L’augurio è che gli stati membri ed il nuovo Parlamento che scaturirà dalle elezioni del 26 maggio le portino avanti con coerenza. Sono convinta che le esperienze maturate a livello internazionale, nell’ambito di contesti sociali, culturali e politici differenziati, abbiano evidenziato nell’ ultimo decennio tra gli obiettivi fondamentali della parità di genere la necessità di accrescere la consapevolezza dell’impatto che le politiche economiche possono avere sulle diseguaglianze di genere.
Di qui l’esigenza di intervenire sulle normative e sulle politiche pubbliche di attuazione per assicurare una maggiore efficacia degli interventi, tramite una chiara definizione di obiettivi di genere e promuovere una maggiore trasparenza attivando meccanismi tesi a evidenziare pratiche potenzialmente discriminatorie. A livello europeo, già nella risoluzione del Parlamento Europeo del 3 luglio 2003, veniva suggerito agli stati membri l’adozione del bilancio di genere, quale strumento che consente di “adottare una valutazione d’impatto di genere a tutti i livelli dalle norme alle procedure di bilancio verificando le entrate e le uscite al fine di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne.
La raccomandazione del Comitato dei Ministri, CM/Rec (2007)17 individua nel bilancio di genere uno degli strumenti più efficaci per integrare la dimensione di genere e garantire una presenza equilibrata di entrambi i sessi nei servizi pubblici. Più recentemente la risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2010 ribadisce la necessità di mettere in atto e monitorare sistematicamente l'integrazione della prospettiva di genere nei processi legislativi, di bilancio e in altri importanti processi decisionali, nonché nelle strategie, nei programmi e progetti in vari ambiti, tra cui la politica economica e le politiche d'integrazione.
L’analisi delle politiche fiscali secondo una prospettiva di genere si configura come uno strumento complesso volto, da un lato, a una individuazione dei meccanismi normativi di fatto e potenzialmente discriminatori esistenti nei diversi regimi fiscali, dall’altro, alla verifica degli impatti degli interventi di natura fiscale su uomini e donne e dunque sulla loro parità di diritti.
Uomini e donne sono, infatti, influenzati diversamente dalle normative fiscali non solo in relazione alle specifiche politiche, ma anche in relazione alle loro diverse situazioni socio-economiche, ai bisogni individuali e ai comportamenti sociali.
Sappiamo che è della massima importanza far fronte al divario di genere nei livelli di occupazione e attenuare il divario pensionistico di genere, che è pari quasi al 40 % in media nell'Unione e deriva dalle disparità accumulate durante tutto il corso della vita dalle donne e dai periodi di loro assenza dal mercato del lavoro.
Nell'Unione il divario retributivo di genere si attesta al 16 %, il che significa che nell'Unione le donne, nei vari settori economici, guadagnano in media il 16 % in meno all'ora rispetto agli uomini. Inoltre l'effetto cumulativo dei molteplici divari che interessano le donne (divario retributivo e occupazionale di genere, interruzioni nella carriera e dovute alla cura dei figli, lavoro a tempo pieno contro lavoro a tempo parziale) contribuisce sostanzialmente al divario retributivo e al divario pensionistico di genere, con un conseguente aumento del rischio di esposizione delle donne alla povertà e all'esclusione sociale.
Le norme sull'imposta sul reddito delle persone fisiche, nel documento: Gender equality and taxation in the European Union (Parità di genere e fiscalità nell'Unione europea), 2017. mostrano come possano contenere discriminazioni esplicite od implicite nei confronti della parità di genere: si ha discriminazione esplicita quando una disposizione fiscale si applica direttamente agli uomini o alle donne in modo diverso, mentre nel caso di una discriminazione implicita la disposizione si applica nominalmente a tutti in modo paritario, ma in realtà vi è discriminazione in quanto la norma interagisce con modelli di comportamento o di reddito che hanno un impatto diverso in base al genere.
