La definisce una «strana famiglia», la sua. Un nonno faceva il vinaio nel porto di Napoli e l’altro invece era un barone: Arturo de Unterrichter von Rechtenthal, colonnello della Guardia di Finanza. Il padre, l’avvocato Angelo Raffaele, fu nominato cinque volte sottosegretario e otto ministro - dal governo Badoglio in giù...
La definisce una «strana famiglia», la sua. Un nonno faceva il vinaio nel porto di Napoli e l’altro invece era un barone: Arturo de Unterrichter von Rechtenthal, colonnello della Guardia di Finanza. Il padre, l’avvocato Angelo Raffaele, fu nominato cinque volte sottosegretario e otto ministro - dal governo Badoglio in giù; mentre la madre Maria, cittadina austriaca diventata italiana solo nel 1918, fu candidata ed eletta all’Assemblea costituente e alla Camera - dopo aver studiato a Trento e preso la laurea a Roma, in tempi in cui le donne al massimo frequentavano il Magistero. Ecco perché - spiega Rosa Russo Iervolino - «sono sempre stata un po’ più matta di quel che appare».
Questione di anticonformismo?
«Con una famiglia così, mai sarei potuta rimanere prigioniera di un modello. Una mamma moderna e intraprendente, che aveva sposato un uomo napoletano e tradizionalista; due nonni agli antipodi, seppure in perfetta sintonia; un’infanzia vissuta ascoltando i miei genitori che ci raccontavano del futuro di libertà che, con gli amici antifascisti, si proponevano di costruire una volta finita la guerra. Ditemi un po’ voi cosa poteva venirne fuori».
Rosa Russo Iervolino.
«Appunto. Ricordo ancora il giorno in cui venne approvata la Costituzione».
Era una bambina.
«Avevo 11 anni, mio fratello 7. Eravamo appena usciti dalla guerra, le aggressioni dei tedeschi erano quotidiane e insopportabili. Mamma e papà, convinti antifascisti, avevano sofferto sulla loro pelle le restrizioni che il regime prevedeva. In quella situazione, anche per noi bambini la Costituzione aveva un valore enorme».
Rappresentava la libertà?
«Non solo. Benché piccini, ci era ben chiaro che la Costituzione della Repubblica italiana avrebbe cambiato in meglio le nostre vite».
22 dicembre 1947.
«Pomeriggio indimenticabile. Mia madre voleva portarci in aula ad assistere alle votazioni, così chiese due biglietti per me e mio fratello. Glieli negarono, eravamo troppo piccoli per loro, che non sapevano quanto invece fossimo competenti e politicizzati»......
16 marzo 2019