“Ho l'impressione che nessuno ricordi più le ragioni per cui il 25 aprile è la Festa della Repubblica. È piuttosto grave, occorrerebbe dare di nuovo tutte le informazioni su cosa è successo, spiegare le ragioni che ci hanno portato alla Lotta di Liberazione, chi ha combattuto, contro chi e per quali obiettivi”. A parte l’ovvio rammarico, Marisa Cinciari Rodano esprime una forte preoccupazione. La sua è la voce limpida e autorevole di una donna che osserva il mondo e riflette sulla direzione che sta prendendo.
I suoi 98 anni (compiuti in gennaio) sono una forza che si alimenta, ancora e quotidianamente, attraverso l'impegno in Noi Rete Donne e con l’Accordo di Azione Comune per la Democrazia Paritaria, aggregazioni di donne che Marisa ha contribuito a fondare oltre dieci anni fa. “È molto grave che si perdano le origini, le ragioni e il significato alla base della nostra democrazia, importante soprattutto per le donne.
Tutti i mezzi di comunicazione e le forze politiche dovrebbero fare un'azione di informazione forte per evitare una perdita della memoria che avrebbe conseguenze pesanti”. Marisa Rodano aderì, giovanissima, al Partito Comunista Italiano di cui per decenni fu dirigente, sempre impegnata anche nell’Udi e a sostegno delle battaglie a favore delle donne.
Fedele a queste radici, oggi è preoccupata della situazione politica. “Non credo possibile, però, che questo possa avvenire perché l'informazione è molto condizionata dalle forze politiche oggi al governo e che non sentono di avere radici in quella storia. Del resto anche una parte della Democrazia Cristina, nel dopoguerra, ne era distante. Ci fu una ripresa di interesse con i governi del centrosinistra. Però, se devo cercare una spiegazione alla mancanza di un sentimento nazionale condiviso per il 25 aprile, devo risalire al 1968: lì c’è stata una cesura, è mancato di racconto da parte di quelli che allora erano genitori. Da lì c'è stato un lento decadimento del valore del 25 aprile, poi - venendo più al presente - il Partito Democratico ha introdotto un’altra visione del mondo in cui quella data non aveva più centralità”. Oggi è difficile anche parlare di fascismo, nonostante i saluti romani nelle piazze (italiane e non solo) siano sempre più frequenti e sfacciati; si contesta che le categorie ‘destra’ e ‘sinistra’ siano superate dalla storia.” Il clima che sento crescere è molto simile a quello del 1919, cioè analogo alle condizioni economiche e sociali che hanno portato il fascismo al potere. Sì, vedo un pericolo reale di ritorno del fascismo.
Anche una parte dell'Europa è dichiaratamente fascista, quindi l’Unione Europea non mi pare possa essere un argine sufficiente a garantire una protezione da questi rigurgiti fascisti e nazisti. Assistiamo al paradosso di un'Europa - nata dall'antifascismo grazie al manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann - che oggi sarebbe rinnegata nella sua sostanza”.
E Marisa racconta, avendolo vissuto, cosa è stato il fascismo. “Facciamo fatica, oggi, a capire come si possa vivere senza libertà, ma il fascismo era questo. Il fascismo negava la libertà di stampa, il Ministero della Cultura Popolare emanava le direttive ai giornali, che dovevano rispettarle: me ne ricordo una ‘da lunedì meno Papa’..Non c'era libertà di associazione, se non avevi la tessera del partito non trovavi lavoro, il sabato fascista imponeva ai giovani di sfilare con le divise del fascio e poi c’erano i saggi ginnici. Il fascismo era un regime autoritario e illiberale che inquadrava la vita di tutti, a partire dai giovani. Il ruolo e il destino delle donne era di fare i figli e meno che mai di fare politica”.
Le sue preoccupazioni sono accentuate anche per il contesto internazionale in cui tutto ciò accade, e che così descrive. “È un momento difficile in cui vedo a rischio la pace, proprio il valore della pace in un mondo nel quale le idee che contano sono quelle di Trump negli Stati Uniti, di Putin in Russia e di Erdogan in Turchia. Il Medio Oriente è a rischio di una guerra: basta guardare la situazione della Siria, del Libano e della Giordania con milioni di profughi. Sento un’aria di diciannovismo che mi preoccupa e che, invece, non mi sembra preoccupi molto la politica”.
Il buon senso, prima ancora che la visione strategica internazionale, inducono a darle ragione e, viene da domandarsi, come mai di fronte a questa tendenza pericolosissima le forze della sinistra non riescano a tornare ad un protagonismo sulla scena nazionale ed internazionale. “Purtroppo la cultura progressista e di sinistra ha una voce flebile contro questi movimenti in crescita, l'unico che abbia un'idea in proposito è Pisapia, che vede una possibile soluzione nella creazione a Strasburgo, dopo le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, di un largo gruppo socialdemocratico in grado di contrastare questa ideologia nefasta e di rinsaldare l’Europa restituendole la possibilità di giocare un ruolo importante nello scacchiere internazionale. Del resto in Europa è nata l'idea di cultura moderna, è nato il Cristianesimo, è nata tutta la civiltà che è riferimento per il mondo”.