E’ pur vero che la maggior parte degli Stati membri ha abolito le norme fiscali che operano una differenziazione esplicita tra uomini e donne, ma le discriminazioni fiscali implicite sono ancora prevalenti in tutta l'Unione, in quanto le norme fiscali interagiscono con le realtà socioeconomiche e le scelte politiche in materia di innalzamento e di ridistribuzione dei redditi possono avere ripercussioni sproporzionate sulle entrate e sulla sicurezza economica delle donne e ridurre il loro accesso ai servizi pubblici di qualità, minando la loro capacità di far valere i propri diritti economici e sociali e di progredire verso la parità di genere.
Considerando che la riprogettazione delle politiche fiscali è uno degli aspetti essenziali della strategia Europa 2020 se si vuole davvero affermare un Europa sociale dei diritti e della parità di genere e che gli aspetti legati al genere tendono a essere trascurati nelle priorità e nelle raccomandazioni, in particolare quelle relative alla fiscalità, le 2 risoluzioni approvate il 15 gennaio rappresentano un passaggio importantissimo per l’Europa che verrà.
I cambiamenti regressivi nella tassazione del lavoro, delle società, dei consumi e della ricchezza che hanno interessato gli Stati membri negli ultimi decenni, esacerbati dalla crisi economica del 2008, hanno comportato un indebolimento del potere redistributivo dei sistemi fiscali e contribuito alla tendenza delle crescenti disparità di reddito, con uno spostamento dell'onere fiscale sui gruppi a basso reddito, e quindi soprattutto sulle donne.
Infatti se si analizzano i dati contenuti nel documento del Parlamento europeo, Gender equality and taxation in the European Union (Parità di genere e fiscalità nell'Unione europea), 2017 si evince che, mediamente, le aliquote d'imposta sulle società si sono ridotte drasticamente a partire dagli anni Ottanta, passando da oltre il 40 % al 21,9 % nel 2018, mentre invece le aliquote relative ai consumi (costituite in gran parte dall'IVA) sono aumentate dal 2009, attestandosi al 20,6 % nel 2016.
Non possiamo trascurare il fatto che le attuali politiche macroeconomiche non tengono conto dell'importanza del lavoro domestico e di assistenza non retribuito e che, in base ai dati, l'80 % dei servizi di assistenza nell'Unione è fornito da prestatori di assistenza informali non retribuiti, il 75 % dei quali sono donne. Che talune politiche fiscali, e le crescenti forme di evasione ed elusione, si abbattono sul finanziamento insufficiente dei servizi pubblici e l'accesso ai servizi sociali producendo un impatto sproporzionato sulle categorie a basso reddito, e in particolare sulle donne, le quali spesso colmano i divari esistenti per quanto riguarda l'assistenza, l'istruzione e altre forme di sostegno alle famiglie, generalmente senza essere remunerate, il che perpetua le eccessive responsabilità di assistenza delle donne che, in tutti i paesi dell'Unione, sono più povere e più vulnerabili e si accollano il doppio onere del lavoro di assistenza informale e del lavoro precario sottopagato .
Infine occorre considerare che quasi tutti gli Stati membri hanno reso duplice il sistema di imposizione basato sul reddito, applicando un'aliquota fiscale marginale più alta sul reddito del percettore di reddito secondario e introducendo aliquote fiscali uniformi per la maggior parte dei redditi da capitale e che un onere fiscale eccessivamente elevato per i percettori di reddito secondario, nella maggior parte degli Stati membri, derivante da un'imposizione fiscale progressiva sui redditi da lavoro, costituisce uno dei principali disincentivi alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro , oltre ad altre disposizioni fiscali e previdenziali congiunte.
Dal documento Parità di genere e fiscalità nell’unione si può facilmente notare come i livelli della "trappola dell'inattività" (attualmente al 40 %) e della spirale del basso salario, che si ripercuotono in modo sproporzionato sulle donne e le scoraggiano dalla piena partecipazione all'occupazione, sono determinati in misura significativa dalle disposizioni in materia di imposte dirette, oltre che dal venir meno delle prestazioni sociali.
