Nilde Iotti

di Francesca Russo


Molti sono i motivi per i quali dobbiamo ricordare Nilde Iotti, il suo impegno ed il suo stile di lavoro. Viene difatti alla mente una delle caratteristiche più belle di Nilde, quella di essere insieme donna di forti e radicate convinzioni e donna di ascolto e di dialogo. 

Mi sono chiesta più volte da dove abbia avuto origine questo suo modo di essere. Certamente scaturisce da una personalità profondamente equilibrata e da una grande intelligenza, ma sono convinta che abbiano svolto un ruolo importante anche le circostanze della sua vita, l’aver conosciuto dall’interno mondi culturali diversi ed, a volte, contrapposti. Egidio, il padre ferroviere, socialista convinto e coerente fino a pagare con la perdita del posto di lavoro la sua scelta antifascista, segnò l’infanzia e l’adolescenza di Nilde. Il mondo ricco e stimolante dell’Università Cattolica, che la accompagnò nella sua crescita umana ed intellettuale, provocandone le curiosità culturali e non ponendo limiti alla sua libertà interiore. Il mondo comunista, con l’impegno nella resistenza, in particolare nei gruppi di difesa della donna e poi successivamente nell’Udi. Nilde si è confrontata dall’interno con tre grandi culture del paese; è stata una ricchissima scuola di vita.

Conoscere è funzionale a capire e, per chi è in buona fede, a cogliere gli elementi di verità insiti in ogni posizione e le occasioni di accordo che si possono profilare per giungere ad una legislazione che tenga conto delle diverse sensibilità politiche e culturali del paese. È quello che ha sempre fatto Nilde Iotti, anche nei difficili anni in cui è stata presidente della Camera. Fu donna di radicate convinzioni e donna di ascolto, ma anche donna delle istituzioni ed insieme donna di partito, realizzando così il modo costituzionale di intendere i partiti, non come parti di uno scontro ma, come li definisce l’articolo 49, «strumenti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale».

La partecipazione alla Costituente
Iotti si dimostrò sempre attentissima ai diritti delle donne (non solo al tema della parità, ma anche alla libertà, alla dignità e alla realizzazione piena della propria personalità), non in modo conflittuale, ma come contributo al progresso civile del paese ed arricchimento dell’intera società. In tutto il suo lungo percorso politico, diede prova di essere fermamente decisa ad esigere il pieno rispetto e la completa attuazione della Costituzione, mai per altro considerata un testo intoccabile, tanto è vero che presiedette la «Commissione per le riforme istituzionali», distinguendo, però, nettamente, i valori di fondo della Carta, considerati intoccabili dai meccanismi di funzionamento delle istituzioni, che devono tenere il passo con l’evoluzione dei tempi.


L’esperienza della partecipazione alla Costituente segnò profondamente tutta la vita politica di Nilde Iotti. 
Ricorda, in una testimonianza raccolta in Donne e Costituente (quaderno a cura di Marina Saba, Mimma De Leo e Fiorenza Taricone), la sua emozione di giovane investita della sovranità popolare e dell’incarico di fare parte di quel consesso così solenne e particolare, che costituiva l’atto di nascita della repubblica italiana. Ricorda per altro di «aver avuto la fortuna di far parte dell’Assemblea Costituente e della Commissione dei Settantacinque, che ebbe l’incarico di redigere il progetto della nuova Costituzione italiana». Iotti evidenzia il ruolo centrale svolto dall’Assemblea e il profondo intreccio ideologico, politico, sociale e generazionale che si è realizzato al suo interno, trovando una sintesi alta sul piano dei valori e della definizione delle regole fondamentali della democrazia italiana.

«L’Assemblea Costituente», afferma Iotti, «è stata il luogo in cui si sono incontrati momenti diversi della storia d’Italia: gli esponenti della vecchia classe liberale, coloro che da antifascisti avevano conosciuto l’esilio ed il carcere, quelli che avevano combattuto nelle file della Resistenza e che erano soprattutto giovani, come me, che trovarono in quella esperienza la più grande scuola politica a cui si potesse partecipare». 

