L’obiettivo che il ddl Pillon intende raggiungere, non solo è contrario alle norme di legge e lesivo di diritti fondamentali degli esseri umani coinvolti, ma calpesta in un solo colpo anni di conquiste sul terreno dei diritti delle donne e dei minori, la cui validità sembrava indiscussa.
A dispetto di un nobile proposito, che è quello di rendere ugualmente partecipi su ogni aspetto della vita il padre e la madre, il disegno di legge Pillon mette in pratica misure che in un Paese come l’Italia, in cui il mercato del lavoro è meno accessibile e meno paritario tra uomo e donna, amplificano le diseguaglianze e non tengono conto delle scelte che la coppia ha messo in atto, poniamo congiuntamente, al momento della sua costituzione e nel corso della sua realizzazione.
La necessità, poi, che il padre sia più presente nella gestione della vita dei figli, è prima di tutto sentita dalle donne, ormai da decenni, anche per potersi liberare di una serie di incombenze che non sono qualificanti della figura materna, ma che, semmai, impediscono la piena realizzazione di altri aspetti della loro, nostra, vita. L’avvocato-mediatore Pillon immagina un modello di relazione tra esseri umani standard in cui ciascuno è portatore e titolare di un interesse particolare, possibilmente contrapposto a quello dell’altra persona con cui si è scelto di vivere parte della propria esistenza e anche generare della prole.
Esattamente il contrario di quello che accade quando due persone si uniscono in un progetto di vita comune dove il bene della “famiglia”, quale che essa sia, sovrasta quello del singolo componente, a meno che non si tratti dei figli, in un reciproco scambio tra persone legate da un sentimento. Considerando poi che il senatore Pillon si erge a difensore della cosiddetta famiglia tradizionale - ignorando che con l’introduzione del divorzio di modelli di famiglia ce ne sono già molti altri nel nostro Paese oggi anche riconosciuti dalla legge sulle unioni civili - deve essere chiaro, anche ai suoi elettori della Lega, che la ratio del suo disegno di legge contrasta proprio quei principi di quella famiglia che dice di difendere, semmai gli stessi fossero diversi da quelli di un altro modello di famiglia! Una ragione risiede nel fatto che, appunto, una normativa di quel tipo scoraggia chiunque a costruire famiglia dentro un progetto di condivisone di oneri ed onori, perché poi se lo stesso dovesse interrompersi, come le statistiche dimostrano, è evidente che “l’investimento” in quel progetto diventa disastroso.
Per scendere nel dettaglio se, come vuole il Senatore Pillon, ogni scelta, sulla parte sentimentale e sulla parte patrimoniale delle relazione affettiva, sarà regolata da un criterio puramente avulso dalle condizioni e dalla realtà di quella famiglia e delle scelte fatte in passato, a favore di un’astratta previsione che chi è più forte al momento della separazione è quello che ne trae i maggiori vantaggi, ma perché mai una donna dovrebbe accettare tutto questo?
Se dopo essersi dedicata, con amore e dedizione, alla crescita, all’educazione dei figli comuni - cosa che le donne fanno e vogliono continuare a fare – come pure alla cura del marito che, nel frattempo è diventato sempre più forte, rinunciando, in tutto o in parte alla propria carriera o professione, e, dunque, magari non potendo contribuire economicamente all’acquisto della casa dove la famiglia ha vissuto, perché questa scelta, a vantaggio di tutti, deve tradursi in una punizione per la donna nel momento dello scioglimento della famiglia come vuole il ddl Pillon, che la vuole privare delle risorse per mantenere i figli, della casa e della dignità di essere pari nella diversità dei ruoli svolti per la famiglia?
E ancora perché se quelle sono state le scelte fatte, volontariamente o per necessità, dal marito e dalla moglie perché poi, si ammette, indipendentemente dalle motivazioni, che cambino le regole in una fase della vita in cui, può darsi che lo stravolgimento di quelle regole significhi la distruzione dell’essere umano? Allora è giusto, come prevede l’ordinamento attuale, che ci siano delle tutele a favore del soggetto economicamente più debole e che sia valutato l’apporto complessivo di ciascuno allo svolgimento della nucleo familiare.
Molte sono le storture di questo disegno di legge,, di forma e di sostanza e che calpestano, al contempo ad ogni diritto ed interesse coinvolto, anche quello dei figli minori che, appunto come degli oggetti, devono essere trasferiti da una casa ad un’altra, posto che ci siano due case in grado di accoglierli adeguatamente, senza considerare i loro interessi, i loro bisogni e le loro esigenze.
Ecco perché è necessario che la Fondazione Iotti, per il lavoro incessante che la Presidente Nilde Iotti, insieme ad altre venti donne costituenti, hanno svolto per inserire nella Costituzione Italiana l’art. 3, dove si afferma l’uguaglianza formale e sostanziale tra gli esseri umani sia presente nelle piazze al fianco alle Associazioni e alle forze politiche che combattono contro il maldestro tentativo delle destre nazional-populiste di cancellare i diritti delle donne, delle madri e dei figli.
Quei principi e quei diritti irrinunciabili, tanto nelle istituzioni pubbliche che nelle formazioni private, come la famiglia, devono essere assicurate, garantite e difese dal nostro ordinamento in ogni ordine e grado. In questi anni la Fondazione Iotti, la sua Presidente Livia Turco e le tante volontarie che credono in questi valori, hanno senza tregua svolto un’attività preziosa nella divulgazione del pensiero e della conoscenza delle battaglie riformatrici portate avanti dalle donne come elemento fondativo e fondante della storia del nostro Paese ed è parte di questa missione manifestare il dissenso contro un disegno di legge che contiene un’idea retrograda ed ingiusta del rapporto tra le persone e che fa retrocedere la società in epoche buie.
Un disegno di legge che calpesta e viola i diritti delle bambine e dei bambini, che non rispetta la loro autodeterminazione e che impone una concezione proprietaria ed autoritaria delle relazioni affettive. Un disegno di legge che è contro le donne che dedicano la loro vita ai figli, alla cura della casa e al benessere di tutti i componenti della famiglia. Un disegno di legge che penalizza i padri e favorisce solo le persone agiate e che vivono in condizioni privilegiate.
Avv. Andrea Catizone
04 novembre 2018