8 marzo 2013. Intervista a Monia Giovannetti, Comune Bagno di Romagna (FC)
di Francesca Romagnoli dal sito dell'Anci del 5 marzo 2013

“Nel nostro Paese il sistema di welfare non assicura protezione e sostegno alle lavoratrici, sempre più raramente vi sono occasioni concrete di impiego femminile in un’Italia in cui riesce a lavorare meno del 50% delle donne”. Ne parla in questa intervista l'Assessora alle Pari opportunità Comune Bagno di Romagna (FC).

“Ho sempre ritenuto l’8 marzo un’occasione per parlare di emancipazione, libertà e diritti conquistati ma inevitabilmente anche l’occasione per riflettere e rivendicare i diritti mancati, non riconosciuti, violati. Perché ritengo sia un mio problema, in qualità di cittadina e amministratrice, che la maternità non sia un diritto da tutelare ma che sia ancora considerata un privilegio da “comprimere” attraverso “dimissioni in bianco”ocontrattiche prevedono“nel caso di gravidanza la risoluzione di diritto, senza alcun compenso o indennizzo”.
Parole di Monia Giovannetti, assessora alle Pari opportunità del Comune di Bagno di Romagna (FC) che ha aggiunto: “Così com’è un mio problema, che nel nostro Paese il differenziale retributivo di genere nel lavoro dipendente sia pari al 23,3%, oppure che nelle posizioni di vertice delle aziende e delle istituzioni pubbliche gli incarichi al femminile siano una minoranza, o che se sei donna e madre la posizione di subordinazione sia maggiore. E’ un mio problema che il sistema di welfare del nostro Paese non assicuri protezione e sostegno alle lavoratrici e che sempre più raramente vi siano occasioni concrete di impiego femminile in un’Italia in cui riesce a lavorare meno del 50% delle donne”. E ha proseguito: “è un mio problema che la violenza sulle donne sia una tragedia crescente e che si sia giunti ad introdurre nel linguaggio quotidiano la parola femminicidio, una parola che le Nazioni Unite accostano all’Italia, un paese dove la violenzadi compagni, mariti o ex fidanzati rappresenta una delle prime cause di morte per le donne dai 15 ai 44 anni”.
Per Giovannetti è dunque “necessario e urgente un profondo rinnovamento culturale a partire da una rivisitazione del significato dell’essere donna ed essere uomo. Solo una sensibilizzazione diffusa, una discussione pubblica, ma anche una proposta di saperi che facciano riferimento alle differenze di genere – ha detto - possono avviare o proseguire un mutamento che è decisivo per arrivare ad una diversa qualità delle relazioni tra donne e uomini, nell’attività professionale e nella condivisione della vita quotidiana”. Sì, ma cosa serve in concreto? “Attenzione e rispetto dell’altro – ha ribattuto l’assessora - una trasformazione della cultura scolastica ed educativa da una cultura del neutro-universale in una molteplicità di proposte e di percorsi di apprendimento e scambio che sappiano testimoniare le differenze, farle convivere senza gerarchizzarle, che sappiano parlare il linguaggio dei diritti e dell’uguaglianza”. Il discorso si è fatto più ampio quando ha detto che “la cultura di genere apre alla prima e fondante differenza, scopre che l’umano non è uno. Credo – ha spiegato Giovannetti - che il passaggio veramente difficile sia dall’uno al due. Dal due al molteplice è forse più semplice, perché si è appreso che molti punti di vista, visioni e interpretazioni del mondo, modi dello stare nel mondo, possono convivere. La differenza di genere apre dunque l’accesso al mondo delle differenze, per non cercare semplificazioni ma dare spazio, consentire l’emancipazione, l’emersione della complessità. Il superamento delle asimmetrie di genere e nuovi modi di concepire la cittadinanza in società sempre più differenziate hanno bisogno di nuove parole per raccontare l’esperienza femminile. Certamente non siamo all’inizio – ha concluso l’assessora - queste parole ci sono, ma vanno consolidate e trasmesse orizzontalmente e verticalmente nella società e nelle comunità locali”.
Francesca Romagnoli

05 marzo 2013