Più donne nell'industria
di Rosalba Reggio, dal Sole 24 Ore del 19 settembre 2011

Diminuisce, anche se lentamente, il gap tra uomini e donne occupati. Ma perché questa tendenza possa incrementarsi sono indispensabili politiche dirette alla maggiore occupabilità delle donne: dalla diffusione del part-time allo sviluppo di servizi di welfare dedicati alla conciliazione tra tempi di lavoro e famiglia. In un contesto di risorse pubbliche sempre più ridotte, è importante promuovere spazi di sussidiarietà per rispondere a queste esigenze.

Un piccolo passo alla volta. È lento e difficile il percorso delle donne italiane verso la parità di condizioni nel mondo del lavoro. Nell'ultimo anno – a giudicare dai dati forniti da Unioncamere-ministero del Lavoro (sistema informativo Excelsior) – le previsioni di assunzione delle imprese hanno visto crescere la richiesta di donne di quasi un punto percentuale. Poco certo, ma come direbbero i mercati trend is my friend.
Con un'ottica di maggior periodo, infatti, i risultati sono più evidenti. «La quota di assunzioni femminili sul totale, tra il 2003 e il 2010 – spiega Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere –, dovrebbe essersi innalzata strutturalmente di circa tre punti. È un capitale importante, su cui dobbiamo costruire perché il rilancio dell'Italia passa necessariamente dal maggior coinvolgimento delle donne nel mondo produttivo, nel lavoro come nell'impresa».
Guardando ai dati assoluti (di previsione di assunzioni per il 2011) si conferma la presenza forte delle donne (83.570) rispetto agli uomini (76.980) nei servizi. Proprio in questo settore tipicamente femminile, però, si registra un rallentamento di crescita della quota rosa "giustificato" da un sensibile rialzo di richieste di uomini. Ancora poco presenti nell'industria (23.760 richieste rosa, rispetto alle 150.070 degli uomini), le donne registrano però un buon incremento di richieste rispetto allo scorso anno. In generale, insomma, la ricerca di personale si orienta in modo crescente verso un genere piuttosto che un altro, mentre diminuiscono le richieste di lavoro indifferenziate.
Analizzando la presenza di entrambi i generi in base alla dimensione dell'impresa, si scopre che in quella piccola (1-9 dipendenti) si esprime più spesso la preferenza (49,9% uomini, 23,7% donne, 26,4% irrilevante). Più l'impresa è grande, infatti, e meno conta la differenza di genere: nelle aziende con più di 500 dipendenti, per esempio, nel 76 per cento dei casi la richiesta di lavoro è indifferenziata. Se si considera che la maggioranza delle imprese italiane è piccola, si capisce quanto ci sia ancora da fare in termini di pari opportunità.
Entrando nel dettaglio delle professioni, il genere femminile è molto richiesto nel settore del tessile, dell'abbigliamento e delle calzature, in quello del commercio al dettaglio, dei servizi turistici e di ristorazione, degli studi professionali. Per non parlare dell'istruzione, dove le richieste si orientano verso le donne per il 30,8% del totale. «Le variazione di genere che abbiamo verificato dal nostro personale punto di osservazione – spiega Danilo Guglielmetti dell'agenzia per il lavoro Gi Group –, è legata alla ripresa di alcuni settori che sono orientati su un genere o sull'altro. In sostanza, sono aumentate le richieste di lavoro in alcuni settori del manifatturiero a prevalenza maschile. Come sono tornate le richieste dell'area amministrativa a prevalenza femminile. Al contrario, la ripresa delle assunzioni nei call center ha alimentato richieste indifferenziate di personale. Se un genere, dunque, è stato più richiesto dell'altro, per noi è dipeso dalla ripresa del settore piuttosto che da un vero e proprio trend».
Posizione confermata da Adecco che fa sapere che nelle città si registrano trend diversi in base alle offerte di lavoro: sono donne, per esempio, il 59% degli inseriti a Roma, il 56% a Venezia, il 55% a Firenze; ed è maggiore la percentuale di donne inserite in altre città della Toscana e in Liguria. In Valle d'Aosta il dato è superiore al'81%, mentre a Milano è intorno al 52%. Numeri che dimostrano che qualcosa sta lentamente cambiando.
«Perché questa tendenza possa incrementarsi – conclude Dardanello – sono indispensabili politiche dirette alla maggiore occupabilità delle donne: dalla diffusione del part-time allo sviluppo di servizi di welfare dedicati alla conciliazione tra tempi di lavoro e famiglia. In un contesto di risorse pubbliche sempre più ridotte, è importante promuovere spazi di sussidiarietà per rispondere a queste esigenze».

Rosalba Reggio

19 settembre 2011