Dobbiamo essere veramente grati a Luisa Lama, a Marisa Malagoli Togliatti ed a Livia Turco. A Luisa per il lavoro lungo, appassionato, scritto con intelletto d’amore. A Marisa perché è stato un atto di generosità mettere a disposizione di tutti noi la corrispondenza privata dei suoi genitori. Ne è valsa la pena. Emerge con grande evidenza la forte personalità di entrambi, la profondità del loro rapporto e la grande umanità che li distingue. E’ bello constatare che un così alto impegno politico sia stato arricchito anche da tanta umanità. Grazie a Livia per aver impegnato la Fondazione nel sostegno a questo lavoro di ricerca storica così ricco di indicazioni più che mai attuali e valide per il futuro.
Il libro offre moliti spunti di riflessione tutti interessanti ed è quindi difficile fare una scelta. Mi fermerò quindi brevemente sull’aspetto umano della storia di Nilde e sul suo impegno politico soprattutto nelle istituzioni.
L’amore di Nilde per Togliatti è forte ed appassionato, ma sempre attento agli altri: ne è un esempio il ricordo di Carmen. Carmen è una compagna spagnola che durante la guerra civile ha aiutato Togliatti ed ha avuto con lui una storia. Togliatti l’ha rivista a Parigi e Nilde, comprensibilmente gelosa, vuole essere rassicurata. Togliatti per farle piacere straccia l’indirizzo di Carmen ma Nilde non è umanamente insensibile e gli scrive: “Ieri tu hai stracciato per me l’indirizzo di Carmen. Il tuo gesto mi ha commosso e sconvolto, ma ho pensato con un po’ di commozione a quella donna che certo ti ha amato”. E Togliatti in risposta: “Mi è parso di aver fatto cosa crudele. Per lei un mio saluto ogni qualche mese avrebbe portato, non credo gioia ma una dolcezza mista di rimpianto”. Delicatezza e rispetto anche nei rapporti con Rita Montagnana, la prima moglie di Togliatti. Nilde:” Rivedo ad ogni istante lo sguardo che tua moglie mi ha lanciato quando sono uscita dall’Aula. Perché ti ho amato e mi hai amata? Ne avevamo il diritto?” Attenzione per Aldo il figlio di Togliatti e per la sua malattia. Alla morte di Palmiro Nilde manda a Natta perché lo dia ad Aldo il libretto di risparmio comune presso la sede del Banco di Napoli della Camera dei Deputati e Si occupa della possibilità di Aldo di avere la pensione di reversibilità del padre. Vi è quindi la forza generosa di un rapporto che loro sanno “ farà sanguinare mani e piedi” ma che non li farà mai deflettere dalla fedeltà piena ai propri ideali.
Una cosa che mi ha colpito molto è la profondità con cui ambedue vivono il tema della solitudine: situazione più diffusa di quanto si immagini tra i politici. Nilde:” se tu sapessi quanto sforzo devo fare per parla redi me, forse perché c’è sempre stata solitudine intorno a me”. Togliatti:2 riposo oggi solo con i miei sogni chi sei tu? Chi ti apre il cammino ai segreti della mia vita?”. Non quindi una qualsiasi vicenda romantica ( non mi sono piaciuti i cuoricini di garofani di qualche giornale), ma due rivoluzionari, due protagonisti del cambiamento del nostro Paese che vivono il loro rapporto con profonda ed intensa interiorità. Nilde: “ per la prima volta non sono stata più sola e ho sentito cadere le sbarre della mia prigione come per incanto”. Un rapporto di amore quindi che non li porta a rinchiudersi in se stessi ma che li fa più liberi, più forti, più attenti agli altri ed ai loro ideali. Nota Luisa Lama:” il nemico più agguerrito di Nilde non è tanto il rancore di una moglie tradita o l’affetto per un figlio infelice, ma il partito” non tanto per gli ostacoli che frappone (autorizzazione a vivere insieme, ostacoli alla ricandidatura di Nilde, spostamento del collegio da Reggio Emilia a Bologna) ma per la scelta di vita nel senso amendoliano del termine che avevano fatto. Del resto Nilde, quando le propongono di lasciare l’impegno politico per dedicarsi unicamente a Togliatti rifiuta: “ Non potrei essere diversa da quella che sono”. Sapevo che la Jotti aveva pagato un caro prezzo umano e politico per il suo rapporto con Togliatti, ma non credevo che tale prezzo fosse stato così caro.
