Immigrazione e integrazione. Multiculturalismo e assimilazionismo non bastano più di Livia Turco

Di fronte al tormentato quadro internazionale  ed al continuo sbarco di persone credo sia doveroso porsi gli interrogativi più difficili, coniugare lo sforzo dell'emergenza con la definizione del futuro possibile ed auspicabile. Tra gli interrogativi cruciali vi è il seguente: come stiamo insieme noi e loro, come costruiamo l'Italia e l'Europa della convivenza che coniughi l'unità nella diversità? Insomma, quale Italia e quale Europa vogliamo costruire per il futuro?

Sappiamo di non poterci ispirare a modelli che, se sono stati efficaci in passato, ora rivelano la loro profonda insufficienza: multiculturalismo ed  assimilazionismo. L'Unione Europea ha indicato la strada della intercultura, della interazione, ma tale indicazione ha prodotto linee guida, indirizzi in taluni settori come la scuola, ha animato esperienze ma non ha inciso sulla concezione della cittadinanza e della nazionalità, non ha prodotto un nuovo  modello di convivenza. Cosa significa cittadinanza plurale? Nazione plurale?   Si può dare una risposta a questo interrogativo definendo un modello nuovo di convivenza sia a partire da studi e dibattiti che sono accumulati nel tempo sia attraverso le tante esperienze concrete cresciute sui territori. Sarebbe utile ed importante che il Governo istituisse un Tavolo della Convivenza radunando forze intellettuali e sociali per definire le linee di un modello e proporlo al dibattito pubblico per  costruire politiche condivise.   Un punto mi sembra fondamentale. L'intercultura intende superare la unilateralità di ciascun modello fin qui sperimentato ed assume come punto di partenza che la persona immigrata debba conoscere,condividere e praticare la lingua,le regole ed i valori del paese ospitante. Ma questo non è sufficiente non solo perchè mutila la persona immigrata di una parte della sua personalità ma occulta una ricchezza per la società e per ciascuno di noi che è il rapporto con l'altro e dunque la sua storia, la sua cultura d'origine, il suo bagaglio di conoscenze..Il tema è come può avvenire la contaminazione tra culture, inteso come arricchimento reciproco non solo nella vita individuale ma nella società e nella polis, portando ad un arricchimento  dei valori e della cultura del paese ospitante.Tema tante volte enunciato ed anche dibattuto ma che ha avuto scarsi esiti concreti. Ora non è più rinviabile.   Il tema è come garantire i diritti fondamentali della persona,esigere pari doveri,ed al contempo garantire  uno spazio pubblico in cui i soggetti  portatori di una identità culturale diversa da quella del paese ospitante possano mettere a confronto le loro rispettive posizioni in modo pacifico,e soprattutto possano trovare il consenso attorno ai limiti entro cui possono esprimerle.L'accettazione da parte di chi è portatore di una particolare cultura del nucleo fondamentale di valori del paese ospitante è la soglia al di sotto della quale non è possibile accogliere alcuna legittima richiesta di riconoscimento a livello istituzionale,cioè pubblica,di quella cultura.. Al di sopra di quella soglia il compito da assolvere da parte delle istituzioni e dei corpi intermedi è quello di discernere ciò' che di una cultura è tollerabile, da ciò che è rispettabile, da ciò che è condivisibile e dunque essere accolto da nostro ordinamento.      La strada da seguire credo sia quella della integrazione politica, vale a dire promuovere il coinvolgimento attivo delle persone immigrate nella polis per sollecitarle ad assumersi delle responsabilità verso la vita della comunità.Costruire insieme degli obiettivi comuni per migliorare la vita della comunità. Attraverso la discussione pubblica ed il reciproco confronto in cui ciascuno porta il suo patrimonio di valori ed il suo differente punto di vista.Lo sottopone al dibattito pubblico ed al setaccio dei valori irrinunciabili per arricchirli e per costruire nuove sintesi sui temi concreti del governo della comunità. Mi pare sia questo il modo maturo di intendere la laicità e la cittadinanza ,che dovrebbe essere il Foro attraverso cui le differenze culturali diventano una ricchezza  perchè si mettono a disposizione non solo per avere un riconoscimento ma perchè  partecipano alla definizione condivisa di valori comuni..Che saranno così più ricchi e diversi. Penso a come sarebbe più ricco un percorso scolastico se  fosse per tutti interculturale, se religioni e culture dei migranti che vivono con noi fossero conosciute dagli italiani  e diventassero parte di una cultura comune e condivisa. A come sarebbe più ricca la vita dei nostri quartieri se abitudini e pratiche di vita diverse dessero vita a momenti pubblici di divertimento,incontro e dibattito.   D'altra parte la funzione integrativa e di costruzione della comunità è il senso più profondo e nuovo che assume oggi la cittadinanza. Non solo riconoscere pari diritti e pari doveri ma coltivare un senso di comunità ed uno scopo comune. La cittadinanza è un  foro  interiore e di pratica pubblica  dove le persone trascendono le loro differenze e pensano al bene comune di tutti i cittadini. Ma per fare questo ci deve essere uno spazio pubblico in cui tutte le differenze culturali possano tra loro dialogare e dove tutti siano chiamati all'esercizio della democrazia.Le persone immigrate devono essere coinvolte nella dimensione pubblica,non essere considerate  e valutate come semplice forza lavoro, ma, persone, con diritti e doveri e con la possibilità di esercitare la partecipazione politica.   Livia Turco (da L'Unità, 18 dicembre 2015)

20 dicembre 2015