Verso il 25 Aprile. A Ottant’anni dalla liberazione: la resistenza delle donne, di Francesca Russo

Con l’animo colmo di gratitudine verso queste donne e verso gli uomini che hanno messo in pericolo la loro vita per affermare i valori di libertà e di democrazia nel nostro paese, per porre fine alla guerra civile, alla dittatura e ad una barbara occupazione militare, apprestiamoci a vivere la nostra festa nazionale della liberazione, rinnovando l’impegno per far sì che la nostra democrazia, che ha radici nobili, sia sempre più progressista, più inclusiva e capace di dare voce pacificamente e liberamente a tutte le cittadine e i cittadini e a chi vive in questo paese e ambisce ad assumere la cittadinanza italiana.


A Ottant’anni dalla liberazione del nostro paese dal nazi-fascismo, occorre ribadire il valore delle celebrazioni del 25 aprile, festa nazionale della liberazione, non solo perché da alcuni è spesso presentata la necessità di “superare” il ricordo di questa giornata in nome di una presunta e oramai raggiunta unità di sentimenti e di intenti, ma anche perché i valori della Resistenza e dell’impegno di donne e uomini a servizio della libertà politica hanno radici profonde nella storia del paese e di tutta l’Europa, che devono essere ricordate e trasmesse alle nuove generazioni.

L’Europa e l’Italia hanno alzato la testa di fronte all’oppressione, mostrando coraggio e determinazione, nonostante le divisioni politiche presenti anche fra chi si opponeva ai regimi dittatoriali e totalitari e soprattutto nonostante i forti pericoli che correvano le persone che impegnavano la propria vita nel contrastare tali regimi.
In Italia nel biennio 1943-1945 si è combattuta una lacerante e drammatica <<guerra civile>> nella quale due Italie si sono contrapposte a livello politico, istituzionale e finanche geografico. Come ricorda Pietro Scoppola in un saggio dedicato al 25 aprile e alla liberazione come elemento fondante del <<lessico civile >> italiano: << il 25 aprile segna per l’Italia la conclusione di questo dramma [guerra civile] con la vittoria degli anglo- americani e della Resistenza italiana: è la data della seconda caduta del fascismo, risorto sotto la protezione delle armi germaniche, dopo la prima caduta del 25 luglio del 1943. É la data simbolo della Resistenza e della fine della guerra in Italia […] questa data rappresenta qualcosa di decisivo per il paese: punto di arrivo di una vicenda drammatica, punto di partenza di una ricostruzione della democrazia italiana>>.

Vi sono quindi le ragioni, scrive Scoppola nel 1995 e condivido ovviamente la Sua affermazione, << per fare di questa data un elemento forte di riferimento della storia del popolo italiano>> e per continuare a ricordarla nella maniera più solenne.

Sulla Resistenza si fondano infatti i valori della nostra cittadinanza democratica, che sono per altro sanciti solennemente nella Costituzione della Repubblica italiana, frutto dell’elaborazione politica e giuridica dell’Assemblea costituente, eletta nelle prime elezioni politiche a suffragio universale diretto della storia italiana.
Vorrei in occasione della celebrazione degli Ottant’anni della liberazione offrire alcune considerazioni sul centrale contributo consacrato dalle donne italiane alla lotta resistenziale, momento di forte espressione della generosità, dell’impegno e della maturità politica delle italiane.

La presenza attiva delle donne italiane nella resistenza rappresenta un passaggio fondamentale, pur nella drammaticità della crisi, dell’affermazione dell’identità politica e dell’impegno civile femminile, in un paese che per troppo tempo ha chiuso gli occhi davanti alla ricchezza offerta dal contributo generoso e capace delle donne alla vita politico-sociale.

Antichi pregiudizi e una cultura sostanzialmente in linea con la tradizione patriarcale hanno precluso alle donne la possibilità di raggiungere un’autonoma soggettività politica. Il fallimento delle petizioni pro-voto, che vedono protagoniste Anna Maria Mozzoni e in seguito le giovani laureate tra le quali spicca il nome della grande pedagogista Maria Montessori, hanno dimostrato il ritardo della cultura italiana nel riconoscere alle donne il pieno godimento dei diritti politici. Dopo le strumentalizzazioni del regime fascista e la sua premiale concezione del voto amministrativo concesso solo ad alcune categorie di donne e mai di fatto esercitato e una sostanziale attenzione al ruolo delle donne come eco della politica del regime, è proprio negli anni della guerra civile resistenziale che la presenza attiva femminile nello spazio pubblico emerge con nettezza.