Una giovane, quindi, consapevole dell’importanza del ruolo che per suoi meriti era chiamata a svolgere e animata dal forte intento di contribuire con dedizione e attenzione al compito di redigere gli articoli della Costituzione della neonata Repubblica italiana. In altre testimonianze, ricavate da una lunga intervista rilasciata da Nilde Iotti nel 1996 al programma Rai, All’alba della Repubblica, i, la Iotti evidenzia l’importanza del momento vissuto, di quel vero «incontro con la storia» a cui loro, i giovani dell’Italia repubblicana, si sono sentiti convocati.

Croce, Togliatti e gli incontri nell’emiciclo
Ricorda ad esempio l’emozione di poter ascoltare gli interventi di Benedetto Croce, un simbolo, sebbene distante dalle sue posizioni, della resistenza al regime fascista. Da studentessa universitaria Iotti, incuriosita grazie ai suoi maestri dagli insegnamenti del grande uomo di cultura, aveva dovuto chiedere alle autorità fasciste un permesso speciale per leggere la sua Storia d’Italia, motivandone accuratamente le ragioni. Si sofferma quindi nel suo ricordo sulle giornate della Costituente sulla descrizione del clima che si creava in aula quando Croce interveniva. Tutti scendevano nell’emiciclo per ascoltare i suoi discorsi dal momento che Croce si rifiutava con ostinazione di utilizzare il microfono.

Non manca ovviamente nel suo ricordo di quei giorni la descrizione dell’incontro con Togliatti, descritto con una sobrietà estrema e con riferimento al lavoro politico da lui svolto per cercare una mediazione fra le forze costituenti, superando i punti di contrasto. E poi, ancora la collaborazione con le donne che si attuò superando le divisioni politiche. Questo è un aspetto centrale della ricostruzione che Iotti offre del suo lavoro alla Costituente. Emerge la forte attenzione rivolta al tema della parità fra i sessi che animò il lavoro della giovane Nilde e delle sue colleghe nell’ambito dell’Assemblea.

Ventisei anni, uno sguardo fermo, l’aspetto serio ed elegante, ma soprattutto la forza della passione politica e la determinazione a partecipare alla storia del proprio Paese: è Nilde Iotti, che insieme ad altre 20 italiane il 25 giugno del 1946 fa il suo ingresso all’Assemblea Costituente. Ed è solo il primo passo di una carriera - e di una vita - trascorsa tra i corridoi di Montecitorio e le stanze di Botteghe Oscure, in un crescendo di responsabilità e prestigio, riconosciuti dai compagni e via via anche dai tanti colleghi onorevoli che hanno modo vederla al lavoro, a partire dalla Commissione Femminile, con le battaglie per il diritto al lavoro delle donne, alla maternità, alla pensione e quella relazione sulla famiglia presentata all’Assemblea che invitava - con spirito lungimirante - a regolare il diritto di famiglia riconoscendo il ruolo della donna: «Uno dei coniugi, la donna, era ed è tuttora legata a condizioni arretrate, che la pongono in stato di inferiorità e fanno sì che la vita familiare sia per essa un peso e non fonte di gioia e aiuto per lo sviluppo della propria persona.

Dal momento che alla donna è stata riconosciuta, in campo politico, piena eguaglianza, col diritto di voto attivo e passivo, ne consegue che la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti i campi della vita sociale e restituita ad una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di cittadina».

Diventerà una presenza ferma della politica italiana, rieletta ininterrottamente fino al 1996, prima donna a diventare presidente della Commissione Affari Costituzionali nel 1976 e a subentrare alla carica di Presidente della Camera nel 1979 dopo Pietro Ingrao, vicina per un attimo alla Presidenza del Consiglio nel 1987 con il mandato esplorativo affidatole da Francesco Cossiga, e, infine, vice presidente del Consiglio d’Europa al termine della sua intensa carriera.

La accompagnano fino all’ultimo impegno e serietà, forse anche ambizione, e poi coraggio, per via di quell’amore imprevisto con “il” segretario Togliatti, scandaloso, adultero e troppo in anticipo sui tempi, contrastato in primis dai compagni di partito, un amore a cui entrambi scelgono di non rinunciare ritagliandosi due stanzette al sesto piano di Botteghe Oscure, arredate con mobili d’ufficio e con la valigia di Nilde sempre aperta, a perenne monito della precarietà della loro situazione.

