Dopo Roma e Siena, quella straordinaria mobilitazione di donne (e di uomini) continua: segno e segnale di una società consapevole ed esigente, che soffre dello spreco delle intelligenze e del merito, dell' ininfluenza del valore dell'impegno e della responsabilità, della mancanza di legalità, dell'occupazione della lottizzazione dei partiti nella sfera pubblica, della barbarie nelle relazioni umane e dello strapotere degli interessi privatistici nelle relazioni sociali, dell'aumento dei privilegi e dello snaturamento dei diritti e delle libertà.
«Se non ora quando?» sta dimostrando di essere più che un ennesimo contenitore - di cui non si sente assolutamente il bisogno - un catalizzatore di esperienze, pratiche, confronto. Anche al San Camillo, un grande ospedale di Roma, un gruppo di operatrici e operatori ha deciso di ricominciare, a partire dai temi della salute, per agire nella sanità pubblica come consapevoli testimoni dei valori costituzionali. Di fronte alla crisi attuale, le scelte del governo rilegittimano ricette fallimentari, producono una spirale perversa di mancanza di crescita e aumento del debito e svuotano principi, diritti e conquiste che sembravano irrinunciabili. L'Europa vive il paradosso più devastante: per difendersi, distrugge le sue fondamenta, il modello sociale di welfare. L'accanimento contro il pubblico - considerato un costo e non motore di sviluppo - rimuove non solo le valenze etiche del sistema di protezione sociale ma anche le sue funzioni democratiche di costruzione di cittadinanza, di coesione sociale.
Per la sanità pubblica il processo di depauperamento delle risorse e privatizzazione dei servizi non garantisce più gli stessi livelli essenziali di assistenza, con un aumento delle disuguaglianze nello stato di salute della popolazione e nei risultati di salute dei percorsi assistenziali. Di fronte ai piani di rientro - fatti più per il rientro delle banche che per superare i vizi e gli errori del nostro sistema sanitario - la stessa autonomia dei governi aziendali rimane poca cosa, lasciando gli operatori soli nel quotidiano rapporto con le persone malate, subendo le logiche dei tagli lineari nei carichi di lavoro sempre più insostenibili, facili prede della cosiddetta medicina difensiva, ricattati dalla paura di perdere il rinnovo del contratto di lavoro precario o spinti a cercare protezioni più lobbistiche che rispettose del merito e della loro professionalità. Di fronte a questo smarrimento e sfiducia, noi ci auguriamo che il gruppo del San Camillo si diffonda nelle corsie degli altri ospedali, negli altri servizi, perché se per la sanità pubblica il tempo è ormai scaduto: se non ora, quando dobbiamo reagire?
Maura Cossutta
09 ottobre 2011