Blessing Okoedion, il coraggio di una donna

Il 12 giugno la Fondazione Nilde Iotti e l’associazioneSlaves no more!hanno presentato il libro presso la Camera dei deputati. Un incontro molto partecipato nel quale alla toccante testimonianza di Blessing Okoedion hanno fatto da sponda persone da anni impegnate su questo fronte, sotto la sapiente regia di Gianni Anversa.


Blessing Okoedion, una giovane donna nigeriana di poco più di trent’anni, si batte con coraggio e con energia per far conoscere quanto grave sia la piaga dello sfruttamento sessuale delle giovani donne provenienti dall’Africa, sia per le dimensioni del fenomeno ma soprattutto per la profondità delle ferite, a volte insanabili, che ciascuna di esse porta sul proprio corpo e nella propria anima.

Un libro autobiografico scritto con Anna Pozzi. Un urlo che intende squarciare il muro dell’indifferenza e nello stesso tempo mettere in guardia le future vittime. Ma anche un’analisi approfondita delle dinamiche che attraggono molte ragazze nella trappola della schiavitù per sfruttamento sessuale, una lucida denuncia delle cause e delle responsabilità, un messaggio di speranza per chi ha attraversato questa devastante esperienza.  

Alcune parole ricorrono con ossessione nel corso del lettura: soldi, ignoranza, inganno, corpo come merce, istruzione, fiducia, dignità, lavoro, incontro. Sono le parole che delineano un percorso che ha origine dalla povertà attraversa la prostituzione e lo sfruttamento e giunge al riscatto nell’incontro con altre donne su una base di parità, rispetto, amore.

Molto interessante è l’analisi che Blessing Okoedion descrive delle fasi dell’adescamento delle giovani donne destinate alla prostituzione in Europa da parte di persone disposte a carpirne la fiducia. Il motore di tutto sono i soldi, necessari per la sopravvivenza in molti villaggi, ma anche l’avidità per accumulare e raggiungere livelli di consumismo da esibire come segno di potere in una realtà con forti disuguaglianze sociali e alti livelli di arricchimento di una minima parte della popolazione, spesso priva di cultura e di valori.

Di fronte ai soldi non ci sono né valori né affetti. La donna che ha organizzato il viaggio in Italia per Blessing era infatti una conoscente con la quale condivideva fede e preghiere. Spesso pastori di fantomatiche chiese cristiane chiedono soldi alle ragazze promettendo loro che vedranno moltiplicata per miracolo la cifra donata in poco tempo. A volte sono i genitori stessi a spingere le ragazze a partire e a mandare soldi a casa, senza chiedersi, o forse senza voler sapere, come e a che prezzo potranno procurarseli.

Tutto è sotteso da una diffusa mancanza di istruzione e dalla scarsa considerazione della donna, oggetto per soddisfare desideri maschili e strumento per fare soldi.  Di questo sono profondamente convinte anche molte delle ragazze provenienti dai villaggi, che non hanno studiato, che non hanno maturato alcuna considerazione di sé, del proprio valore, della propria dignità. E per penetrare attraverso questa corazza Blessing Okoedion non si stanca di sottolineare l’importanza dell’istruzione delle giovani donne sin dalla più tenera età affinché siano consapevoli del proprio essere persone, possano poter scegliere della propria vita, sappiano riconoscere chi abusa del loro legittimo desiderio di una vita migliore. Ma neppure ciò può bastare, ammette Blessing sulla base della sua personale esperienza.

Donna giovane, con saldi principi morali, religiosa, istruita, con una solida famiglia alle spalle, vissuta in città è caduta anche lei nelle maglie di una rete di inganni tessuta con scaltrezza, pazienza e cinismo. “Come può essere accaduto proprio a me!” è un refrain doloroso che si ripete quasi ad ogni capitolo, è la denuncia di quanto possano essere subdoli e insinuanti i pericoli.

Blessing Okoedion è infatti giunta in Italia con la promessa di un lavoro nel settore informatico in Spagna, lei laureata in informatica, dimostratisi infondata. Ma la sua cultura, la sua alta statura morale l’ha aiutata a trovare nel giro di tre giorni una via di uscita, a riconoscere in Casa Rut, nell’incontro con Suor Rita e le altre ragazze un’ancora di salvezza.

La sua esperienza sulla strada è stata di pochi giorni che le hanno però fatto conoscere l’inferno della devastante e distruttiva esperienza della prostituzione, la ferocia dei suoi sfruttatori, e la non meno mortificante relazione con i clienti. 

Da qui l’urgenza di fare qualcosa per porre un argine a questa piaga dilagante, per dire alle ragazze di non partire sulla base di vaghe promesse di lavoro e di tanti soldi, di non fidarsi. Ma anche per dimostrare a quelle che sono in condizioni di schiavitù che una via di uscita è possibile. C’è un mondo di donne e di uomini, religiosi e non, pronti ad accogliere senza chiedere nulla in cambio, a combattere insieme a loro chi le ha sfruttate, a ricostruire con loro la consapevolezza del proprio valore come persone, la fiducia in se stesse e nelle proprie possibilità. Dall’amore che scaturisce da questi incontri - amore che, dice Blessing Okoedion, alcune ragazze non hanno mai ricevuto neppure dalle proprie madri - può aver inizio un lavoro di ricostruzione di se stesse, della propria dignità e di riconquista del proprio posto nella società.