Considerando che in alcuni Stati membri le famiglie possono tuttora beneficiare di sgravi fiscali per il coniuge a carico, indennità per le coppie sposate e/o crediti d'imposta per le coppie con un unico percettore di reddito, il che perpetua le asimmetrie rispetto alle famiglie monoparentali, costituite soprattutto da donne, e non riconosce la diversità delle situazioni familiari esistenti nell'Unione e che tali vantaggi fiscali solitamente disincentivano le donne coniugate dall'accedere al mercato del lavoro e portano direttamente o indirettamente le donne a riassegnare il proprio tempo dal lavoro retribuito al lavoro non retribuito.
Infine non possiamo non considerare l'impatto della tassazione sui divari di genere in termini di ricchezza aziendale, ricchezza personale e patrimonio di cui però esistono pochissimi dati disaggregati.
Perciò la Risoluzione è importantissima perché chiede alla Commissione, per sostenere l'uguaglianza di genere in tutte le politiche fiscali, di emanare linee guida e raccomandazioni specifiche destinate agli Stati membri al fine di eliminare le discriminazioni di genere in ambito fiscale e garantire che non si introducano nuove imposte, nuove leggi di spesa, nuovi programmi o nuove pratiche che aggravino il divario di genere relativo al reddito di mercato o al reddito al netto delle imposte.
La risoluzione sottolinea alla Commissione di rafforzare l'impegno strategico per l'uguaglianza di genere adottandolo obiettivi chiari e azioni chiave per migliorare la parità tra donne e uomini tramite un'analisi settoriale, comprensiva degli aspetti fiscali, di tutte le azioni dell'Unione;
Invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che la legislazione dell'Unione sulla discriminazione di genere diretta e indiretta sia attuata correttamente e che i suoi progressi siano monitorati sistematicamente, al fine di garantire che uomini e donne siano attori paritari;
Sottolinea che i sistemi di tassazione non dovrebbero più essere basati sul presupposto che le famiglie mettano in comune e condividano equamente i loro fondi, e che per raggiungere l'equità fiscale per le donne occorre adottare un sistema impositivo individuale;
Reputa essenziale che uomini e donne diventino percettori di reddito e prestatori di assistenza su un piano paritario ed esorta tutti gli Stati membri a introdurre gradualmente la tassazione individuale, garantendo al tempo stesso il pieno mantenimento di tutti i benefici finanziari e di altro tipo legati alla genitorialità negli attuali sistemi di tassazione congiunta; Nel rilevare che nel 2014 le aliquote medie nette delle imposte personali per i percettori di reddito secondario con due figli erano in media del 31 % per gli Stati membri dell'UE facenti parte dell'OCSE e del 28 % per tutti i paesi OCSE, invita la Commissione a monitorare continuamente e a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra donne e uomini per un lavoro identico o di pari valore negli Stati membri, al fine di garantire che le disuguaglianze siano eliminate sia dal mercato del lavoro che dalla tassazione.