E torna a ragionare sugli errori di casa nostra. “Penso che l’Europa al tempo di Romano Prodi abbia avuto troppa fretta di aprire l’ingresso a paesi dalle incerte adesioni all'idea di Unione, questo allargamento intempestivo ci sta procurando molti problemi. Anche i politici italiani hanno responsabilità e dobbiamo riconoscere che in sostanza sono singole persone che puntano all'affermazione personale e non hanno una visione politica del paese e dello sviluppo possibile. Tutto questo è drammatico se pensiamo che siamo in una situazione mondiale in cui i singoli Stati non contano praticamente niente. Questo va ricordato a chi si fa abbindolare dai sovranisti: l’affermazione dell'importanza degli Stati nazionali è pretestuosa perché è insostenibile nei fatti. A sinistra non ci sono leader e questa area politica è frantumata, non riesce ad essere presente nei gangli più delicati del paese e sembra vivere nella convinzione che cliccare sia un agire, invece non è così. La rivoluzione del web e dei social media ci ha colto impreparati, ci siamo man mano allontanati dal paese reale e oggi si sconta questo ritardo. I partiti di massa sono stati sostituiti da aggregazioni virtuali o affermando l’idea vaga che ‘uno vale uno’ in una piattaforma oppure aprendo la strada ad un’idea precisa ma reazionaria come quella di Salvini. Bisognerebbe tornare alla militanza di un tempo, dove le sezioni erano il luogo di incontro vivo e reale, di scambio di opinioni”.
Marisa Rodano ha le idee chiare su quali soggetti possano, oggi, contrastare questa onda lunga che sembra inarrestabile. “Il fatto positivo, in generale, mi pare siamo le donne, che si comportano meglio degli uomini salvo che in Parlamento, dove hanno adottato il modello maschile. Le elette del Movimento 5S e della Lega di Salvini non svolgono nessun ruolo femminile ma si comportano come gli uomini, sembrano estranee al cammino che hanno compiuto le donne per conquistare diritti e leggi”.
È il momento di fare un bilancio di quello che l’Accordo di Azione Comune per la Democrazia Paritaria ha fatto. “Come Accordo abbiamo lavorato affinché fossero rimossi gli ostacoli che impediscono alle donne di essere candidate e di entrare nelle assemblee elettive a tutti i livelli: comuni, Regioni, Parlamento. Considero questo obiettivo raggiunto, il punto è che queste donne, una volta elette, hanno adottato un modello maschile e non svolgono la funzione che ci si attendeva da loro, ossia l’indipendenza dagli uomini, l’autonomia nelle scelte e nelle priorità. Rimane quindi aperto il grande tema dell'autonomia delle donne, una questione di grande attualità. Del resto dobbiamo sempre tenere presente che le donne ai vertici in tutti i campi, anche se aumentate, sono ancora poche. Mi pare il caso di sottolineare che manca una legge che regoli l'ordinamento interno dei partiti prevedendo un'equa rappresentanza tra uomini e donne, manca cioè una legge che determini la democrazia interna. Il fatto che le donne che arrivano i vertici non fanno la differenza è deleterio per tutte le donne, questo lo dobbiamo ricordare”.
Tra i pericoli di questi tempi difficili Marisa Rodano per le donne vede anche la possibilità di retrocedere nelle condizioni di vita. “Non credo si possano abrogare leggi come la 194 o il divorzio, ma vedo molto concreta, e già nei fatti, la mancanza di sollecitazioni ad applicare le leggi che ci sono, come per esempio la parità salariale. C’è un rischio concreto anche nella mancanza di volontà di creare le condizioni per l’applicazione di tante leggi: penso alle infrastrutture sociali, ai servizi”.
L’arretramento per le donne è molto più che una minaccia, ma il loro avanzamento è davvero assente, come dimostrerebbe una eventuale agenda delle donne che abbiamo chiesto a Marisa di stilare. Oggi, come ieri, vedrebbe “una società in cui ci sia uno sviluppo economico all’insegna di una reale parità, un'Europa che sia solidale nella quale si possa affermare un'idea di centrosinistra capace di affermare tali principi”.
Quanta forza hanno, oggi, le donne per far sentire la loro voce? “In alcuni momenti del passato le donne sono state davvero unite. Per il divorzio e per l'aborto, per esempio. Oggi le donne sono sulla difensiva, il tema della violenza è centrale, ma c'è una difficoltà a individuare grandi temi su cui ritrovarsi unite. Penso che i grandi temi su cui le donne dovrebbero allearsi sono: il lavoro, i servizi sociali adeguati alla situazione odierna, normative sull’assistenza alle persone anziane”. Ripartire da dove non abbiamo mai smesso, praticamente, di ragionare. Solo, occorrerebbero parole d’ordine diverse e rinnovate energie.
Tiziana Bartolini (da Noi Donne)
Alla conversazione ha partecipato e contribuito Paola Ortensi
24 aprile 2019