Il divario tra uomini e donne nel nostro paese ha fatto precipitare l'Italia all'82esimo posto nella classifica su 144 paesi. Siamo dietro alla Grecia. In un anno il calo è stato di ben 22 posizioni.
Il 61,5% delle donne che lavorano in Italia non vengono pagate per niente o non adeguatamente, contro il 22,9% degli uomini.
Nella classifica, ai primi posti ci sono i paesi in cui il gender gap ossia il divario in opportunita', status e attitudini tra i due sessi, è meno evidente ed è stato seppur parzialmente colmato. Procedendo nella classifica, agli ultimi posti vi sono i paesi in cui invece tale divario è molto più marcato. Quest'anno, il nostro paese è precipitato all'82 esimo posto su 144 posizioni complessive, dietro anche alla Grecia (che si colloca al 78esimo): dal 41esimo posto in cui eravamo nel 2015, siamo insomma crollati di ben 32 posizioni per quanto riguarda il gender gap, ossia il divario in opportunità, status e attitudini tra i due sessi. L'anno scorso eravamo al 50esimo: in un anno, il calo è stato di ben 22 posizioni. Specificatamente parlando di salario, siamo al 126 esimo posto nel divario di genere: gli uomini insomma guadagnano più delle donne, e questa non è una novità, ma dalla ricerca emerge anche che le donne lavorano di più. Ogni giorno, una donna lavora 512 minuti contro i 453 di un suo collega mentre la disoccupazione è più alta tra le donne (12,8% contro il 10,9%) così come le persone senza lavoro scoraggiate (40,3% contro il 16,2% degli uomini).
Nel Rapporto, emerge inoltre che in Italia il Parlamento è formato solo dal 31% da donne, e nei ministeri la loro presenza è limitata al 27,8%.
Insomma, soprattutto per quanto riguarda il potere politico, il divario di genere (anche se si è molto ridotto rispetto al passato) è comunque molto ampio.
Il divario poi si è allargato negli ultimi dieci anni per la salute e la sopravvivenza: in questo campo, siamo passati dal 77 esimo del 2006 al 123 esimo posto. Come partecipazione economica e per opportunità offerte, siamo passati dall'87esimo del 2006 al 118esimo posto.
A livello globale il divario di genere, spiega il Wef, è al 68% e si è comunque allargato. Con questi ritmi, ci vorranno 100 anni per colmarlo rispetto agli 83 stimati lo scorso anno: si tratta di una stima fatta a livello globale, come media tra i 61 anni dell'Europa occidentale e i 168 anni nel Nord America.
Ma segnala inoltre il Wef, se si colmasse il divario di genere il Pil del mondo aumenterebbe di 5,3 miliardi di dollari.
Sui 144 paesi presi in esame, l'Islanda si conferma al primo posto.
Nella top ten, oltre ai paesi scandinavi, ritroviamo anche il Nicaragua e la Slovenia mentre gli Usa perdono posizione e arrivano al 49esimo posto.
Cina, India e Giappone si collocano rispettivamente al 100esimo, 108esimo e 114esimo posto.
Il rapporto evidenzia inoltre come nella partecipazione economica e nelle opportunità offerte, nessun paese al mondo ha colmato completamente il divario tra i 2 sessi.
Per quanto riguarda il potere politico, il divario si sta allargando e solo l'Islanda lo ha colmato per più del 70%. L'Europa occidentale resta la regione al mondo con il gap più ridotto, e cioè del 25% in media.
L'Italia è però fanalino di coda, dopo la Grecia, e prima solo di Cipro (al 92 esimo) e Malta (93esimo). Gli Stati Uniti invece hanno un divario di genere leggermente superiore a quello dell'Europa occidentale, nella misura del 28%. Divario che si amplia al 71% nell'Europa orientale e in Asia centrale ma che si riduce al 30% in America Latina e nei Caraibi: anzi tra le prime 10 posizioni al mondo, ritroviamo proprio il Nicaragua. E il Brasile, nonostante si collochi al 90esimo posto, è uno dei Paesi che ha chiuso completamente il suo divario di scolarità di istruzione. Il divario di genere si allarga, come largamente previsto, nel Medio Oriente, e in Africa settentrionale: qui il tasso è al 40%.
Tornando all'Italia, siamo al 90 esimo posto come partecipazione alla forza lavoro e al 103esimo posto per salario percepito (gli uomini guadagnano di più delle donne).
Per quanto riguarda l'istruzione, siamo piombati dal 27esimo posto del 2006 al 60esimo: ci sono più bambine che bambini che non vanno a scuola, e anche nell'uso di Internet c'è uno scarto a vantaggio del mondo maschile. Tra i laureati, le donne sono la maggior parte degli studenti di facoltà di arti e di insegnamento, ma anche in medicina e nelle professioni di cura in generale.
Se la lettura di questi dati non vuole rimanere mera conoscenza statistica occorre mettere in campo un’iniziativa politico culturale forte che inchiodi ad impegni precisi le forze politiche che vanno al voto in primavera nei programmi specifici e nelle proposte di genere, ma soprattutto nella elezione di una adeguata rappresentanza femminile volta a ridurre il gap tra elette ed eletti.
Fateci governare il paese nei posti chiave: economia, lavoro, giustizia, salute, relazioni internazionali sono certa che l’Italia crescerebbe più equa, più giusta, più trasparente, più felice ed inclusiva per tutti.
Grazia Labate
Ricercatore in economia sanitaria già sottosegretario alla sanità
10 novembre 2017