La sua azione sia nelle sedi di partito, sia in quelle parlamentari, sia in quelle comunitarie, pone in luce quello che si può individuare come un tratto distintivo della sua attività politica: il valore, cioè, che ella assegna alle istituzioni, al loro sviluppo, alla interazione tra queste e le forze politiche, interne e internazionali. Anche per le questioni europee il terreno principale di intervento della Iotti sono state le Assemblee rappresentative: Parlamento nazionale, Parlamento europeo, nonché, su un altro piano, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
In qualità di Presidente della Camera dei deputati italiana ha avuto un ruolo fondamentale e determinante nella creazione di strumenti di partecipazione del Parlamento italiano e in generale dei parlamenti nazionali alla costruzione europea, così come anche nella realizzazione di una dimensione interparlamentare europea, con strumenti strutturali e stabili di relazioni tra parlamenti, nazionali ed europeo.
Nella bellissima raccolta dei discorsi parlamentari di Nilde Iotti emerge in modo evidente come l’impegno sui temi dell’europeismo rappresenti un elemento costante e quotidiano della sua azione politica e parlamentare.
Il ruolo di Nilde Iotti nella vicenda europea richiede in primo luogo di ricordare il complesso percorso di avvicinamento del Partito comunista italiano al processo di costruzione europea. Nilde Iotti fu uno degli elementi di punta di questo processo, fu tra i primi dirigenti comunisti ad aderire al progetto europeo e assunse un ruolo protagonista dell’elaborazione del partito in materia di aspetti istituzionali di quel progetto.
Nel mondo della guerra fredda, il PCI respingeva nettamente le ipotesi di aggregazione dei paesi dell’Europa occidentale che man mano stavano maturando. Consiglio d’Europa, Comunità europea di difesa - mai nata per la bocciatura del Parlamento francese - Comunità europea del carbone e dell’acciaio, poi nel 1957 Comunità economica europea e Comunità europea dell’energia atomica erano viste, anche se in misura diversa, quasi come appendici del Patto atlantico, e quindi di ostacolo al superamento dei blocchi, strumenti di divisione e contrapposizione in Europa (la cui identità storica e geografica era evidentemente ben più ampia, “dall’Atlantico agli Urali”, come fu detto); erano considerate istituzioni legate agli interessi del capitalismo monopolistico e all’imperialismo americano, contro l’Unione sovietica e il progresso dei popoli europei.
Nel punto di vista del PCI verso il processo di integrazione europea potrebbero essere schematicamente individuate quattro fasi: dopo la netta e frontale opposizione iniziale, si fa strada una posizione sempre sostanzialmente contraria, ma più articolata e tesa a entrare criticamente nel percorso europeo, riconoscendo l’esistenza di fondate ragioni economiche e di aspetti diversificati, anche progressivi. Una terza fase, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, è segnata dagli effetti dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968, dall’ingresso nel 1969 dei primi rappresentanti comunisti nella delegazione italiana nel Parlamento europeo (fino al 1979 formato da delegazioni dei parlamenti nazionali).
E’ questa la difficile e complessa fase del processo di distacco del Partito comunista dall’Unione sovietica. Essa si connota di aperture e anche ambiguità sulla concezione della identità e della collocazione internazionale della Comunità (che ora si vuole “ne’ antisovietica ne’ antiamericana”), del sostegno critico all’integrazione economica e politica europea, della volontà di democratizzare la Comunità e le sue politiche.
In quella che possiamo individuare come la quarta fase, il PCI si connota come la principale forza a supporto del progetto di Unione europea di cui era protagonista e simbolo Altiero Spinelli.
Il percorso del PCI verso l’europeismo sostanzialmente coincide con quello del distacco ideologico e politico dall’Unione sovietica e dell’affermazione del valore universale della democrazia, e in entrambi i percorsi fu decisivo il ruolo svolto da Berlinguer.
Nilde Iotti, fin dagli anni sessanta, rispetto alle vicende europee si trova vicina alle scelte politiche “entriste” di Giorgio Amendola. Non fu dunque affatto un caso se quando nel 1969 finalmente il PCI riesce ad ottenere di essere incluso nella delegazione del Parlamento italiano al Parlamento europeo – fino ad allora formata solo dalla maggioranza – la Iotti è uno dei sette delegati comunisti, unica donna; resta membro del PE per dieci anni, fino al 1979, quando il PE viene eletto direttamente; nello stesso anno diviene Presidente della Camera dei deputati.
