L'arretratezza del paese è legata anche, come ci dicono molti indicatori, all'esclusione delle donne dallo spazio pubblico, dall'economia, al lavoro, alle istituzioni
Nelle scorse settimane la discussione sulla riforma elettorale è entrata nel vivo: i tempi rapidi a cui stiamo sottoponendo la nostra discussione sono forse necessari, ma altrettanto essenziale è approvare un testo che rispetti il dettato di una sentenza storica della Corte Costituzionale e che risponda ad alcuni rilievi politici di fondo. La posta in gioco è la possibilità di ricostruire un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori, invertendo una tendenza progressiva in atto verso il populismo e l'antipolitica ed assicurando un giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità.
La nostra battaglia per la democrazia paritaria sta qui: non si tratta di una rivendicazione di tutele corporative a difesa dei più deboli, ma un'idea inclusiva e più forte della cittadinanza, in cui uomini e donne condividono insieme lo spazio pubblico ed il governo delle istituzioni, per una politica capace di assumere il punto di vista delle donne italiane cambiando l'economia, il lavoro, la società. Sotto questi aspetti la proposta di riforma elettorale è deludente e chiediamo che sia cambiata nella discussione parlamentare.
Il fatto che le liste debbano essere formate in modo tale che nessun genere debba essere rappresentato in misura superiore al 50 per cento rischia di essere una pura affermazione di principio, dal momento che uno dei due sessi potrebbe, in teoria, essere collocato sistematicamente in fondo alle liste e l'effetto sarebbe un parlamento con una scarsissima presenza femminile, inferiore a quella attuale. Sarebbe un danno per la capacità rappresentativa delle istituzioni.
Sia che prevalga la scelta dei collegi, sia che prevalgano le preferenze, sia che si scelgano le liste bloccate, possono essere sempre individuate regole per la parità, come ci indicano le oltre 50 associazioni che hanno sottoscritto l'accordo per la democrazia paritaria. Il testo che verrà discusso in Assemblea prevede di fatto liste corte e bloccate ed i nostri emendamenti sottoscritti da un fronte vastissimo di parlamentari, appartenenti a quasi tutti i gruppi (Pd, Ncd, Sel, Ppi, Sc, Fi, Misto-psi, tranne Movimento 5 stelle e Fratelli d'italia), sono concentrati sostanzialmente su due richieste: alternanza nelle liste e norme antidiscriminatorie nella scelta dei capilista.
Per quanto ci riguarda, la nostra posizione è rafforzata anche da un ordine del giorno votato in direzione nazionale del Pd che chiede l'inserimento di norme antidiscriminatorie nella legge elettorale. Ora lavoreremo affinché su questi emendamenti si possa discutere e poi votare in modo palese: vorremmo che chi è contrario lo dichiarasse a viso aperto, per poterci confrontare con ragioni ed argomenti in modo pubblico.
Abbiamo visto in questi giorni convulsi e caotici di aggressione alle nostre istituzioni, quanto sia forte il nesso tra arretratezza della concezione democratica ed insulti sessisti, rivolti alle parlamentari e alla Presidente della Camera in quanto donne. Abbiamo visto con quanta facilità emerga una concezione della presenza femminile nelle istituzioni come in fondo non legittimata, abusiva: «Siete li solo perché avete fatto servizi sessuali». È la negazione in radice del fatto che una donna possa compiere un percorso politico basato sul merito e sulla competenza, riguarda e svalorizza tutte, cancella la possibilità di ciascuna di poter svolgere con capacità ed onore il proprio incarico.
La nostra battaglia per la democrazia paritaria è una scelta chiara a favore della rappresentanza di tutti, cittadini e cittadine. Il Parlamento, come sempre, sarà chiamato a trovare un punto di equilibrio tra diverse idee e diversi interessi. L'arretratezza del paese è legata anche, come ci dicono molti indicatori, all'esclusione delle donne dallo spazio pubblico, dall'economia, al lavoro, alle istituzioni.
Rimuovere le cause di una tale marginalizzazione significa rispondere ad una domanda di qualità della democrazia e di sviluppo civile, sociale ed economico del paese, nel segno dell'articolo 3 della nostra costituzione e dell'articolo 51, laddove afferma che compito della Repubblica è promuovere con appositi provvedimenti le pari opportunità. Non possiamo davvero mancare l'occasione della nuova legge elettorale e mi auguro che questo Parlamento, quello con la più alta percentuale di elette nella storia della Repubblica, saprà davvero fare la differenza.
Roberta Agostini
05 febbraio 2014