Abbiamo letto sui giornali nei giorni scorsi che ad Udine una ragazza è svenuta a scuola perché da due giorni non mangiava non per anoressia ma perché i genitori non avevano il cibo sufficiente da darle e faceva la doccia con l’acqua fredda.
Un esempio concreto, drammatico di quella che con abbondanza di retorica chiamiamo “povertà minorile” di cui il nostro paese vanta un triste primato in Europa. Basta parlare con le insegnanti per sentire raccontare quanto sia frequente da parte loro intuire che alcuni alunni vengono a scuola senza aver fatto colazione e sentono lo stomaco vuoto, portano il panino perché i genitori non possono permettersi il costo della mensa scolastica , sono privi di alcuni strumenti per lo studio.
Dobbiamo guardare in faccia queste persone, andarle a scovare, conoscerle, stabilire con loro un dialogo. Questa relazione di fiducia è il primo ed insostituibile passo per costruire politiche efficaci di contrasto della povertà. Perché le persone che ne sono colpite vivono il disagio di farsi riconoscere nella loro condizione e, dunque, si nascondono; perché chi vive il bisogno non sempre conosce gli strumenti ed i diritti che ha a disposizione.
Ci vuole qualcuno che vada incontro a queste persone, vada a scovarle, dia loro fiducia trasmettendo il senso della dignità e del loro essere portatrici di diritti. Bisogna andare incontro a queste persone colpite dalla povertà, a partire dai servizi sociali e dagli operatori sociali, dal volontariato, dagli amministratori locali. Ma lo dobbiamo fare anche noi cittadini. Guardare in faccia il volto delle persone povere, stringere loro la mano per trasmettere calore umano e rispetto è compito della politica.
Dopo tanto parlare di diseguaglianze, periferie, inclusione sociale sarebbe bello ed utile che i militanti del PD ed i loro dirigenti, a partire dai circoli, decidessero di scoprire i volti della povertà nel loro territorio. A partire dalla cosa più semplice che è frequentare le mense della Caritas a quelle più difficili che è scoprire il volto delle povertà attraverso la relazione con il territorio e con le persone che in esso vivono, ascoltando le scuole, attraverso gli insegnanti ecc.
Sarebbe utile, bello ed efficace costruire politiche contro la povertà a partire dalla tessitura di queste relazioni umane. E’ importante che siano state adottate nel nostro Paese alcune misure di contrasto della povertà , che regioni come l’Emilia Romagna abbia definito un piano organico contro la povertà assoluta, sono importanti i provvedimenti adottati da Governo Renzi, sia il Fondo contro la povertà educativo sia le misure di sostegno al reddito.
E’ essenziale che i comuni le applichino bene , attivando il “ sociale d’iniziativa”, vale a dire quella pratica prima indicata di andare incontro alle persone, di scovare chi è in difficoltà, di sollecitarle a reagire alla loro condizione. Particolarmente importante è la “ Delega recante norme relative al contrasto della povertà , al riordino delle prestazioni ed al sistema degli interventi e dei servizi sociali,” approvato il 16 luglio alla Camera(relatrice Ileana Piazzoni ) ed oggi all’esame del Senato.
Essa prevede tra l’altro l’introduzione della misura nazionale definita Reddito di Inclusione Sociale che riprende nella sua impostazione il Reddito D’Inserimento che sperimentammo nel 1998 con il Governo dell’Ulivo e che inserimmo nell’articolo 23 della legge quadro sui servizi sociali 328/ 2000.I governi di Centro destra abbandonarono e non applicarono quella normativa compresa la misura contro la povertà. Ora bisogna introdurla in modo sistematico e su scala nazionale. Bisogna prevedere, come accade in tutti i paese europei, un sostegno al reddito per chi si trova in condizione di povertà e vincolare l’offerta di tale reddito ad un percorso lavorativo o formativo di inserimento attivo.
Sappiamo che il nodo è quello delle risorse , oltre a quello altrettanto importante di una pubblica amministrazione efficiente che sia in grado di promuovere l’inserimento attivo.Bisogna trovare soluzioni Innovative per il recupero delle risorse necessarie.
Queste ad esempio. Destinare le risorse raccolte attraverso l’8 per mille previsto nella legge 222/1985 in quota allo Stato alla lotta contro la povertà incrementando un fondo apposito. Le finalità previste dalla legge medesima per l’utilizzo della quota dello Stato sono: interventi contro la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati.
A partire dalla legge Finanziaria del 2004 il Governo decise che 80 milioni della quota spettante allo Stato sia trasferita in spesa ordinaria. Si potrebbe proporre una modifica alla legge e prevedere la destinazione delle risorse attribuite allo Stato esclusivamente alla lotta contro la povertà. Sono convinta che se si destinasse l’otto per mille dello Stato ad un Fondo per il Reddito d’Inclusione Sociale , contro la povertà molti cittadini sosterrebbero questa scelta e non credo che si creerebbe una concorrenza con la Chiesa. Comunque sarebbe una competizione virtuosa.
Penso inoltre che il finanziamento del Fondo nazionale per il Reddito d’Inclusione sociale dovrebbe coinvolgere il mondo delle imprese ed i soggetti economici. Un Fondo nazionale cofinanziato da risorse pubbliche e private. Questo significherebbe promuovere una attiva responsabilità dei soggetti economici verso la promozione di politiche per l’inclusione sociale.
Tali soggetti dovrebbero essere coinvolti nella progettazione , nella realizzazione, nella verifica di tali politiche attraverso la creazione di un Tavolo di Concertazione istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, cui partecipino i Ministeri interessati, le forze economiche e sociali, il no profit. Se la lotta contro le povertà ed alle diseguaglianze è essenziale per promuovere la crescita economica, occorre che i soggetti economici diventino attivi protagonisti nella definizione di politiche di inclusione sociale di cui la regia dovrebbe essere realizzata dallo Stato , dalle Regioni e dai Comuni.
Un soggetto pubblico autorevole è quello che non solo fa scelte politiche chiare, stanzia risorse e promuove la progettazione e la realizzazione delle politiche (ed anche la valutazione dei risultati) ma sa coinvolgere e promuovere la responsabilità di tutti gli attori economici e sociali attorno alle politiche di governo del paese comprese quelle di solidarietà ed inclusione sociale. Insomma, il tema lotta alla povertà attraverso il Reddito d’inclusione Sociale deve coinvolgere i cittadini e tutto il mondo economico e sociale.
Non può essere solo responsabilità della Chiesa, del volontariato e delle politiche pubbliche. Questo potrebbe essere un esempio concreto della innovazione del welfare che dobbiamo realizzare. Un modo realistico di promuovere in termini nuovi le politiche non più rinviabili di protezione sociale.
Livia Turco
20 dicembre 2016