Sappiamo che l’impatto della malattia è stato differente sia nei vari territori Italiani (Nord e Sud) che in altri paesi a differente tenore di sviluppo, ma non sappiamo ancora se le cause determinanti siano riferibili a diverse realtà geografiche, clima o a problematiche organizzative sanitarie.Attualmente i dati disponibili sull’infezione da SARS-COV2 raccolti in numerosi paesi del mondo non evidenziano attenzione per differenze di sesso/genere, al contrario di quanto è avvenuto in Italia dove, grazie al DL.3 art.3 del 2018 e all’esperienza maturata nel settore, è stata sollecitata la necessità di disaggregare i dati secondo indicatori di genere al fine di identificare strategie preventive e bersagli terapeutici specifici per uomini e donne.
La presenza di comorbilità (10) nei pazienti affetti da cronicità determina un rilevante problema di definizione di livello di gravità e di gestione della malattia. Le condizioni morbose più frequentemente causa di complessità sono: malattie cardiovascolari, diabete e disturbi depressivi, obesità, neoplasie, con significative differenze di genere. Il rilevante impatto socio-economico delle MRC è fortemente legato alla presenza delle comorbidità che svolgono un ruolo fondamentale nella progressione della malattia incidendo fortemente sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita dei pazienti.
Tutti sappiamo che i farmaci sono stati studiati prevalentemente su soggetti di sesso maschile. Una revisione bibliografica ha evidenziatocome in studi sperimentali di riferimento per numerose specialistiche la partecipazione del sesso femminile è stata in alcuni casi completamente assente, in altri sicuramente sottostimata. Eppure le donne consumano più farmaci rispetto agli uomini. Le donne manifestano inoltre più effetti collaterali rispetto agli uomini a causa della scarsa partecipazione ai protocolli di ricerca ed alla conseguente impossibilità di documentare eventuali eventi avversi. Dal 2014 il National Institute of Health ha reso obbligatoria l’inclusione delle donne negli studi clinici e preclinici.
E’ ampiamente documentato a livello nazionale ed internazionale come il reddito ed il livello di istruzione possano condizionare i dati di mortalità e la tipologia delle relative cause.
Recenti studi, che hanno raccolto informazioni in merito alla gestione della salute nella popolazione di alcuni paesi svantaggiati, dimostrano che le crisi economiche hanno portato ad una significativa riduzione di prestazioni erogate soprattutto nel sesso femminile. Fra gli indicatori di genere un ruolo decisamente rilevante riveste la valutazione del rapporto tra povertà e mortalità: il livello di mortalità per stessa patologia, è molto più elevato nelle realtà economicamente svantaggiate e con bassi livelli socio-culturali. Pertanto ridurre queste iniquità è un problema non soltanto politico, ma anche etico.
La definizione di corretti indicatori di genere ed una attenta valutazione di essi nella pratica clinica, è fondamentale anche per la costruzione di un percorso assistenziale condiviso fra medico, operatori sanitari e paziente e per la programmazione di linee di indirizzo di tipo normativo e di governance, utili per il miglioramento della qualità dell’assistenza
Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso di intelligenza artificiale, cioè delle risorse tecnologiche-informatiche che possono aiutare la ricerca, anche in campo medico, a individuare cure mirate, vaccini specifici, devices moderni, medicine più efficaci in relazione ai bisogni del paziente.
L’esperienza della pandemia di COVID-19 ha evidenziato l’importanza di poter contare su un adeguato impiego delle tecnologie più avanzate, su elevate competenze digitali, professionali e manageriali, su nuovi processi per l’erogazione delle prestazioni e delle cure e su un più efficace collegamento fra ricerca, analisi dei dati, cure e programmazione sanitaria.
La digitalizzazione e la medicina di genere sono due tra i più importanti fattori sui quali si basa la modernizzazione nel nostro Sistema Sanitario e saranno obiettivi sempre più strategici delle strutture sanitarie. La valutazione delle differenze di genere, strettamente correlata all’utilizzo di indicatori specifici capaci di evidenziare le caratteristiche delle malattie e l’esito delle stesse, diventa fondamentale per raggiungere questi obiettivi. Valutare i risultati disaggregati secondo indicatori specifici, rappresenta un’importante fonte di informazione per orientare le migliori scelte organizzative.
Alla luce di queste evidenze il rapporto fra prevenzionee trattamento di malattia ed organizzazione sanitaria territoriale ed ospedaliera costituisce un elemento fondamentale di riflessione. Il precedente modello organizzativo della sanità e le restrizioni economiche maturate nel tempo hanno sicuramente rivestito un ruolo importante sulla diffusione della malattia.
