La morte di Simone Veil

Mi ha fatto molto riflettere il fatto che sia Simone Veil, la prima Presidente del Parlamento Europeo eletto direttamente dai cittadini, sia Helmut Kohl, il Cancelliere della riunificazione, siano morti in giorni molto difficili per l’Unione europea, nei quali il sogno dell’Europa dei popoli sembrava svanire e più che di solidarietà e di progetti di pace si parlava di populismi e di chiusura dei confini e dei porti.

di Rosa Russo Jervolino


Mi ha fatto molto riflettere il fatto che sia Simone Veil, la prima Presidente del Parlamento Europeo eletto direttamente dai cittadini, sia Helmut Kohl, il Cancelliere della riunificazione, siano morti in giorni molto difficili per l’Unione europea, nei quali il sogno dell’Europa dei popoli sembrava svanire e più che di solidarietà e di progetti di pace si parlava di populismi e di chiusura dei confini e dei porti.

Non è così né deve essere così. I giorni che stiamo vivendo devono segnare non la fine di un progetto, ma l’inizio di un nuovo progetto che i Grandi del dopoguerra seppero tracciare e realizzare superando gli odi reciproci, le distruzioni, le tragedie della guerra.

Durante il mio primo mandato di Sindaco di Napoli ho invitato Simone Veil all’inaugurazione della stagione del Teatro San Carlo. Anche qui non un’operazione mondana, ma un gesto di rispetto e di gratitudine che la città, Medaglia d’oro della Resistenza, intese compiere nei confronti di che aveva avuto il coraggio di resistere alla tragedia del Nazismo. Ricordo con quanta commozione guardai sul suo braccio quel numero (78651) che aveva contrassegnato da giovane prigioniera dei campi di concentramento.

Quando Simone nacque a Nizza nel 1927 non immaginava certo il futuro che l’attendeva. Già le prime ordinanze contro gli ebrei sconvolgono la vita della sua famiglia. Vengono tutti deportati, ma solo Simone, Denise e Madleine riescono a sopravvivere. La madre muore di tifo nel campo di Bergen-Belsen, mentre il padre e il fratello intraprendono un viaggio senza ritorno per Kaunas in Lituania.

Il numero inciso sul suo braccio le ricorda ogni giorno il dovere di proteggere e difendere la dignità umana non solo attraverso buoni principi, ma con azioni concrete.

Dopo la laurea nel 1956, Simone vince il concorso in Magistratura e comincia ad occuparsi delle condizioni dei detenuti. Nel 1974 viene chiamata da Jaques Chirac come Ministro della salute e successivamente accetta la proposta di Giscard D’Estaing di candidarsi al Parlamento europeo per l’Unione Democratica francese. Il 17 luglio del 1969 viene eletta Presidente del Parlamento Europeo che per la prima volta nasce dal suffragio universale dei cittadini e pronuncia un famoso discorso d’insediamento che descrive le tre dimensioni dell’Europa per le quali il Parlamento stesso avrebbe dovuto lavorare: l’Europa della solidarietà, l’Europa dell’indipendenza, l’Europa della cooperazione.

Deve farci riflettere come, per Simone Veil la solidarietà e la cooperazione non si contrappongono all’indipendenza, ma ne sono anzi parte integrante. Una opportunità per tutti i cittadini d’Europa, ma soprattutto per le donne alle quali si rivolge richiamandosi il massaggio di Paolo VI al termine del Concilio Vaticano II: “ Donne di tutto l’universo, cristiane o non credenti a cui è affidata la vita in questo momento così grave della storia, spetta a voi salvare la pace del mondo”.

Messaggio più che mai attuale e che per ognuna di noi rappresenta una consegna: l’impegno a camminare verso un mondo pacifico in cui gli esseri umani si sentano fratelli e nel quale nessuno più sia additato e discriminato come un numero di una massa destinata alla morte.

Un lavoro quindi da continuare.

07 luglio 2017