L’impegno delle donne nella resistenza è stato studiato da un’attenta storiografia e a La resistenza delle donne- occorre ricordarlo con soddisfazione - è dedicato un bel libro di Benedetta Tobagi pubblicato per i tipi di Einaudi che si è aggiudicato il Premio Campiello 2023.
Le donne italiane assumono un ruolo di grande rilievo negli anni della guerra civile del 1943-1945 e la loro presenza attiva, che per molti giunge inaspettata e di conseguenza si dimostra ancora più efficace, assume connotati profondamente diversi a seconda delle zone d’Italia, delle differenti condizioni e delle possibili attitudini e capacità delle protagoniste.

Molte italiane prendono parte alla lotta di liberazione in differenti forme: dall’esperienza delle staffette partigiane al coinvolgimento a vario titolo in specifiche azioni di guerriglia, imbracciando le armi, rovesciando in questo caso completamente la consolidata immagine tradizionale femminile che evoca categorie legate alla dolcezza, alla fragilità alla maternità e alla tutela della vita. Esse compiono azioni significative in nome della difesa dei valori della democrazia.
Appare anche notevolmente diffusa la partecipazione femminile negli scioperi al nord, nelle fabbriche considerati fra i primi <<atti di resistenza di massa>>. Qui le operaie fanno sentire la propria voce mostrandosi così pienamente attive nella vita economica e sociale e mettendo in chiaro la loro capacità di esprimere il dissenso nei confronti di un regime che riteneva di avere in maniera strategica acquisito il loro appoggio.

Appare ovviamente fondamentale per coinvolgere le donne nelle vicende drammatiche del presente, la grande opera di alfabetizzazione politica condotta dai partiti antifascisti e dalle organizzazioni femminili, che nascono e si riorganizzano in questa difficile situazione, grazie ad una complessa tessitura ordita dalle forze che si sono opposte al regime.

Le militanti politiche sono molto attive nel diffondere idee di impegno e di difesa della libertà fra le italiane. Tutto ciò avviene evidentemente in un contesto nel quale la lotta politica segue necessariamente i canali della clandestinità. Molte delle rappresentanti elette nelle istituzioni dell’Italia repubblicana e delle future deputate all’Assemblea costituente si formano in questo difficilissimo frangente storico. Ricordo, solo a livello di esempio, l’avvio alla militanza della giovane Nilde Iotti, che ha origine nel difficile biennio 1943-45 nell’ambito della lotta resistenziale, con una particolare attenzione rivolta al coinvolgimento delle donne a sostegno della causa della libertà politica e successivamente nell’avviamento alla partecipazione democratica delle nuove cittadine di tutte le classi sociali.

L’impegno delle donne nella resistenza ha certamente avuto dei caratteri diffusi, ma anche difformi e non sempre organici. Vi è un’esperienza fra tutte che deve essere però ricordata poiché rappresenta un vero movimento organizzato femminile, al quale per altro anche la stessa Nilde Iotti prende parte: i Gruppi di difesa della donna. Nel novembre del 1943 viene fondata a Milano un’organizzazione da parte di donne di alcuni partiti del Comitato di Liberazione Nazionale volta a coadiuvare l’azione delle donne a sostegno delle prime brigate partigiane. I <<Gruppi di difesa della donna per l’assistenza ai combattenti della libertà>> costituiscono quindi un nucleo importante dell’azione resistenziale femminile, dotata di un proprio statuto e di una propria struttura per coprire le esigenze dei combattenti mettendo in atto una forma di resistenza diffusa, non armata ma capillare, nei confronti del regime fascista e dell’occupazione nazista.

Le donne, consapevoli delle immani sofferenze che il paese sta vivendo si mettono in azione rappresentando un importante anello di congiunzione tra le tante esigenze della lotta partigiana. Tale struttura, che supera le dimensioni della forma partito e del movimento ideologicamente orientato, si organizza nelle fabbriche, nelle realtà rurali e nelle città fino ad essere riconosciuta dal Comitato di Liberazione Nazionale nell’agosto del 1944 come <<organizzazione unitaria di massa che agisce nel quadro delle proprie direttive>> e inoltre << la sola organizzazione femminile in lotta contro il nazi-fascismo>>.

