Ma se non possiamo dire che siano solo la gratitudine e l’interesse a portare in primo piano le donne della destra, dobbiamo fare altri ragionamenti, sia pure imbarazzanti e scomodi per una cultura femminile e femminista che ha creduto quarant’anni fa di poter ridefinire la politica sulla base di tutto ciò che è stato considerato “non politico”: il corpo, la sessualità, la maternità, la cura della famiglia, ecc.
Il dibattito che ha preceduto e fatto seguito alla grande manifestazione -“Se non ora quando?”- del 13 febbraio 2011 aveva messo al centro, semplificandolo o vedendone la complessità, il tema sesso-denaro-potere-carriere, a partire dalla folta schiera femminile che si aggirava intorno all’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Le divisioni, anche all’interno del movimento delle donne, chiamato alla protesta di piazza dalle forze politiche e dai media più impegnati nella campagna contro il premier, non erano mancate. C’era chi si batteva in nome della “dignità” offesa delle donne -escort, veline o ex-veline, amanti, ecc- messe dal Capo a coprire ruoli istituzionali-, e chi riteneva, vedendo riaffiorare in questo il vecchio moralismo di stampo maschile che ha diviso le donne in “madri” e “puttane”, donne per bene e donne per male, che si dovesse invece approfondire lo scambio tra “sessualità/denaro/doni” che è sempre stato presente nel rapporto tra i sessi, nel matrimonio come nella prostituzione. Incanalare un tema così carico di storia e di cultura nell’antiberlusconismo avrebbe voluto dire ancora una volta affossarlo, sottrarlo alla scena pubblica e a una riflessione adeguata.
E così purtroppo è avvenuto. Di tanto furore di piazza non sono rimaste che eco attutite in una campagna sempre meno incisiva sulla rappresentanza femminile, sulle quote, sul “talento” sprecato delle donne. Quella che invece non sembra essere mutata è la presenza femminile rilevante intorno a Berlusconi, alle sue vicende politiche e giudiziarie. Tutto uguale dunque? Non direi. Il fatto che sul nuovo corso, cominciato per Berlusconi dopo la sconfitta elettorale, la ripresa dei processi a suo carico, l’esibizione di una “normale” vita di coppia con la giovane fidanzata, sia calato il silenzio di voci femminili e femministe, ne è la prova.
Chi si ricorda più delle “olgettine”, delle figuranti nelle serate ad Arcore di “burlesque” e di “bunga bunga” quando ci troviamo davanti nei quotidiani e ripetitivi dibattiti televisivi la presenza rilevante, per numero e per passione, di parlamentari e ministre della destra berlusconiana? Possiamo dire ancora che sono lì solo per i favoritismi del Capo, per le relazioni più o meno intime che hanno avuto con lui? E’ vero che spesso le sentiamo ripetere parole e ragionamenti diventati di repertorio nella difesa del Cavaliere “perseguitato”, ma non possiamo negare un protagonismo e una passione che sembrano mancare alle donne di altre formazioni politiche. Penso in particolare al Pd, ipnotizzato com’è dalla schermaglia più o meno astiosa tra i concorrenti alla leadership del partito, da cui le donne sembrano essersi ritratte, forzatamente ricondotte a spettatrici di una politica di vertice “separata” oggi dai suoi stessi militanti.
Ma se non possiamo dire che siano solo la gratitudine e l’interesse a portare in primo piano le donne della destra, dobbiamo fare altri ragionamenti, sia pure imbarazzanti e scomodi per una cultura femminile e femminista che ha creduto quarant’anni fa di poter ridefinire la politica sulla base di tutto ciò che è stato considerato “non politico”: il corpo, la sessualità, la maternità, la cura della famiglia, ecc. Sia pure in modo deformante, malato, conforme a modelli di potere noti, di classe e di sesso, Berlusconi ha portato dentro la politica il privato, fino a far coincidere le istituzioni con la sua persona, le leggi con i suoi interessi; ha aperto le stanze dove si decidono i destini di una nazione ai suoi intrattenimenti erotici, ha spettacolarizzato il suo corpo a fini elettorali, ha ricompensato generosamente compiacenze e attenzioni quasi materne da parte di donne e uomini con doni e denaro.
Cancellati i confini che hanno per millenni separato la polis dalla sfera personale, dalla vita intima, cambiato il volto e il linguaggio della politica per dare corso a sentimenti, emozioni, fantasie, sberleffi infantili, finora tenuti rigorosamente fuori dalla scena istituzionale, come potevano le donne non essere tentate di farvi ingresso, sia pure con quello stesso rapporto ambiguo di “serve/padrone” che hanno avuto finora negli interni delle case e delle famiglie? Dire che la femminilizzazione della destra ha eclissato il conflitto tra i sessiè quasi un eufemismo. Bisogna ammettere che, sia pure sotto forme discutibili, tutte interne a una millenaria “complicità” femminile nei confronti del potere, ha acceso passioni, nutrito competenze, consolidato fedeltà a oltranza, che al presente non si riscontrano altrove. Possiamo pensare che non è questa la rivoluzione delle coscienze che doveva riscoprire la politicità della vita personale, a partire dai ruoli considerati “naturali” del maschile e del femminile”, possiamo dirci che c’è mancanza di autonomia di giudizio, subalternità al ruolo che l’uomo ha assegnato alla donna. E’ per questa imbarazzante consapevolezza che è calato tanto silenzio sulle piazze del 13 febbraio 2011?
Lea Melandri (Corriere.it, 9 ottobre 2013)
09 ottobre 2013