In corso di infezione da SARS-COV2 l’organizzazione territoriale a sostegno dei pazienti rimasti a domicilio, ha rappresentato un elemento di forte criticità in quanto gran parte dei soggetti sintomatici hanno avuto nelle varie Regioni differente accesso all’ assistenza sanitaria e ad indagini diagnostiche specifiche. Le stesse misure di distanziamento sono state attuate con differente attenzione
Il Covid si è inoltre rivelato un moltiplicatore di disparità sociali per la gestione di patologie no-Covid producendo una drammatica riduzione di ricoveri, prestazioni ambulatoriali specialistiche, screening e una contrazione significativa della spesa dei farmaci innovativi e sperimentali con un impatto negativo soprattutto nelle fasce di popolazione più fragili sia dal punto di vista clinico che socioeconomico.
La valutazione delle differenze di sesso e genere costituisce oggi quindi un elemento fondamentale per lo sviluppo di una “medicina equa ed appropriata” e l’utilizzo di indicatori specifici deve costituire parte integrante anche dei programmi di assistenza, ricerca e di formazione. Il documento “Piano formativo nazionale per la medicina di genere” recentemente pubblicato dal Ministero della Salute di concerto con il Ministro dell’Università e della Ricerca, sollecita tutti gli operatori sanitari ad acquisire conoscenze in questo ambitoe favorisce la promozione e il sostegno dei relativi percorsi formativi, con l’obiettivo di assicurare adeguati livelli di formazione e di aggiornamento a tutto il personale medico e sanitario, e garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale.
Oggi i sistemi sanitari internazionali devono affrontare sfide importanti legate alla sostenibilità dell'assistenza sanitaria, sia da un punto di vista economico che in relazione alla qualità dei servizi sanitari erogati in termini di miglioramento dell'efficacia, della sicurezza, dell'appropriatezza clinica e organizzativa. E’ necessario quindi sollecitare le istituzioni a sviluppare programmi per la conoscenza, la formazione e la promozione della salute e prevenzione delle malattie, investire nei sistemi di assistenza primaria, trasferire l'assistenza sanitaria su territorio potenziando le cure ambulatoriali e domiciliari più accessibili e meno costose, con una particolare attenzione al rapporto tra indicatori di genere e sostenibilità sociale
La dimensione di genere nella salute è pertanto una necessità di metodo e analisi che deve diventare presto strumento di governo e di programmazione sanitaria.
Il D.L. 11 gennaio 2018 n. 3 art. 3 (16), ed il conseguente Piano, hanno fornito all’Italia un indirizzo coordinato e sostenibile per la diffusione della Medicina di Genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in modo omogeneo sul territorio nazionale.
Il Piano ha anche definitole azioni a livello regionale, attraverso la definizione di linee di indirizzo e obiettivi strategici per le Direzioni generali e promuove la realizzazione di un sistema di rete per la promozione e lo sviluppo della Salute e Medicina di Generesu tutto il territorio regionale.
L’obiettivo è stato recepito da alcune Regioni Italiane attraverso l’inserimento nel Piano Socio-Sanitario Regionale del concetto di MDG, la costituzione di tavoli tecnici e centri regionali, l’attribuzione di obiettivi di genere ai Direttori generali delle aziende sanitarie, l’organizzazione di corsi di formazione e aggiornamento per gli operatori sanitari.
Il controllo dell’attuazione delle azioni di promozione, applicazione e sostegno alla Medicina di Genere previste dal Piano, compete all’ Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, vigilato dall’ISS garante dell’attendibilità e appropriatezza dei dati rilevati. L’Osservatorio Nazionale sulla Medicina di Genere si avvale del lavoro di numerosi gruppi scientifici che producono protocolli che disciplinano la MdG nella pratica clinica di base ed ospedaliera
La MdG è quindi uno strumento di appropriatezza. Un approccio di genere nella pratica clinica e nella gestione terapeutica consente di promuovere l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure con conseguenti risparmi per il Servizio sanitario nazionale. Riconoscere e valorizzare le differenze di genere permette di erogare cure appropriate: questo concetto sottolinea la necessità di impostare politiche orientate ad aumentare strategie efficaci per affrontare le disuguaglianze di genere nei servizi sanitari e garantire alle persone la cura migliore rafforzando il concetto di centralità del paziente.
Anna Maria Moretti
Presidente Nazionale GISeG
Presidente Internazionale IGM
19 settembre 2024