Oltre alle pagine tormentate ci sono le pagine belle e ricche di gioia che coincidono con l’arrivo di Marisa. Nilde:” Quando parlo di Marisa e dico mia figlia, lo dico perché è mia figlia. Su questo non vi è alcun dubbio: è con Marisa che si sentono finalmente famiglia. E’ con Marisa che scopriamo un Togliatti “tenero protettivo”. E’ Marisa che “dà molto allo zio Palmiro”. E’ Marisa che dà a Nilde affetto fino alla fine e che l’ha resa nonna di due nipotini.
Il libro si legge con grande interesse e commozione dal Prologo all’Epilogo che sono fra le pagine più belle forse perché scritte (così credo) di getto: dalle 583 lire di pensione di papà Egidio Jotti, cacciato dalle ferrovie per ”scarso rendimento” in realtà perché antifascista all’incontro fra il vecchio monaco Dossetti nell’Abbazia di Monteveglio e la Presidente Jotti per difendere la Costituzione che insieme avevano contribuito a scrivere.
Un solo rilievo: il libro è pervaso da una logica conflittuale, quella che, ai miei tempi, definivamo da Ghibellini e Guelfi. La situazione all’Assemblea Costituente era molto più articolata e complessa e le differenze di opinioni non passavano solo fra i partiti ma anche e profondamente all’interno dei partiti. Più avanti lo vedremo. Non sto certo cercando di ridimensionare al figura e il ruolo della Jotti, ma anzi di farne emergere tutta la forza culturale e politica. E’ infatti molto più facile “ schiacciare” l’avversario mentre occorre prestigio ed autorevolezza per fare emergere le posizioni migliori cercando punti di sintesi e passando attraverso le contraddizioni interne del proprio e degli altri gruppi. Un’altra constatazione: Luisa Lama compie uno sforzo notevole per contestualizzare il lavoro di Nilde facendo emergere la situazione di sfondo nel quale esso avveniva, cioè la situazione politica interna ed internazionale , le vicende dei partiti, i movimenti culturali, gli avvenimenti della Chiesa Cattolica. Ma non si può essere tuttologi. Una cosa è contestualizzare, l’altra giudicare e certi giudizi a me sembrano immotivati ed immeritati. Si può, ad esempio, essere critici sulla vittoria della DC nel 1948, ma non si può assolutamente dire che essa costituì un pericolo per il sistema democratico del nostro Paese.
Ma ritorniamo a quello che è l’oggetto della nostra riflessione: il ruolo di Nilde nelle istituzioni repubblicane. Venerdì 26 luglio 1946: prima riunione della prima Sottocommissione della Commissione dei 75. Tupini viene eletto Presidente, la Jotti, parlamentare più giovane, Segretario. Nell’introdurre i lavori Tupini si augura che la Sottocommissione operi in concordia e con forte spirito di collaborazione. Interviene Concetto Marchesi notando che fra i componenti vi sono forti divergenze ideologiche e quindi il percorso non farà agevole. Incontriamo in quella e nelle sedute immediatamente seguenti tre interventi molto belli di Togliatti. Il primo lo definirei “prammatico”: consiglia di partire dai punti di accordo e di isolare e discutere successivamente le questioni sulle quali vi è disaccordo. Il secondo è di carattere politico: è vero – nota Togliatti – siamo portatori di ideologie diverse ma abbiamo esperienze politiche comuni (l’antifascismo e la resistenza) nonché un obiettivo comune (porre le basi di uno Stato democratico nel quale non possano più ripetersi tragedie tipo quelle causate dal nazismo e dal fascismo). Il terzo è un intervento che vorrei definire etico: siamo uomini di dottrina che discutono in buona fede – nota Togliatti – e quindi un punto d’incontro deve esserci. Leggendo quest’ultimo intervento ho pensato alle varie Commissioni interparlamentari per la riforma della Costituzione che si sono succedute nel tempo, soprattutto alla Commissione D’Alema che ho seguito più da vicino perché, a quel tempo, ero Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera. Quanti uomini di dottrina che discutevano in buona fede c’erano in quella Commissione? Non credo davvero molti. Sfogliando gli atti parlamentari relativi alla prima Sottocommissione balza agli occhi che, fra tutti i componenti, sei di essi(tre del PCI e tre della DC) avevano un ruolo-guida. Si tratta di Togliatti, Jotti e Concetto Marchesi per il PCI e di La Pira, Dossetti e Moro per la DC. Il clima fra di loro era ottimo e in una intervista della Jotti che purtroppo non sono riuscita a ritrovare, la Presidente ricorda che, a fine seduta, avevano l’abitudine di trattenersi a chiacchierare fra di loro per commentare i risultati raggiunti e cominciare