Dopo più di 50 anni trascorsi tra gli scranni di Montecitorio Nilde Iotti se ne andrà con la stessa dignità di quel 25 giugno 1946, tra l’applauso dei deputati, salutata con una lettera pubblica del collega Giorgio Napolitano, quello stesso compagno che da Presidente della Repubblica vorrà omaggiarla con queste parole: «Mi si lasci ricordare la splendida figura di Nilde Iotti, sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l'enorme spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili».

Iotti ricorda la comune consapevolezza delle elette di dover rappresentare le aspettative delle donne italiane, di quelle che avevano nelle loro differenti età e condizioni sociali patito le sofferenze della guerra e combattuto per porvi fine e volevano finalmente partecipare da protagoniste alle scelte politiche del paese, nel momento di fondazione della democrazia italiana.

L’aspirazione al mantenimento della pace appena raggiunta costituiva un fine fondamentale. Obiettivo strategico e sfida di fondo, per cui, come si evince dalla lettura degli Atti della Costituente, le ventuno elette collaborarono pienamente, fu però il raggiungimento di una piena e assoluta parità fra i sessi. Era un fine irrinunciabile e allo stesso tempo difficile da raggiungere in un paese contrassegnato da una cultura, che da differenti punti di vista, tendeva a relegare le donne in un ruolo subordinato. La giovane Iotti affermò con chiarezza che la parità fra i sessi doveva essere nettamente affermata nell’articolato costituzionale.

La  «principiante della Costituente»
«Dal momento che alla donna è stata riconosciuta nel campo politico la piena eguaglianza col diritto di voto attivo e passivo», si legge in un intervento di Iotti in prima sottocommissione presso la Commissione dei Settantacinque, «ne consegue che la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti campi della vita sociale, e restituita ad una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di donna e di cittadina». 


A questo fine, espresso con sintetica e lapidaria chiarezza, fu ispirata l’attività di Nilde Iotti eletta all’Assemblea Costituente come indipendente nelle file del PCI, raccogliendo quella fiducia che l’elettorato della circoscrizione di Reggio Emilia, in particolare quello femminile, aveva abbondantemente riposto in lei.

Il 25 giugno del 1946 Nilde fece con i suoi colleghi e con le colleghe ingresso nell’emiciclo di Montecitorio. In una interessante biografia pubblicata per Donzelli Luisa Lama ha definito la giovane Iotti come una «principiante alla Costituente». Dal punto di vista anagrafico, non vi è dubbio che questo giudizio è più che appropriato. Ciononostante, come la stessa Lama non manca di ricordare, la giovane Nilde aveva già alle spalle una sua storia personale di rilievo e svolse un ruolo non marginale, contribuendo attivamente alla definizione degli articoli relativi ai principi fondamentali della Costituzione.

L’infanzia a Reggio Emilia e il padre socialista
Iotti proveniva da una famiglia di origini modeste di Reggio Emilia. Era stata particolarmente amata e seguita da piccola, anche alla luce della tragedia che aveva coinvolto i suoi genitori, Egidio e Albertina Vezzani. Avevano, infatti, perso tre figli nella primissima infanzia, prima della sua nascita. La famiglia di Nilde aveva anche vissuto in un clima di difficoltà perché suo padre, militante socialista, era stato allontanato dal lavoro svolto nelle Ferrovie, ufficialmente per scarso rendimento, ma in realtà per ragioni politiche. La vita degli Iotti cambiò quindi radicalmente, in seguito a tale provvedimento, conoscendo gravi ristrettezze economiche. Questo clima influenzò probabilmente la piccola Nilde, educata, come ebbe modo di ricordare «più che all’allegria, alla serietà, alla gravità dell’esistenza». 

Dopo le elementari, a undici anni, Nilde iniziò a frequentare l’istituto magistrale «Principessa di Napoli» di Reggio Emilia. Si trattava di una scuola religiosa, nella quale la giovane continuò la sua formazione. L’antifascista Egidio Iotti preferì in ogni caso che la formazione di sua figlia fosse affidata ad un istituto religioso, piuttosto che alle scuole del regime, delle quali non condivideva la piattaforma ideologica. Era solito infatti affermare con nettezza: «meglio i preti che i fascisti». 