Guidava la delegazione comunista al PE Giorgio Amendola, ma per ragioni di salute lasciava spesso questo compito, e quindi gli interventi più importanti, alla Iotti. Fu un inizio durissimo, di combattimento: i comunisti italiani - unici comunisti a far parte del PE - erano all’inizio solo “tollerati”, spesso anche con ostilità, ma conquistarono spazio e rispetto, e si mostrarono più europeisti di larga parte della sinistra europea.
Altiero Spinelli - Commissario europeo dal 1970 al 1976, poi europarlamentare dal 1976 - nei suoi Diari definisce europeisti, tra i delegati comunisti al PE, la Iotti e Leonardi; la Iotti racconta inoltre che dopo un suo intervento in Aula Spinelli la cercò arrabbiato perché sostenendo le stessi tesi da lei espresse era stato considerato incompatibile con il partito.
Con i suoi interventi - sia al PE, sia alla Camera italiana - la Iotti sviluppa infatti la linea più europeista del Partito comunista in quella fase. Soprattutto nei primi anni ‘70 emergono nei suoi discorsi anche alcune riserve e contraddizioni sulla collocazione internazionale dell’Europa, sul peso degli interessi economici dei grandi gruppi monopolistici, sulle risorse proprie comunitarie, riserve che erano parte integrante delle posizioni del partito. Ma in quei dieci anni l’evoluzione europeista della Iotti - nel contesto di quella più lenta del partito - è coerente e coraggiosa, e in essa si può rilevare il senso alto dell’istituzione parlamentare che l’ha sempre caratterizzata. La sua priorità - che diventa anche del Partito - è lo sviluppo della partecipazione democratica alla costruzione europea, è l’elezione diretta da parte dei cittadini del Parlamento europeo e il rafforzamento del suo ruolo nella struttura istituzionale comunitaria.
Ella inoltre insiste sullo sviluppo di forme ulteriori di integrazione che superino l’area di libero scambio, che attivino innovative politiche comuni capaci di far contare maggiormente la Comunità europea sulla scena internazionale e di prospettare il superamento dei blocchi contrapposti: in particolare fa riferimento allo sviluppo di una vera politica di cooperazione allo sviluppo economico e civile di vaste aree del mondo.
In una delle tappe più significative dell’avvicinamento del PCI all’Europa - ovvero il convegno del 1971 su “I comunisti italiani e l’Europa” organizzato dal CESPE - la Iotti svolge la relazione sul tema “Sovranità nazionale e istituzioni comunitarie”, confermandosi come una dei protagonisti di questo processo, sul piano culturale, su quello politico, su quello istituzionale.
Vale la pena di notare un ruolo significativo di Nilde Iotti In due passaggi importanti della prima fase dell’iniziativa berlingueriana: nella riunione della direzione del PCI del 31 gennaio 1973 in preparazione del successivo Comitato centrale, Berlinguer esprime la nuova posizione sull’Europa, e la Iotti interviene con ancora maggiore nettezza: “E’ un punto di grandissima novità da sottolineare fortemente. Prendere questa posizione sottintende di andare, pur attraverso tappe, ad un processo di unificazione dell’Europa occidentale. E’ un problema di grande importanza e di estrema delicatezza che potrebbe essere espresso in modo più esplicito...”.
La Iotti ebbe un ruolo centrale anche nell’evento che ha simboleggiato la svolta europeista del PCI: il riavvicinamento di Spinelli, la sua candidatura nelle liste comuniste alle elezioni nazionali del 1976 e a quelle europee del 1979. Ella faceva infatti parte della ristrettissima delegazione comunista che incontrò con Spinelli e raggiunse l’accordo sulla sua candidatura.
Divenuta nel 1979 Presidente della Camera dei deputati - carica che ha mantenuto fino al 1992 - la Iotti ha portato avanti in nuovi modi il suo impegno per la costruzione di un’Europa democratica. Lo afferma anche nel discorso di insediamento, sottolineando “l’importanza eccezionale” delle appena avvenute prime elezioni a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo: “un passo qualitativo verso la costruzione di una Europa unita, capace di contare nel mondo per una politica di disarmo, di pacifica coesistenza e di pace”.
