La perfezione, è noto, non fa parte di questo mondo, soprattutto non è prerogativa degli essere umani. E’ un “legno storto”, diceva Kant, quello dell’umanità.
Se prendessimo però il termine “perfezione” e ne facessimo l’etimologia, risalendo fino al latino perfectus e poi perficio, vale a dire “finire”, “portare a termine”, potremmo osservare che “perfezione” vuol dire letteralmente “compimento” e “perfetto” significa “compiuto”. E allora potremmo anche riflettere sul fatto che se è vero che nessuna persona può incarnare o rappresentare la perfezione, è vero anche che la vita di un uomo o di una donna può essere “compiuta” quando è piena, quando consente di praticare coerentemente gli ideali in cui si crede, quando è raggiungimento dei propri piani di vita e insieme contributo alla collettività di cui si è parte.
Certo, riuscire a dispiegare in questo modo la propria esistenza non è da tutti ed è in qualche modo una fortuna, un privilegio. Se mi chiedessero di chiudere gli occhi e di fare, quasi senza pensare, alcuni esempi di persone così, d’istinto, tra coloro che ho avuto la fortuna di conoscere, direi Vittorio Foa e Carlo Azeglio Ciampi, direi Rita Levi Montalcini e Umberto Veronesi. Penserei al Presidente Napolitano. E penserei anche a una donna che nella storia di questo nostro Paese ha avuto un posto di rilievo, penserei a Nilde Iotti.
Una vita “compiuta”, la sua. Perché è così quando insieme ad altre ragazze e ragazzi della propria generazione si compie la scelta giusta, si prende parte ad una lotta di liberazione, si rischia in prima persona per la conquista della democrazia e per il raggiungimento di una libertà di cui un giorno potranno godere anche gli avversari di quel momento.
Una vita “compiuta”, quando il proprio impegno politico non è legato alle ideologie, nemmeno nel tempo in cui esse creano gabbie e imprigionano menti, ma ai bisogni dei più deboli, ai diritti di chi lavora, all’emancipazione delle donne tutta da conquistare.
Una vita “compiuta”. Quella di una donna che sa dimostrare forza e serenità interiore, nel non rinunciare alle proprie emozioni, nel volere coltivare i propri affetti, il proprio amore, sfidando le ipocrisie e il perbenismo di un tempo difficile, e in più il conservatorismo dei propri stessi compagni di partito.
Una vita “compiuta”, quando per tredici anni si svolge il proprio ruolo istituzionale, prima donna Presidente della Camera dei Deputati, in modo tale da guadagnarsi la stima di tutte le parti politiche e soprattutto di tutti gli italiani, che hanno fiducia nelle qualità di una persona che dimostra di avere a cuore, più di ogni altra cosa, il bene comune, gli interessi del Paese.
Una vita “compiuta”, quando fino alle ultime parole dell’ultimo discorso, mentre si propone in anticipo su tutti di ridurre il numero dei parlamentari e di superare il bicameralismo perfetto, la curiosità intellettuale e il desiderio di innovazione consentono di gettare uno sguardo lontano, dove si sa che personalmente non si arriverà e dove però si vuole che le generazioni future giungano nel migliore dei modi, con “istituzioni democratiche, efficienti e capaci di interpretare, per un ragionevole periodo, l’inevitabile evoluzione dei tempi”.
E allora è vero: la perfezione non è, e molto probabilmente nemmeno deve essere, caratteristica di ciò che è umano. Si può perseguirla, se questo serve a dare e a fare il meglio. Ma non si deve pretendere di ottenerla, perché propri dell’uomo sono il limite e la finitezza. La compiutezza di un’esistenza, però, la si può raggiungere, quella sì. E ci sono persone, ci sono vite, che sembrano incaricate di dimostrarlo.
Walter Veltroni
27 luglio 2012