Chiede che l'imposta sul reddito delle persone fisiche (struttura delle aliquote, esenzioni, deduzioni, prestazioni, crediti ecc.) sia progettata in modo tale da promuovere attivamente una distribuzione paritaria del lavoro retribuito e non retribuito, del reddito e dei diritti pensionistici tra donne e uomini, ed eliminare gli incentivi che perpetuano ruoli di genere iniqui;
Per la tassazione delle persone giuridiche chiede che gli Stati membri identificati per le loro disposizioni in materia di pianificazione fiscale aggressiva modifichino le rispettive legislazioni e abroghino tali disposizioni quanto prima ; Esprime preoccupazione per il rischio che, pur adoperandosi per il coordinamento delle rispettive basi imponibili per le imprese, gli Stati membri possano addivenire a nuove disposizioni per facilitare una pianificazione fiscale aggressiva da parte delle società, lasciando agli Stati membri l'onere di trovare nuove fonti di tassazione (comprese le imposte sui consumi) che hanno un effetto sproporzionato sulle donne; Invita gli Stati membri a razionalizzare gli incentivi o le agevolazioni fiscali che concedono alle società, così da assicurare che tali incentivi e agevolazioni avvantaggino soprattutto le piccole imprese e favoriscano una reale innovazione, nonché a valutare ex ante e a posteriori l'impatto potenziale di tali incentivi sull'uguaglianza di genere;
Per quanto riguarda la tassazione del capitale e del patrimonio nel constatare che la tassazione delle società e del patrimonio svolge un ruolo cruciale nella riduzione delle disuguaglianze grazie alla ridistribuzione in seno al sistema fiscale e al gettito risultante, che serve a finanziare le prestazioni e i trasferimenti sociali, rileva che l'indisponibilità, i costi proibitivi e la mancanza di infrastrutture sufficienti che offrano servizi di assistenza all'infanzia di qualità rimangono un ostacolo significativo, in primo luogo, alla pari partecipazione delle donne a tutti gli aspetti della società, compresa l'occupazione;
Sottolinea che la proprietà immobiliare è soggetta al principio di sussidiarietà e che non esiste alcuna legge in materia di proprietà immobiliare nell'Unione che discrimini le donne o gli uomini, in quanto il diritto di proprietà ricade sul proprietario; Deplora che, complessivamente, il contributo delle imposte sulla ricchezza al totale delle entrate fiscali sia rimasto piuttosto limitato, raggiungendo il 5,8 % del gettito complessivo nell'UE a 15 e il 4,3 % nell'UE a 28 ;
Sulla tassazione indiretta constatato che, dal 2009 al 2016, la quota delle tasse sui consumi nell'Unione è aumentata, si rileva che, generalmente, l'IVA rappresenta tra i due terzi e i tre quarti delle imposte sui consumi negli Stati membri e che l'IVA corrisponde attualmente in media a circa un quinto delle entrate fiscali complessive nell'UE3 ;
Constata che l'IVA è responsabile di una discriminazione di genere in ragione dei diversi modelli di consumo delle donne, diversi da quelli degli uomini, poiché esse acquistano più beni e servizi allo scopo di promuovere la salute, l'istruzione e la nutrizione ; da ciò, unitamente al più basso reddito femminile, la conseguenza e che le donne sopportino un onere dell'IVA maggiore; invita gli Stati membri a prevedere esenzioni IVA, aliquote ridotte e aliquote zero per i prodotti e i servizi che hanno effetti positivi sulla società, sulla salute e sull'ambiente, in conformità all'attuale revisione della direttiva sull'IVA dell'Unione europea.
Sottolinea che i prodotti per l'igiene femminile e i prodotti e i servizi per la cura dei bambini, degli anziani e delle persone con disabilità non siano ancora considerati beni essenziali in tutti gli Stati membri, invita perciò tutti gli Stati membri a eliminare la cosiddetta tassa sui prodotti per l'igiene femminile ("tampon tax"), avvalendosi della flessibilità introdotta dalla direttiva sull'IVA e applicando esenzioni o aliquote IVA allo 0 % a questi beni essenziali.
L'evasione e l'elusione fiscali sono tra i fattori che contribuiscono maggiormente alle disuguaglianze di genere nell'Unione e a livello mondiale, poiché limitano le risorse che i governi hanno a disposizione per rafforzare l'uguaglianza a livello nazionale e internazionale e nel ricordare la raccomandazione del 13 dicembre 2017 a seguito dell'inchiesta in relazione al riciclaggio di denaro, sull'elusione fiscale e sull'evasione fiscale nonchè le raccomandazioni delle precedenti commissioni speciali (TAX 1e TAX2) elaborate per contrastare l'evasione e l'elusione fiscali nell'UE, invita gli Stati membri ad adottare quanto prima una comunicazione pubblica paese per paese, sul fenomeno grave e distorsivo dell’evasione e dell’elusione, a costruire una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società nell'Unione europea e una direttiva rivista sugli interessi e i canoni; Invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere riforme fiscali basate sulla parità tra donne e uomini in tutte le sedi internazionali, comprese l'OCSE e l'ONU, e a sostenere la creazione di un organismo fiscale intergovernativo dell'ONU con adesione universale, uguali diritti di voto e partecipazione paritaria di donne e uomini;
Constata che i trattati volti a evitare la doppia imposizione fiscale tra gli Stati membri e i paesi in via di sviluppo, generalmente, non promuovono la tassazione alla fonte e pertanto avvantaggiano le multinazionali a spese della mobilitazione delle risorse nazionali da parte dei paesi in via di sviluppo.
