Lavorare con le donne immigrate per evitare altre Colonia di Roberta Agostini

Ho letto il bel post che Livia Turco ha scritto sull'Huffington in merito ai fatti accaduti a Colonia, condivido la sua lettura e ritengo importante raccogliere l'invito a costruire un percorso di lavoro e di relazione con le donne immigrate.

Le aggressioni di Capodanno a Colonia chiedono una riflessione seria sul tema della libertà e dei diritti delle donne e, insieme, sulle politiche di accoglienza e di integrazione. 


L'Europa è di fronte ad un quadro complesso, nel quale rischiano di inserirsi terrorismo e fondamentalismo, in cui flussi migratori imponenti e strutturali, causati da povertà e guerre, si intrecciano con la crisi del modello sociale europeo.La risposta della chiusura delle frontiere, dello scontro di civiltà, di una presunta incompatibilità radicale tra "noi" e "loro" é, io credo, sbagliata ed inadeguata.

Come ci ricordano Wlodek Goldkorn, in un articolo pubblicato dall'Espresso e la blogger Giulia Blasi, c'è stato un tempo in cui in Iran ed in Afghanistan le donne andavano in giro a volto scoperto e frequentavano le università, l'emancipazione femminile nel mondo arabo è andata di pari passo con il nazionalismo arabo e con il panarabismo, poi fallito, portando agli esiti che conosciamo.

Non entro nel merito, ma io credo che il cuore vero della sfida sia al contrario quello di una maggiore integrazione politica e della costruzione di vere istituzioni sovranazionali, sfida che anche i partiti della sinistra e del socialismo europeo dovrebbero raccogliere con maggiore forza.

Come dice bene Livia, per costruire la nostra sicurezza "dobbiamo costruire l'Europa abitata da europei ed europei con il trattino che si innamorano dei nostri valori e rispettano le nostre regole". L'Europa conviene alle donne, come abbiamo tante volte discusso in iniziative promosse dalla Fondazione Iotti, e come abbiamo cercato di portare avanti nel lavoro con le donne del PSE.

E cosí come non ci sono letture semplificate nè ricette precostituite per affrontare il tema dei diritti e del ruolo delle donne nel mondo arabo, di una vera e propria guerra che il fondamentalismo islamico (e non solo quello) ha dichiarato contro la libertà ed i diritti delle donne, sappiamo anche che il problema del rispetto delle donne e del dominio maschile non è appannaggio esclusivo del mondo musulmano.

Nel 2014 in Italia 152 sono state le vittime di femminicidio, di cui 117 uccise in ambito familiare dal marito, compagno o convivente italiano, numeri che rivelano che il problema della libertà femminile riguarda anche noi, italiane ed europee. Ad esempio, una battaglia è in corso in Germania per cambiare la legge contro la violenza sessuale, dove l'art. 177 del codice penale stabilisce che per condannare il violentatore la vittima deve provare di aver opposto resistenza. Motivo per cui sono tanti i violentatori che la fanno franca e, ovviamente, sempre meno le donne che decidono di denunciare.

Il rischio è che il maschilismo ed il sessismo di chi è stato protagonista dei fatti di Colonia si incontri e si sommi con il sessismo ed il maschilismo nostrano.

Ma per non cedere alla paura, alla chiusure, all'ideologia dello scontro di civiltà, sono necessarie politiche concrete che mettano in campo i principi che costituiscono la cifra dell'Europa: una cultura condivisa sul terreno del rispetto dei diritti fondamentali a partire da quelli delle donne, il rispetto del pluralismo e regole per la cittadinanza e l'inclusione politica e sociale. E sono necessari i soggetti, le persone in carne ed ossa che siano protagoniste di tali politiche.

La partecipazione delle donne straniere ed immigrate è condizione per un cambiamento virtuoso, cosi come il loro impegno politico, culturale, economico: l'anello forte della civile convivenza, come abbiamo detto tante volte, e come abbiamo sperimentato in moltissime esperienze, a partire dagli enti locali. Ed io accolgo l'appello di Livia a costruire un percorso di lavoro insieme alle principali associazioni di donne immigrate e non solo per aprire la discussione sul modello di integrazione che vogliamo per l'Italia e per l'Europa, convinta che fare rete e valorizzare le differenze sia la nostra forza. Da qui possiamo e dobbiamo partire per promuovere una nuova politica dell'integrazione.

Roberta Agostini

Deputata Pd e coordinatrice nazionale delle Democratiche

Pubblicato su Huffington Post il 17 gennaio 2016

20 gennaio 2016