Le condizioni della famiglia conobbero un altro momento di estrema e improvvisa difficoltà alla morte di Egidio avvenuta nel 1936. Nilde riuscì comunque a concludere i suoi studi e, grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dalle Ferrovie per gli orfani dei suoi dipendenti, nel 1938 le fu possibile iscriversi al Magistero presso l’università Cattolica, anche grazie ad una dispensa concessa da Padre Agostino Gemelli, poiché i suoi genitori non erano spostati in Chiesa.

 

Il dialogo con il mondo cattolico e l’impegno antifascista
Negli anni universitari la Iotti maturò la sua scelta definitiva di impegno per il fronte antifascista, anche a causa dell’orrore per le drammatiche vicende belliche e per gli atti di crudeltà verso la popolazione civile commessi dal fronte nazi-fascista. Aderì alla resistenza, ai gruppi di difesa della donna. Maturò inoltre progressivamente un distacco razionale dalla fede, pur mantenendo sempre una particolare sensibilità per il dialogo con il mondo cattolico. 

La formazione culturale ricevuta all’Università Cattolica fu, infatti, a mio avviso, molto importante per la giovane Nilde Iotti. In un saggio dal titolo La formazione culturale di Nilde Iotti fra Reggio Emilia e Milano, Robertino Ghiringhelli descrive dettagliatamente il percorso di studi di Nilde alla Cattolica e le sue manifestazioni di avversione al regime fascista, evidenti nella bocciatura riportata nell’esame di «Storia e Dottrina del Fascismo». Nei dibattiti di cui Nilde Iotti fu protagonista all’Assemblea Costituente la sua conoscenza della cultura cattolica emerge chiaramente, anche in un atteggiamento sempre dialogante, pur nella diversità delle posizioni, con gli eletti nelle file della Democrazia Cristiana. In modo particolare, nelle discussioni interne alla prima sottocommissione della Commissione dei Settantacinque, Iotti intavolò un produttivo confronto con il gruppo dei giovani professori democristiani, che divennero suoi interlocutori privilegiati.

La sua attenzione spesso si rivolgeva a Giuseppe Dossetti, che non fu fra i suoi professori in Cattolica, ma che conobbe tramite Ugo Bellocchi, con cui mantenne un rapporto di profonda stima e di scambio intellettuale per tutta la vita, confluito molto più tardi, negli anni ’90, nel comune impegno nei Comitati per la difesa della Costituzione. Iotti riconosceva alla cultura cattolica, ancora a molti anni di distanza dall’approvazione della Costituzione, il merito di avere difeso negli anni del regime la una concezione del diritto alternativa a quella fascista, che prevedeva che lo Stato fosse la fonte di ogni diritto. Per Iotti la teoria difesa dai giuristi cattolici dei diritti naturali preesistenti allo Stato , basata sulla precedenza dell’individuo rispetto alla società politica, era stata molto importante all’interno del lavoro svolto dalla prima sottocommissione, volto a definire i diritti e i doveri dei cittadini.


«Uno svecchiamento democratico della famiglia»: i contrasti con la Dc
Ovviamente i rapporti fra Nilde Iotti e gli esponenti della democrazia cristiana furono spesso critici. All’interno della prima sottocommissione della Commissione dei Settantacinque la giovane Iotti ricevette un difficile incarico. Fu nominata relatore sul delicato tema della famiglia insieme a Camillo Corsanego, deputato DC. Corsanego era un interlocutore arduo da fronteggiare per una giovane che si trovava alla prima esperienza parlamentare. Avvocato rotale, docente universitario, ex presidente della Gioventù cattolica italiana, Corsanego era un relatore di maggiore esperienza e di più antiche e solide relazioni politiche di Nilde. Le loro posizioni si manifestarono sin dall’inizio concordi nel voler riconoscere un ruolo alla famiglia nella Costituzione, superando la logica dello Statuto Albertino, che non prevedeva norme relative al diritto di famiglia. Erano concordi nel voler attribuire ad essa tutela e protezione, affermando nella Costituzione il proposito di rafforzare l’istituto familiare, che era stato messo a dura prova dai difficili anni della guerra.