Esorta gli Stati membri a incaricare la Commissione di rivedere i trattati in materia di doppia imposizione attualmente in vigore, onde esaminare e risolvere tali criticità, e garantire che i futuri trattati in materia includano disposizioni sull'uguaglianza di genere oltre alle generali disposizioni di lotta agli abusi.
Invita la commissione speciale TAX3 a includere una prospettiva di genere nella formulazione delle sue raccomandazioni e sollecita la Commissione e gli Stati membri ad effettuare valutazioni dell'impatto di genere sui flussi finanziari illeciti nello Studio finale delle Nazioni Unite, sui diritti umani e l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, (Final study on illicit financial flows, human rights and the 2030 Agenda for Sustainable Development), elaborato dal gruppo di esperti indipendenti sugli effetti del debito estero e di altri obblighi finanziari internazionali analoghi degli Stati sul pieno godimento di tutti i diritti umani, in particolare dei diritti economici, sociali e culturali.
Rammenta infine alla Commissione che, da quando il trattato di Lisbona ha integrato la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario, essa ha l'obbligo giuridicamente vincolante di promuovere la parità di genere nelle sue politiche e nelle sue azioni da cui discende il proprio obbligo giuridico di promuovere la parità di genere, anche nell'ambito delle sue valutazioni relative alla riprogettazione delle politiche fiscali fondamentali. La risoluzione approvata è stata trasmessa al Consiglio ed alla Commissione, abbiamo cosi uno strumento forte, che potremmo usare nella nuova Europa, mi auguro sempre più dei diritti. L'uguaglianza di genere non è solamente un diritto umano fondamentale, ma il suo conseguimento contribuirebbe a una crescita più inclusiva e sostenibile.
Così la seconda risoluzione sull'integrazione della dimensione di genere al Parlamento europeo non è meno importante, sia dal punto di vista dell’attuazione del principio dell'uguaglianza di genere, che dal punto di vista della necessità di introdurre veri e propri elementi di democrazia paritaria.
L’uguaglianza di genere è un valore cardine dell'Unione ed è riconosciuto dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, l'articolo 8 stabilisce che l'Unione europea, nelle sue azioni, mira ad eliminare le ineguaglianze, a promuovere la parità tra uomini e donne e a combattere le discriminazioni nella definizione e attuazione delle sue politiche e azioni considerando che l'uguaglianza di genere, rappresenta un elemento centrale della protezione dei diritti umani, del funzionamento della democrazia, del rispetto dello Stato di diritto, della crescita economica, dell'inclusione sociale e della sostenibilità.
L'integrazione di una dimensione di genere è pertinente per tutti i settori d'intervento che rientrano nelle competenze dell'UE; considerando che la convenzione di Istanbul sottolinea l'importanza di cambiare mentalità e atteggiamento per spezzare la continuità di tutte le forme di violenza di genere; che risulta pertanto indispensabile a tale riguardo l'educazione a tutti i livelli e per tutte le età sulla parità tra uomini e donne, su ruoli di genere non stereotipati e sul rispetto dell'integrità della persona; considerando che i fondi e le risorse umane stanziati per garantire progressi reali nell'integrazione della dimensione di genere nelle politiche, nei programmi, nelle iniziative e nelle azioni dell'UE risultano insufficienti; considerando che la popolazione dell'Unione europea è costituita per metà da donne e per metà da uomini, ma che la composizione del Parlamento europeo riflette una grave sottorappresentanza delle donne poiché solo il 36,1 % dei deputati è composto da donne; che tale divario è ulteriormente evidenziato dalla composizione dell'Ufficio di presidenza del Parlamento, che è composto da 7 donne e 13 uomini.