ad affrontare in via informale i problemi ancora non risolti. Come figlia di due costituenti (anche se a quell’epoca avevo soltanto dieci anni) ricordo benissimo che i miei genitori parlavano di questo clima nel quale la diversità delle idee non era fonte di inimicizia e la volontà di collaborazione era forte e sincera. Del resto – e l’ho già accennato prima – la differenza di idee passava anche attraverso i gruppi dello stesso partito. Fermandoci a considerare il problema della famiglia, importantissimo per la DC, e sul quale la Jotti, come relatrice ha avuto un ruolo determinante, devo dire che condivido pressocchè totalmente quanto da lei affermato, mentre non condivido affatto le posizioni espresse dal relatore DC Camillo Corsanego. Dello stesso parere erano i miei genitori, le colleghe di mia madre e molti altri parlamentari democristiani tanto è vero che il testo definitivo ha recepito totalmente la posizione Jotti e che, confrontando tale testo con gli articoli della riforma del diritto di famiglia del 1975 (anch’essa votata da ambedue i partiti) salta all’occhio la sua perfetta aderenza con le affermazioni della Presidente. Anche per quello che riguarda la presenza delle donne in magistratura condivisibile fino in fondo la posizione favorevole della Jotti che contrasta il diniego del democristiano Leone. Va detto, per completezza di indagine che, negli anni successivi, Leone – che è stato mio splendido professore di Procedura Penale all’Università di Roma) aveva completamente cambiato idea. Molte cose ancora ci sarebbero da notare sul pensiero della Jotti relativo alla famiglia anche sull’estremo equilibrio con il quale affronta i temi delicati del divorzio e dell’aborto. Per concludere su questo punto voglio ricordare una sua positiva intuizione: “ non siamo di fronte all’estinzione della famiglia – essa nota – ma al superamento di un certo tipo di famiglia, ad una trasformazione che esalta i valori di libertà e di moralità.
Prima di concludere una breve osservazione su un tema che nella vita e nell’azione di Nilde, e naturalmente nel libro di Luisa, è stato essenziale: quello della condizione delle donne alle quali con il suo impegno ha cambiato la vita. “Tutta la nostra azione – scrive Nilde – deve tendere a creare nelle donne la coscienza dei propri diritti”. Quindi non solo leggi ma cultura, costume, crescita, consapevolezza, impegno. Quindi donne protagoniste della conquista della propria libertà, non oggetto di politiche di tutela ma soggetto politico di cambiamento.
Grazie quindi a Luisa: c’è un ampio spazio per un altro libro che mi auguro voglia scrivere. C’è da approfondire il tema della Jotti legislatore costituente, andando al di là dei lavori della prima Sottocommissione e della Commissione dei 75: si tratta di una ricca miniera con un materiale da far emergere ricco ed attuale. Ci sono da considerare i tredici anni di Presidenza della Camera, preziosi in un momento in cui il Parlamento è obiettivamente marginalizzato e la conversione dei decreti legge da eccezione rischia di diventare la regola. Ci sono da rileggere i lavori della Commissione per le Riforme Costituzionali presieduta dalla Jotti. Lettura preziosa in questo momento di ubriacatura presidenzialista e semipresidenzialista. In questo lavoro che mi auguro voglia intraprendere, Luisa avrà accanto a sé le compagne e le amiche della Fondazione Jotti e soprattutto la nostra Presidente Livia Turco.
Vorrei concludere con un ricordo che può sembrare solo triste ma che è segno di speranza e di impegno. Molti di noi erano davanti al Palazzo di Montecitorio ed in piazza il giorno del funerale della Jotti. Una cerimonia semplice e solenne. Gli interventi di vari autorevoli amici. L’ultimo del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che le voleva molto bene. Mentre la bara cominciava ad allontanarsi da Montecitorio, Scalfaro la salutava dicendo: “ Presidente Jotti la sua Presidenza continua”. Ed il lavoro di Luisa, quello della Fondazione Jotti vuole essere un tentativo di realizzare questa continuità. Non quindi una commemorazione, ma un impegno ed un progetto politico. Non una ripetizione di cose anche ottime già fatte, ma una dinamica attualizzazione di idee, di forza, di stili di vita e di impegno politico che son o sostanza di democrazia. Alla Jotti vogliamo molto bene proprio perché ci dà la possibilità di impegnarci per cercare di realizzare, per il nostro Paese, un futuro più giusto, più libero e più uguale.
Rosa Russo Iervolino
07 settembre 2013