A un primo sguardo il libro di Anna Meldolesi "Mai nate". Perché il mondo ha perso 100 milioni di donne (Mondadori) sembra solo di denuncia, se pure di un tipo nuovo e importante. L'autrice, infatti, approfondisce da vari punti di vista - statistico, biologico e tecno-scientifico - l'allarme che Amartya Sen aveva lanciato in un celebre saggio del 1990: nel mondo mancavano cento milioni di donne, che avrebbero dovuto esserci ma non ci sono perché morte presto per incuria o addirittura mai nate. Un numero spaventoso, che supera il bilancio delle vittime di entrambe le guerre mondiali e quello delle grandi epidemie come la spagnola o l'aids.
Un dramma gigantesco - forse ancora maggiore numericamente di quanto denunciato da Sen - che fatica a trovare voce sia nei centri di ricerca che sui media. Meldolesi lo approfondisce sul piano della ricerca demografica, cercando di definire le vere dimensioni del "gendericidio" in corso, considerando che le stime devono tenere conto sia della tendenza naturale alla nascita di un numero leggermente superiore di maschi, sia di fenomeni storici come le migrazioni, che in genere coinvolgono maggiormente i soggetti di sesso maschile. Le variabili che spiegano numeri di donne diversi da quelli naturali sono quindi molte, e bisogna averle presenti.
L'autrice prende poi in esame le ragioni culturali che possono spingere all'eliminazione delle femmine: la patrilinearità tipica di sistemi patriarcali che non concedono alle donne nessuna garanzia e quindi nessun peso sociale, il ruolo delle religioni e, naturalmente, quelle che chiama "le insidie della modernità", cioè le possibilità di scoprire attraverso analisi mirate il sesso del nascituro, in modo da eliminare l'indesiderato con l'aborto. Meldolesi è consapevole di come le nuove tecniche mediche siano all'origine di un aggravamento del gendericidio, specialmente nei casi delle comunità immigrate, che spesso utilizzano l'assistenza medica dei Paesi dove si sono recate per operare l'antica selezione sessuale. Pensa però che questo sia solo un peggioramento iniziale, a cui farà seguito un nuovo equilibrio, dovuto all'inserimento degli immigrati nella cultura occidentale e quindi a un nuovo atteggiamento nei confronti delle donne. Questa speranza non la esime però dal sottolineare la frequenza e la gravità della selezione in atto, e la necessità di forme più attente di sorveglianza e di educazione all'eguaglianza dei sessi.
Ma la parte più interessante del libro, la più nuova, è quella in cui l'autrice - che pure si dichiara favorevole all'aborto e all'applicazione delle tecnoscienze - riflette sul fatto che è molto difficile combattere nello stesso tempo la battaglia per l'aborto più sicuro e quella contro il gendericidio, perché proprio l'aborto sicuro e legale contribuisce ad aumentare il numero delle femmine eliminate prima della nascita. E non solo: anche le campagne di controllo demografico, intervenendo con sterilizzazioni e aborti di massa, avrebbero contribuito ad aggravare questa realtà. "Il fatto che tante donne che non sono ignoranti né emarginate - scrive Meldolesi - decidano di abortire altre "donne", ovviamente, è come un virus immesso nel sistema delle argomentazioni pro-choice e rappresenta una sfida per il pensiero femminista ma anche per tutti i progressisti". Il diritto di abortire, quindi, deve essere garantito indipendentemente dalle intenzioni di chi vi fa ricorso? L'eliminazione dei feti femmina non è forse solo una logica estensione del diritto dei genitori di controllare il numero, il timing, il distanziamento e la qualità dei figli, ormai generalmente considerato insindacabile? Queste le domande che si pone l'autrice.
Ma si può aggiungere una riflessione. Ancora una volta, dopo il caso dell'eugenetica della prima metà del Novecento, vengono alla luce i pericoli insiti nel "diritto" a controllare le nascite, a intervenire per decidere a chi concedere di venire al mondo e quando. Anche la mancanza di queste bambine segnala un pericolo a cui non si vuole pensare, e che riguarda, insieme a loro, tutta l'umanità.
Lucetta Scaraffia
17 gennaio 2012