La rappresentanza equilibrata sotto il profilo di genere e la diversità in seno agli organi del Parlamento contribuiscono a combattere gli stereotipi, riducono la discriminazione e migliorano il livello di rappresentanza democratica dei cittadini dell'Unione e la legittimità delle decisioni del Parlamento.
Considerando che le donne nominate a posizioni di alta dirigenza in seno al Parlamento europeo (direttori generali e direttori) nel 2016 e nel 2017 hanno rappresentato rispettivamente l'11 e il 33 per cento; considerando che l'obiettivo di sviluppo sostenibile mira a raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze entro il 2030, e che l'integrazione della dimensione di genere è uno strumento che contribuisce a uno sviluppo equo efficace, duraturo e sostenibile, con ricadute positive in termini di conseguimento degli obiettivi di riduzione della povertà; considerando che è necessaria una maggiore cooperazione interistituzionale tra Parlamento, Consiglio e Commissione in materia di integrazione della dimensione di genere, onde garantire la possibilità di introdurre prospettive di genere in tutte le fasi del bilancio, delle politiche, dei programmi e delle iniziative dell'Unione, il che agevolerebbe il lavoro dello stesso Parlamento in materia.
Considerando che, secondo gli ultimi dati disponibili , le donne rappresentano il 59 % del personale del Parlamento, ma sono ancora sottorappresentate a tutti i livelli dirigenziali; che il numero di donne che ricoprono ruoli dirigenziali di alto livello è addirittura diminuito dal giugno 2017, mentre il numero di donne in ruoli dirigenziali di medio livello è aumentato solo in misura lieve; considerando che la relazione 2017 sull'uguaglianza di genere, a cura del vicepresidente del Parlamento Dimitrios Papadimoulis, ha fissato tre obiettivi per la rappresentanza femminile nella dirigenza di medio e alto livello, da raggiungere entro il 2019: 30 % a livello di direttori generali, 35 % a livello di direttori e 40 % a livello di capi unità; che la tabella di marcia successivamente approvata illustra come conseguire questi obiettivi; considerando che al fine di promuovere l'integrazione della dimensione di genere nel lavoro delle commissioni e delle delegazioni del Parlamento, in seno a ogni commissione e alla Conferenza dei presidenti di delegazione viene nominato un membro responsabile dell'integrazione della dimensione di genere, il quale condivide esperienze e buone pratiche all'interno della rete per l'integrazione della dimensione di genere; considerando che la coerenza tra le politiche interne in materia di risorse umane e le azioni esterne nel campo della promozione dell'uguaglianza di genere e dei diritti delle persone è essenziale per la credibilità del Parlamento e delle altre istituzioni dell'UE; considerando che, a partire dal 2014, il regolamento del Parlamento europeo ha stabilito che la diversità del Parlamento deve riflettersi nella composizione dell'ufficio di presidenza di ciascuna commissione parlamentare e che non potrà essere ammesso un ufficio di presidenza a composizione interamente maschile o femminile; considerando che i posti di alta dirigenza in seno al Parlamento sono attribuiti esclusivamente dall'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo; considerando che è necessario riconoscere il valore sociale e politico delle organizzazioni e degli spazi femminili, della loro storia e del loro lavoro, nonché del ruolo essenziale che svolgono nel prevenire la violenza di genere e nel promuovere l'uguaglianza di genere, l'autodeterminazione femminile e il dialogo interculturale; che non è possibile conseguire un'integrazione consapevole della dimensione di genere in assenza di luoghi in grado di favorire l'autodeterminazione e l'autorità delle donne nonché di lottare contro la violenza nei confronti delle donne; considerando che nell'UE le donne hanno gli stessi diritti politici e civili degli uomini, eppure spesso non godono della stessa situazione sociale o economica.
Chiede che, la Commissione presenti un'autentica strategia europea per l'uguaglianza sotto forma di una comunicazione che contenga obiettivi chiari e, per quanto possibile, quantificabili e che sia tradotta in tutte le lingue ufficiali dell'UE, al fine di garantire ai cittadini e agli attori sociali ed economici una diffusione e una comprensione maggiori dei principi di uguaglianza tra uomo e donna.
