Le streghe son tornate  

Il premio letterario più famoso d’Italia è ritornato nelle mani di una donna. Helena Janeczek ha vinto nell’anno dello scandalo Weinstein, della ripresa della lotta per  la parità dei diritti, dei #MeToo e di tutti quei movimenti che non smettono di lottare per le proprie idee e per i propri diritti. Come Gerda Taro, la donna a cui Janeczek dedica questo libro bellissimo, emozionante e coraggioso.

Al premio Strega di quest’anno vincono tre donne su 5: a partire dalla prima finalista, Helena Janeczek, che con 256 voti e il suo “La ragazza con la Leica” (Guanda) guida la cinquina del Premio Strega 2018. Al secondo posto Marco Balzano con “Resto qui” (Einaudi) che ha avuto 243 voti e al terzo Sandra Petrignani con 200 voti per “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” (Neri Pozza). Al quarto posto Lia Levi con 173 voti per “Questa sera è già domani” (Edizioni E/O) e quinto Carlo D’Amicis con “Il gioco” (Mondadori).   Prima degli esclusi per 2 voti di distacco Francesca Melandri con “Sangue giusto” (Rizzoli) che ha avuto 149 voti. Quest’anno erano  in sei su dodici concorrenti, tutte con libri diversi che dimostrano la ricchezza delle storie scritte dalle donne. E in Italia ci sono bravissime scrittrici.   Poche LE STREGHE PREMIATE da quando è nato il premio.   L’ultima scrittrice che ha vinto è stata Melania Mazzucco con Vita nel 2003. Da quando è nato, nel 1947, il Premio Strega è stato assegnato a dieci donne.   Hanno vinto il premio 10 donne e 61 uomini in 70 anni:  Elsa Morante, “L’isola di Arturo”, 1957; Natalia Ginzburg, “Lessico famigliare”, 1963; Anna Maria Ortese, “Poveri e semplici”, 1967; Lalla Romano, “Le parole tra noi leggere”, 1969; Fausta Cialente, “Le quattro ragazze Wieselberger”, 1976; Maria Bellonci, “Rinascimento privato”, 1986; Mariateresa Di Lascia, “Passaggio in ombra”, 1995; Dacia Maraini, “Buio”, 1999; Margaret Mazzantini, “Non ti muovere”, 2002; Melania Mazzucco, “Vita”, 2003.   Non si riscontra una tendenza particolare (i premi alle donne non aumentano o diminuiscono nel tempo). Quello che si può osservare  è l’assenza di una donna vincitrice dal 2003 al 2018: non c’era mai stato un intervallo di tempo così lungo senza una vincitrice. L’assenza di vincitrici da più tempo si iscrive in un trend storico in cui le semifinaliste e le finaliste sono invece in crescita. Lo scatto in avanti delle donne nello Strega avviene in corrispondenza della prima metà degli anni ‘70 e del boom del femminismo, anni dopo i quali c’è una leggera flessione ma non si torna indietro: non ci saranno più semifinali di soli uomini e spariranno (fatta eccezione per il 1981 e il 1987) le cinquine senza donne.   Il fatto che si riscontri una dinamica storica in crescita tra le semifinaliste e le finaliste, con numeri oscillanti, ma che, dall’inizio degli anni ’90, non scendono quasi mai sotto il 20% non significa che alle donne venga riconosciuto un grande prestigio letterario: tolti gli anni fortunati del 2004 e 2007, in cui le donne conquistano la maggioranza dei posti in semifinale, la loro percentuale tende ad assestarsi sotto il 40%. Ieri sera ritorna a vincere una donna che conquista il primo posto sul podio. Helena Janeczek, 54enne scrittrice italiana di origine tedesca, ha vinto il Premio Strega 2018 con il romanzo La ragazza con la Leica . “La ragazza con la Leica” della Janeczek è dedicato alla figura di Gerda Taro, la prima fotoreporter di guerra a morire sul campo a 26 anni.   “Non somiglio a Gerda Taro, ha detto Helena Janeczek ai microfoni degli intervistatori:  è stato bello cimentarmi con una figura diversa. Lei è nata coraggiosa, io il coraggio ho imparato a tirarlo fuori. Lei mi ha aiutato nei sei anni in cui ho scritto questo libro. Vorrei che non passassero altri 15 anni dalla vittoria di un’altra donna”.   Il libro migliore secondo i giurati, ed è così  che  il premio letterario più famoso d’Italia è ritornato nelle mani di una donna. Janeczek ha vinto nell’anno dello scandalo Weinstein, della ripresa della lotta per  la parità dei diritti, dei #MeToo e di tutti quei movimenti che non smettono di lottare per le proprie idee e per i propri diritti. Come Gerda Taro, la donna a cui Janeczek dedica questo libro bellissimo, emozionante e coraggioso.  La Taro nasce a Stoccarda nel 1910 e muore sul fronte nel ’36, durante la guerra civile spagnola.   Pioniera del fotogiornalismo, antifascista militante ed eroina silenziosa, nella sua vita, non perse mai la voglia di raccontare gli orrori della distruzione  e della  povertà della gente, che per lei erano priorità assolute, obiettivi da mettere a fuoco, in tutta la loro crudezza. La  Janeczek  con la ragazza con la Leica la  riporta in vita, la riscatta dall’oblio. Per Janeczek, un’infanzia a Monaco di Baviera e una vita a Gallarate insieme a due gatti e un figlio adolescente, è riprendersi una pagina dimenticata dalla storia, una pagina dell’esistenza e del coraggio di una donna contro un sistema buio e ostile.   Grazia Labate Ricercatore in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità

06 luglio 2018