La resistenza delle donne al nazi-fascismo assume però caratteri ancora più ampi in ogni zona del paese. È infatti molto diffusa un’azione di <<protezione>> nei confronti di tutte le categorie di persone a rischio nel difficile biennio della guerra di liberazione. Nonostante i divieti imposti dalle autorità e l’evidente convenienza anche economica che si può riscontrare nel denunciare evasi, militari in fuga e dissidenti politici, molte donne italiane mettono a disposizione le loro case, offrono ospitalità e si prodigano nel nascondere persone in difficoltà. Significativa è anche l’azione di “vestizione” dei militari italiani che non intendono continuare a combattere per il regime fascista dopo l’armistizio. Si improvvisano sartorie e produzione di abiti civili con ogni sorta di tessuto casalingo per offrire una nuova identità ai militari in fuga, che aderiscono alla lotta resistenziale abbandonando le fila dell’esercito regolare, che si trova diviso nella drammatica cesura seguente all’8 settembre.

Qui l’azione delle donne appare fondamentale e coraggiosa anche alla luce del decreto del 9 ottobre del 1943 emanato da Mussolini per i territori sottoposti alla giurisdizione della repubblica di Salò, che prevede la pena di morte per chiunque offra ospitalità e sostegno a evasi, prigionieri di guerra, militari appartenenti alle forze armate nemiche e dissidenti.
Si tratta di un grande momento di resistenza “involontaria”. Le donne che si prodigano nel favorire la fuga di chi vive condizioni di estremo disagio, sferzando un notevole colpo all’azione nazi-fascista di controllo del territorio, non percepiscono sempre fino in fondo la politicità della loro decisione. Dichiarano spesso di non avere fatto altro che ciò che è giusto, seguendo un registro di scelta morale delle proprie azioni, decidendo di stare dalla parte dei più deboli, prestando soccorso.

Date le circostanze, non occorre forse sottolinearlo, questa appare la più grande e la più generosa delle scelte politiche, dimostrazione del coraggio e dell’autonomia di pensiero e di azione delle donne italiane.
Il contributo delle donne italiane alla lotta di liberazione nazionale ispira il grande impegno politico che le prime elette nelle istituzioni, in particolar modo le ventuno Costituenti, hanno profuso per scrivere le regole di una democrazia sostanziale.

Nei discorsi delle Madri Costituenti il riferimento ideale ai valori della Resistenza e al sacrificio delle italiane nel biennio 1943-1945 è sempre presente e orienta fortemente il loro impegno politico.
Si ricorda a valore di esempio il discorso pronunciato da Nadia Spano l’8 marzo del 1947 per festeggiare in Assemblea costituente la prima festa internazionale della donna dell’Italia repubblicana.

<< Oggi in tutte le città e in tutti i villaggi d’Italia- afferma Spano l’8 marzo del 1947- si celebra la “Giornata della donna”. Ed è doveroso che si ricordi questa data, anche qui nell’Assemblea costituente, nell’Assemblea democratica della Repubblica d’Italia, dove le donne, per la prima volta nella nostra storia, sono direttamente rappresentate. Esse si sono conquistate questo diritto partecipando con tutto il popolo alla grande battaglia di liberazione del nostro Paese, per l’avvenire e la felicità dell’Italia. Vi hanno partecipato con quello slancio, quell’entusiasmo, quello spirito di dedizione e di ardente amor patrio, che spinse le più nobili fra di esse fino ad affrontare con semplice e sublime serenità anche l’estremo sacrificio. Giovani, anziane, madri spose e ragazze, intellettuali, operaie e contadine, esse sono le pure eroine del nostro Secondo Risorgimento; ed il loro nome sarà sempre luminosamente presente nel cuore delle donne d’Italia, che sperano e vogliono un avvenire di pace, di tranquillità, di lavoro e di benessere>>.

Con l’animo colmo di gratitudine verso queste donne e verso gli uomini che hanno messo in pericolo la loro vita per affermare i valori di libertà e di democrazia nel nostro paese, per porre fine alla guerra civile, alla dittatura e ad una barbara occupazione militare, apprestiamoci a vivere la nostra festa nazionale della liberazione, rinnovando l’impegno per far sì che la nostra democrazia, che ha radici nobili, sia sempre più progressista, più inclusiva e capace di dare voce pacificamente e liberamente a tutte le cittadine e i cittadini e a chi vive in questo paese e ambisce ad assumere la cittadinanza italiana.

Francesca Russo
 

23 aprile 2025