Ritiene che il nuovo Parlamento europeo dovrebbero andare di pari passo con misure mirate per conseguire una rappresentanza equilibrata dal punto di vista del genere, a livello sia amministrativo che politico; ribadisce che le politiche per l'integrazione della dimensione di genere include le decisioni politiche, il processo decisionale, le procedure e le pratiche, come pure l'attuazione, il monitoraggio e la valutazione; sottolinea pertanto che, al fine di valutare in modo esaustivo lo stato di avanzamento dell'integrazione della dimensione di genere al Parlamento, dovrebbero essere presi in considerazione non soltanto i contenuti politici, ma anche la rappresentanza di genere a livello amministrativo e decisionale.
Osserva che la rappresentanza femminile nelle posizioni decisionali chiave del Parlamento a livello politico e amministrativo continua a essere scarsa e che il Parlamento deve assicurare che l'attribuzione dei posti con responsabilità decisionali sia equamente suddivisa tra uomini e accoglie con favore la decisione del Parlamento di rendere omaggio a Simone Veil, primo presidente donna di un'istituzione dell'UE e devota promotrice dei diritti delle donne, attribuendo il suo nome al premio per l'uguaglianza e la diversità, quale strumento per mettere in luce e riconoscere le buone pratiche e i modelli di riferimento nel campo delle pari opportunità in seno al segretariato del Parlamento europeo.
Raccomanda di aumentare la visibilità e di far conoscere meglio questo importante premio; sottolinea l'importanza del dialogo con i portatori di interessi esterni, ad esempio le organizzazioni femminili della società civile, le organizzazioni di base per i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere, i movimenti femminili, le istituzioni internazionali, il mondo accademico e i parlamenti nazionali, nello sviluppo degli strumenti e nella raccolta di dati; osserva, tuttavia, che tali piani sono eterogenei e presentano carenze in termini di attuazione; chiede l'adozione di un piano d'azione comune in materia di genere per il Parlamento europeo, che dovrebbe contenere almeno disposizioni riguardanti la rappresentanza paritaria di genere in tutte le attività e in tutti gli organi parlamentari, l'introduzione di una prospettiva di genere in tutte le sue attività strategiche e nella sua organizzazione del lavoro nonché l'utilizzo di un linguaggio neutro dal punto di vista del genere in tutti i suoi documenti; chiede che il regolamento interno sia modificato di conseguenza.
Ribadisce l'importanza di applicare il bilancio di genere a tutti i livelli della procedura di bilancio; l'inserimento, tra le misure di applicazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo, dell'articolo 34 bis relativo alle conseguenze finanziarie dei casi accertati di molestie nei confronti di un assistente parlamentare accreditato (APA); si compiace delle nuove misure adottate dal Parlamento in materia di lotta alle molestie, in linea con quanto auspicato nella risoluzione del Parlamento del 26 ottobre 2017, ed entrate in vigore il 1° settembre 2018, , in particolare mediante la tabella di marcia 2017-2019 relativa a "misure preventive e di sostegno preliminari per trattare i casi di conflitto e molestie tra i deputati e gli assistenti parlamentari accreditati, i tirocinanti o altro personale.