La loro idea di famiglia era però diversa. Tant’è che nonostante i tentativi di conciliazione, Iotti e Corsanego presentarono sul tema affidato loro dal presidente Tupini due relazioni distinte.

Nella relazione di Corsanego emerge, come si legge dagli Atti, una concezione tradizionale della famiglia, riconosciuta come società preesistente rispetto allo Stato, ma fondata su una visione gerarchica, basata sulla figura del padre capo- famiglia. Un’ulteriore divergenza si riscontra sulla scelta delle norme che dettano la protezione degli illegittimi. Corsanego non nega le necessità di tutelare i figli nati fuori dal matrimonio, ma ritiene che sia pericoloso pensare di includerli nella famiglia legittima, rischiando di causare dissenso con il coniuge non genitore e di creare pregiudizio all’unità del patrimonio familiare. Un ulteriore aspetto di differenziazione, più che di disaccordo riguarda la questione dell’indissolubilità del matrimonio, che per il relatore DC deve essere inserito in Costituzione. La relazione della Iotti esposta in termini di grande nettezza, ma di profondo rispetto nei confronti del suo collega di commissione, muove dalla considerazione della necessità di promuovere uno «svecchiamento e un rinnovamento democratico» della famiglia «conforme a tutto lo spirito che deve ispirare la Costituzione e tutta la vita italiana del nuovo regime repubblicano».

La famiglia, a suo parere, deve assumere il carattere di una unione liberamente costituita, basata sulla assoluta parità ed identità di diritti e di doveri dei coniugi. Riconosce a Corsanego l’impegno nel voler tutelare il ruolo della donna. Ciò però non basta. La donna deve vedere riconosciuti i diritti di espressione piena delle sue aspirazioni, personali, sociali, e politiche e «non deve più vedere nel matrimonio un espediente talora forzato per risolvere una situazione economica difficile e assicurarsi l’esistenza, ma la soddisfazione di una profonda esigenza naturale, morale e sociale, e lo sviluppo e il coronamento, nella libertà, della propria persona». Così per la Iotti, la donna, a cui sarà restituita la piena soggettività giuridica e possibilità di compiere le proprie scelte personali e professionali, non si allontanerà dalla famiglia, come temeva Corsanego, ma vi aderirà spontaneamente, liberamente, con convinzione e non per costrizione. Di conseguenza, l’eguaglianza dei coniugi deve essere un principio assoluto e pari deve essere la loro responsabilità verso di educare e sostenere i figli.

La Iotti afferma anche l’obbligatorietà di tutelare in maniera paritaria i figli illegittimi ai figli legittimi, ritenendo che l’equiparazione non avrebbe distrutto l’istituto familiare, ma piuttosto reso i genitori più responsabili rispetto al tema della procreazione.Interessante e singolare è il punto di «differenziazione» circa il divorzio. La Iotti non sostiene affatto la necessità di inserire la questione dell’indissolubilità del matrimonio nei dibattiti costituzionali. A suo avviso, il divorzio è questione attinente al diritto civile, da discutere, quindi, in un secondo momento, in sede di revisione dei codici. Il suo giudizio, è in armonia con l’intento espresso in più occasioni da Togliatti di non cerare conflitti ideologici esasperati con la democrazia cristiana, preservando un clima di dialogo all’interno dell’Assemblea Costituente. Per la medesima ragione, Togliatti cercò fino all’ultimo con Giuseppe Dossetti, come quest’ultimo ricorda nell’intervista rilasciata a Leopoldo Elia e a Pietro Scoppola nel 1984 e pubblicata molti anni più tardi, una mediazione circa la spinosa vicenda del riferimento in Costituzione ai Patti Lateranensi.

Anche su questo aspetto, fortemente divisivo nelle fila del partito comunista, la posizione della Iotti era in linea con quella di Togliatti. La sua formazione presso l’Università Cattolica e la sua esperienza nella resistenza a fianco di gruppi cattolici, non la ponevano in una logica di rifiuto aprioristico del sistema delineato dai Patti Lateranensi.


