L'istituzione di una Commissione parlamentare per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere rappresenta un'occasione storica per l'Italia per dare finalmente piena attuazione al principio iscritto nell'articolo 3 della nostra Costituzione che da sempre guida e ispira tutto il mio agire.
E' con l'articolo 3, infatti, che le nostre madri e padri costituenti hanno affidato alla Repubblica, e quindi alle sue istituzioni, il compito di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Nei 70 anni trascorsi da allora alcuni sforzi sono stati fatti ma è sempre mancata quella determinata e determinante volontà politica di rendere le politiche di genere strutturali e integrate a tutte le altre. Al progredire dell'emancipazione femminile in tutti i campi della vita pubblica non è purtroppo corrisposto il raggiungimento di una rappresentanza piena e paritaria negli stessi campi della vita sociale, culturale, politica ed economica.
L'iniziativa assunta trasversalmente dalle forze d'opposizione - e che mi auguro possa al più presto trovare condivisione anche in quelle di maggioranza - mira proprio a rendere effettivo questo cambiamento, a stimolare e supervisionare l'operato delle Camere affinché nessun provvedimento risulti discriminatorio o in violazione delle norme europee e degli accordi internazionali.
Esattamente ciò che viene previsto dal comma d dell'articolo 1 del Ddlladdove si dice che la commissione ha il compito di "valutare l'impatto di genere delle leggi approvate e verificare che la legislazione nazionale sia in linea con quanto stabilito dalle norme europee e dagli accordi internazionali in materia di parità e non discriminazione".
Il Parlamento europeo fin dalla sua costituzione ha ritenuto di dover monitorare la questione della rappresentanza femminile e spingere le altre commissioni a tenere conto della condizione della donna e valutare le ricadute degli atti approvati sulle questioni di genere.
In Italia per anni questo ruolo è stato svolto dal Ministero per le Pari Opportunità le cui funzioni oggi sono affidate a un sottosegretario e alla Commissione nazionale per la parità. Nella scorsa legislatura è stata inoltre istituita la Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio per studiare e contrastare ogni forma di violenza di genere, piaga della nostra vita democratica.
La creazione di una commissione permanente è oggi un passo ulteriore per spingere il Parlamento a occuparsi con più determinazione di lavoro, di divario salariale (oggi pari al 16,3%), di indipendenza economica, di povertà femminile, di sottorappresentanza delle donne nel processo decisionale, di maternità e salute, di contrasto alla violenza, di servizi per l'infanzia e la famiglia.
Una commissione composta di donne e uomini. Un aspetto che ritengo fondamentale per il superamento dello stereotipo della divisione dei compiti. La questione femminile non è una questione di cui debbano occuparsi solo le donne. Come nella vita privata donne e uomini debbono condividere i compiti domestici e familiari, così nella vita pubblica donne e uomini devono condividere la responsabilità della parità, del superamento di ogni discrimine legato al genere.
La parità di genere non è un concetto filosofico, legale o giuridico: è un principio di civiltà, un fatto culturale che deve permeare la nostra società e che dobbiamo continuare ad affermare e a far vivere pienamente. Per questo sono particolarmente orgogliosa di essere, insieme al nostro capogruppo al Senato Andrea Marcucci, tra le prime firmatarie del Disegno di legge per l'istituzione di questa Commissione per i diritti delle donne e la parità di genere che spero sia approvato presto dal nostro Parlamento e con la maggioranza, di donne e uomini, più larga possibile.
Valeria Fedeli
Senatrice Pd
01 ottobre 2018