In un tempo in cui le questioni europee erano considerate materia quasi riservata al Governo, la Iotti comprende l’importanza del ruolo del Parlamento nazionale per seguire, indirizzare e controllare le decisioni e le normative comunitarie e la loro attuazione.
Ella concretizza questa sua visione dei rapporti tra Parlamenti e Unione europea con interventi strutturali fortemente innovativi, sviluppando stabili procedure parlamentari di collegamento con le istituzioni europee e con l’attività del Governo nelle sedi comunitarie. Promuove e favorisce riforme del Regolamento della Camera che istituiscono anche una Commissione speciale per le Politiche della Comunità europea e attribuiscono nuovi strumenti e poteri a tutte le commissioni parlamentari.
Da Presidente di un’Assemblea parlamentare nazionale la Iotti si impegna inoltre e diviene protagonista sempre più autorevole della prima fase di organizzazione di una rete parlamentare europea, un tessuto cioè di cooperazione che collega tra loro Parlamenti nazionali e Parlamento europeo, e che ha conosciuto un costante sviluppo nel corso del processo di costruzione europea.
Al livello di Presidenti di Assemblea, la Iotti opera per rendere regolari e strutturali gli incontri annuali dei Presidenti delle assemblee parlamentari della CE, fino ad allora alternativamente a livello di Comunità europea e a livello più ampio di Consiglio d’Europa. Promuove nella Conferenza dei Presidenti la creazione di una Conferenza annuale delle Commissioni parlamentari che si occupano di affari europei, la COSAC, ora riconosciuta anche dai Trattati europei.
Inoltre ha introdotto, promuovendo iniziative delle Commissioni della Camera, la importantissima prassi - poi divenuta sempre più ricca e intensa, e da lei sempre incoraggiata - degli incontri delle Commissioni di settore dei diversi parlamenti, per sviluppare il dialogo e il confronto interparlamentare sui comuni problemi nell’ambito europeo. Fu così organizzata proprio dalla Camera dei deputati e da lei promossa la prima riunione di questo tipo, che vide confrontarsi le Commissioni competenti in materia di bilancio e programmazione economica di tutti parlamenti – europeo e nazionali - della Comunità europea.
Nel 1990 il Presidente Iotti assume d’intesa con il Parlamento europeo e quello francese l’iniziativa difficile e coraggiosa di organizzare a Roma la prima e unica Conferenza dei parlamenti sull’avvenire della Comunità europea, una sorta di congresso dei Parlamenti passato alla storia con il nome di Assise europee. Il suo intervento introduttivo è durissimo sull’esigenza di costruire un’Europa democratica, di assicurare un ruolo cruciale alle Assemblee rappresentative, “sull’Europa come grande occasione di crescita democratica e civile per i popoli europei”.
Quando nel 1992 lascia la Presidenza della Camera, la Iotti torna al quotidiano lavoro politico e parlamentare, anche a livello europeo: questa volta quello più ampio del Consiglio d’Europa, presiedendo la delegazione del Parlamento italiano in quell’Assemblea parlamentare e ricoprendo la carica di Vicepresidente dell’Assemblea. Non si tratta di Unione europea, ma di un altro ordinamento a cui la Iotti attribuiva grande valore: uno spazio politico e giuridico per l’affermazione e la tutela di un comune tessuto di diritti, in un’area ben più vasta e aperta di quella dell’Unione, questa sì dall’Atlantico agli Urali anzi a Vladivostock.
Nelle attuali circostanze di profonda crisi della costruzione europea, ci si potrebbe domandare quale sarebbe stata la posizione di Nilde Iotti.
Forse avrebbe fatto riferimento ad alcuni chiari principi affermati nel discorso che pronunciò alle Assise europee di Roma:
“..noi vogliamo l’Unione europea non certo per tornare indietro dai livelli di democrazia che abbiamo raggiunto, ma perché offra nuove e grandi vie di sviluppo civile, sociale e politico, apra nuove frontiere di rinnovamento e di crescita, oggi non consentite negli spazi angusti degli Stati nazionali, stretti da troppi vincoli che ne limitano la sovranità”.
E avrebbe lavorato per tradurre in concrete scelte politiche questi principi.
Rita Palanza
02 maggio 2017