Questa è la filosofia e il clima che regna a casa Rut, una casa di accoglienza delle suore orsoline che hanno fatto di Caserta il loro luogo di missione. Religiose e ragazze condividono uno stesso grande appartamento in un condominio nel centro di Caserta, dove tutte danno vita ai riti quotidiani di tutte le famiglie, sveglia, lavaggi, pannolini, lacrime, nascite, gioie, problemi, feste, arrivi, partenze.  

Tutto accompagnato da una costante attenzione anche alla formazione per il lavoro, considerato un importante fattore di riscatto e di emancipazione. La cooperativa New Hope, che è nata da casa Rut e dalle molte persone che ne condividono lo spirito, ha proprio questo obiettivo, la produzione di oggetti di sartoria attraverso i quali le ragazze esprimono la propria creatività e guadagnano uno stipendio che consente loro di vivere autonomamente e di capire il reale rapporto tra lavoro e denaro.

Ora Blessing Okoedion gira l’Italia per raccontare il suo libro anche se le costa dolore perché ad ogni incontro rinnova il senso di disperazione di quando si è trovata sola sulla strada. Ma crede fermamente nella necessità di denunciare la disumanità che si cela dietro la prostituzione forzata, ma anche nel dimostrare alle molte donne e ragazze che subiscono con rassegnazione questo destino, “ci si abitua” le hanno detto, che si può ricominciare a vivere.

Il 12 giugno la Fondazione Nilde Iotti e l’associazioneSlaves no more!hanno presentato il libro presso la Camera dei deputati. Un incontro molto partecipato nel quale alla toccante testimonianza di Blessing Okoedion hanno fatto da sponda persone da anni impegnate su questo fronte, sotto la sapiente regia di Gianni Anversa. Livia Turco ha richiamato il ruolo importane della politica e delle istituzioni nel contrasto del traffico di esseri umani, e ha sottolineato l’importanza della collaborazione con le associazioni di volontariato per conoscere bene i fenomeni e per approntare le misure più consone per affrontarli. Ha richiamato l’esperienza dell’elaborazione della legge Turco-Napolitano sull’immigrazione e del tavolo istituito in questo ambito che ha portato alla individuazione dell’art. 18, tutt’ora in vigore, che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per le vittime di tratta a seguito di denuncia degli sfruttatori o semplicemente in un percorso “sociale”. Altri interventi (Suor Rita Giarretta anima di Casa Rut, David Mancini magistrato, Oria Gargano dell’Associazione Bee Free) hanno denunciato quanto, ancora oggi, sia difficile l’applicazione di questo articolo soprattutto a causa dei tentativi di strumentalizzazione da parte degli sfruttatori di queste ragazze, e come nuove difficoltà si presentano anche per l’applicazione delle norme a tutela dei richiedenti asilo e rifugiati.  Anna Pozzi ricercatrice e giornalista, ha estratto alcuni dati dalla sua approfondita analisi presentata nel libro che dimostrano come il traffico di ragazze minorenni dalla Nigeria sia in costante aumento e rappresentano il 40% dei minori non accompagnati provenienti da quel paese, contro il 7-8% di media delle ragazze sui minori non accompagnati provenienti da altri Paesi.

L’incontro è terminato con un accorato appello di Suor Eugenia Bonetti, quasi ottantenne Presidente dell’Associazione Slaves no more, missionaria della Consolata, che, dopo 24 anni trascorsi in Kenia, da vent’anni si occupa di questo fenomeno che coinvolge migliaia di ragazze sulle strade nel nostro Paese[i]. L’associazione, ha spiegato suor Eugenia, è nata il 29 dicembre 2012 su iniziativa di religiose e laici da tempo impegnati a vario titolo nella lotta al traffico di esseri umani e nella salvaguardia delle vittime. Intende agire in modo ancora più efficace per prevenire e contrastare le violenze sulle donne e per combattere il fenomeno della tratta, lavorando in rete con altri gruppi, enti e associazioni sia in Italia che all’estero. Quello del traffico di esseri umani si configura, infatti, come un fenomeno che tocca diversi Paesi di origine, transito e destinazione con cui è necessario intensificare contatti e collaborazioni. L’Associazione, ha precisato suor Eugenia, ha tra i suoi scopi anche il sostegno e la reintegrazione socio-lavorativa delle donne vittime di violenza e di tratta attraverso progetti personalizzati sia in Italia che nei Paesi di provenienza delle donne immigrate. Questo perché vorremmo potere restituire un futuro a giovani donne, a cui è stata tolta qualsiasi prospettiva di vita dignitosa.

 

Vaifra Palanca

 

Blessing Okoedioncon Anna Pozzi, Il coraggio della libertà. Una donna uscita dall’inferno della tratta. Prefazione di Dacia Maraini, postfazione di Rita Giarretta, Paoline editoriale libri, 2017 Milano

 

 

 


[i]
Un’esperienza raccontata anche nei libri Schiave (San Paolo 2010) e Spezzare le catene (Rizzoli 2012).

19 giugno 2017