Caro Rampini, ti spiego io cos’è la sinistra

Ho ascoltato Federico Rampini a Piazza Pulita (giovedì 14 novembre scorso) e non osavo credere alle mie orecchie! C’è un limite a insultare la sinistra. C’è un limite a cavalcare la retorica sul buonismo della sinistra facendo smarrire di cosa stiamo discutendo.


Sono cresciuta anche io alla scuola del PCI che resta la mia scuola; ho contribuito a fare una legge organica sulla immigrazione che parlava di regole, di diritti e doveri a partire dalla stella polare della dignità umana. Mi occupo tutti i giorni di immigrazione da cittadina e la gente di sinistra che incontro non fa parte di salotti ma lavora nelle scuole, negli ospedali, nei servizi sociali e nelle periferie.

Si preoccupano di curare chi è in difficoltà anche se negro, fanno partorire le donne anche se non hanno il permesso di soggiorno come prevede la legge, cercano di dare vitto e alloggio a quei giovani, a quei lavoratori che avevano un lavoro e che con la cancellazione della protezione umanitaria sono diventati clandestini e scarti umani.

Popolo di sinistra che accoglie nelle proprie case minori abbandonati, che dedica il proprio tempo per insegnare la lingua e la cultura italiana. Che aiuta i giovani a superare i deficit scolastici, che combatte le droghe e chi le procura.

Cosa dobbiamo dire a queste persone? Che stanno sbagliando, che devono rinunciare al dovere di solidarietà come previsto dall’articolo 2 della Costituzione?

Penso che il dovere di autorevoli giornalisti come Rampini sarebbe quello di raccontare questo meraviglioso popolo e ringraziarlo, farlo conoscere. Solo così si costruisce la legalità, si avvicinano gli italiani e gli immigrati, si costruisce convivenza.

La sinistra va spronata ad avere coraggio, a chiamare a raccolta popolo e intellettuali a ragionare su come costruire l’Italia e l’Europa della convivenza, su come rendere concreto il motto europeo della unita nella diversità.

In Italia da anni si pratica il blocco dell’ingresso regolare per lavoro. Nel 2019 i nuovi ingressi sono 200.000 di cui 63.500 bambini figli di immigrati nati in Italia e gli altri sono persone già residenti nel nostro Paese che hanno cambiato il motivo del soggiorno.

Una sinistra coraggiosa chiede che si aprano canali regolari dell’ingresso per lavoro come richiesto da alcuni settori della nostra economia, cerca di togliere dalla illegalità le migliaia di persone con la regolarizzazione ad personam, abroga i decreti sicurezza di Salvini, costruisce una nuova legge quadro sulla immigrazione.

Promuove nei quartieri, nelle fabbriche e nelle scuole l’incontro tra italiani e immigrati. Apre un dibattito su “Come stiamo insieme noi e loro”, quale forma di convivenza superi i limiti del multiculturalismo e dell’assimilazionismo. Ci sono tanti quartieri, comunità, scuole, fabbriche in cui è cresciuta la convivenza.

Perché non imparare da queste esperienze? Perché non parlare del dovere degli immigrati alla partecipazione politica per dare il loro contributo alla vita della comunità?

Una sinistra coraggiosa guarda il volto dello sfruttamento, fa la fatica di unire le persone che vivono gli stessi problemi, bianchi o neri che siano, fa la fatica di costruire una relazione tra queste persone favorisce l’incontro la conoscenza il gioco di squadra tra loro.

All’odio bisogna opporre la forza della convinzione che “insieme si può”. La forza del noi, la forza della vita concreta, la forza delle persone in carne e ossa.

Quelle che Salvini non conosce. A lui bastano gli slogan e i selfie. Ma la vita dura richiede la forza delle passioni. La pratica tenace e coerente dei valori più difficili come la tutela della dignità e della vita umana. 

Livia Turco

 

 

 

16 novembre 2019