Accoglie con favore lo strumento per parlamenti sensibili alla dimensione di genere sviluppato dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) per assistere il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali e regionali a valutare e migliorare la loro sensibilità di genere; invita l'amministrazione e i gruppi politici del Parlamento a garantire un seguito adeguato ai risultati delle valutazioni; plaude alla nomina nel 2016 del relatore permanente sull'integrazione della dimensione di genere nel Parlamento europeo e alla sua partecipazione attiva alle attività del gruppo di alto livello sull'uguaglianza di genere e la diversità; consiglia pertanto al Parlamento di mantenere tale figura per la legislatura 2019-2024; ritiene che un rafforzamento delle relazioni interistituzionali nel campo dell'integrazione della dimensione di genere possa contribuire a sviluppare politiche dell'UE sensibili alla dimensione di genere; lamenta che non sia ancora stata istituita una cooperazione strutturata in materia con altri partner istituzionali come la Commissione, il Consiglio e l'EIGE; sottolinea l'importanza di aumentare la presenza del genere meno rappresentato, spesso le donne, nelle liste elettorali; esorta vivamente i partiti politici europei e i loro membri a garantire una rappresentanza equilibrata dal punto di vista di genere dei loro candidati alle elezioni del Parlamento europeo del 2019, mediante liste chiuse o altri metodi come le liste paritarie; si impegna a garantire un giusto equilibrio tra uomini e donne a tutti i livelli; invita i gruppi politici del Parlamento della legislatura 2019-2024 a garantire una composizione equilibrata dal punto di vista di genere degli organi direttivi del Parlamento europeo, e raccomanda di candidare deputati sia uomini che donne alle cariche di Presidente, vicepresidente e membro dell'Ufficio di presidenza, nonché come presidenti delle commissioni e delle delegazioni, allo scopo di conseguire tale obiettivo; raccomanda che i gruppi politici del Parlamento della legislatura 2019-2024 eleggano due deputati, un uomo e una donna, come copresidenti dei loro gruppi; incoraggia i gruppi politici del Parlamento della legislatura 2019-2024 a tenere conto dell'obiettivo di conseguire una rappresentanza paritaria di genere al momento della nomina dei membri delle commissioni e delle delegazioni e, in particolare, a nominare un numero di deputati equo sotto il profilo del genere come membri titolari e supplenti della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, in modo da incoraggiare la partecipazione degli uomini alle politiche in materia di uguaglianza di genere.
Suggerisce di vagliare possibili soluzioni per istituire una rete di donne in seno al Parlamento, integrando le reti nazionali, dal momento che le reti formali o informali non solo migliorano i processi di lavoro ma sono anche un elemento chiave per fornire informazioni, sostegno reciproco, accompagnamento nonché sviluppare modelli di comportamento; incoraggia i gruppi politici del Parlamento ad adottare una strategia di integrazione della dimensione di genere in modo da garantire che le loro proposte tengano conto del relativo impatto in termini di uguaglianza di genere; invita il Segretario generale e l'Ufficio di presidenza ad applicare, per l'attribuzione di posizioni dirigenziali di alto livello, lo stesso principio impiegato per la nomina dei capi unità, vale a dire rendendo obbligatoria l'inclusione di tre candidati idonei nelle rose finali, tra cui almeno un candidato per genere, osservando che, a parità di profilo (ad es. qualifiche ed esperienza), è opportuno privilegiare il genere meno rappresentato; rileva che, qualora tali condizioni non venissero soddisfatte, il posto vacante dovrebbe essere ripubblicato.
Accoglie con favore la relazione a cura di Dimitrios Papadimoulis, dal titolo "Uguaglianza di genere in seno al segretariato del Parlamento europeo – Situazione attuale e via da seguire 2017-2019", e la tabella di marcia per la sua attuazione; plaude ai progressi compiuti nell'attuazione delle misure concrete previste dalla tabella di marcia e al suo calendario ben definito per le misure specifiche riguardanti le posizioni dirigenziali, la formazione professionale, la sensibilizzazione all'uguaglianza di genere, le misure per conciliare vita professionale e vita privata e il monitoraggio periodico dell'equilibrio di genere mediante statistiche.
Chiede infine progressi più celeri al fine di conseguire gli obiettivi in materia di uguaglianza di genere stabiliti per il 2019; esorta il gruppo di alto livello sull'uguaglianza di genere e la diversità a svolgere con cadenza biennale una valutazione strutturale dell'attuazione di ciascun punto della tabella di marcia per l'uguaglianza di genere.
Nel Rush finale 2 importanti risoluzioni hanno visto la luce, ci auguriamo che una più folta e agguerrita pattuglia di donne italiane entri al Parlamento europeo e porti avanti con coerenza il cammino tracciato in questa legislatura che sta per concludersi.
Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità
21 gennaio 2019