L’accesso delle donne alla magistratura
Un’altra questione su cui la Iotti intervenne in Assemblea Costituente fu quella dell’accesso delle donne alla magistratura. Nella seduta pomeridiana del 31 gennaio del 1947 la Commissione dei Settantacinque esaminò le disposizioni relative alla magistratura, prevedendo che in essa potessero essere nominate anche le donne, non sempre, ma in via eccezionale, «nei casi previsti dalle norme sull’ordinamento giudiziario». Su questa disposizione che risultava fortemente limitativa e discriminatoria, si verificò uno scontro fra Targetti, che proponeva di eliminarla e Leone, che riteneva che le donne non potessero essere ammesse senza limiti a svolgere la funzione giudiziaria, ma chiamate ad assolvere a tale importante compito solo in casi eccezionali, ad esempio nel tribunale dei minori.  Iotti intervenne insieme ad Angela Gotelli e a Maria Federici.

Le tre costituenti difesero in modo convergente ed energico la obbligatorietà di applicare il principio di parità nell’accesso alla magistratura.6 Per la Iotti l’unica distinzione che doveva sussistere nello stabilire l’accesso alla funzione giudiziaria era il merito, non il sesso. Afferma che «a suo parere i motivi addotti dall’onorevole Leone non sono motivi validi perché, se è vero che si deve far sentire in certo grado la femminilità della donna, non per questo si deve precludere alla donna l’accesso agli alti gradi della magistratura, quando abbia la capacità di arrivarci. Può anche darsi che le donne non ci arrivino; ma in questo caso si tratta di merito». Per Iotti, infatti, l’ordinamento costituzionale della repubblica italiana non può contraddire in alcun caso il fondamentale principio della parità fra i sessi. «Richiama l’attenzione dei colleghi sulla norma che stabilisce che tutti i cittadini, di entrambi i sessi, possono accedere alle cariche pubbliche».

Una battaglia poco conosciuta
Un aspetto poco conosciuto del carattere della Iotti ci viene svelato da un intervento da lei tenuto il 1 febbraio 1946 in Seconda Sottocommissione nella discussione sull’articolo della Costituzione che contiene l’elencazione delle regioni a statuto ordinario. La proposta è quella di dividere in due la regione Emilia-Romagna, dando vita ad una nuova regione che avrebbe dovuto comprendere, oltre alla città di Parma, Reggio Emilia, Modena, Piacenza ed anche La Spezia. La reazione di Nilde a difesa della sua terra è forte ed appassionata. «E’ una divisione artificiosa – si legge nel resoconto sommario – che non trova il suo consenso nel parere democraticamente espresso dalle popolazioni locali.

L’Emilia non è solo Parma. Parma è stata presa dal sogno di diventare la capitale della nuova regione, quasi per rinnovare la tradizione del vecchio ducato di Parma e Piacenza e di Maria Luisa. L’Emilia è una regione perfettamente unita e tale deve restare». Emerge uno stile diverso dal solito: meno conciliante e più «tagliente», ma legittimo nel rivendicare sul punto una pronuncia delle popolazioni locali. Tutto ciò dimostra che in lei ragione e cuore erano sempre in armonia.

Vorrei concludere il mio contributo ricordando un giudizio che Nilde Iotti diede sulla Costituzione italiana a tanti anni di distanza dalla sua approvazione, rispondendo alla domanda su quale fosse secondo lei la più grande conquista realizzata dal documento entrato in vigore il 1 gennaio del 1948. Iotti riafferma la centralità dell’articolo 3 della Costituzione, quale criterio ispiratore del documento. «Il principio di eguaglianza – spiega- a me sta particolarmente a cuore […] E’ la sanzione solenne, costituzionale dell’ingresso delle donne nella vita politica. Avevano votato per l’Assemblea Costituente. La Costituzione con quell’articolo afferma il loro essere cittadine alla pari con tutti gli altri cittadini. Per me è un punto che fa della Costituzione italiana ancora adesso una Costituzione moderna».


Francesca Russo

Vice presidente e Presidente del Comitato scientifico della Fondazione Nilde Iotti

18 luglio 2016