Trent'anni di diritti dei bambini di Andrea R. Catizone

Il 20 novembre è la giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si svolge in occasione della ricorrenza dell'approvazione, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 20 novembre 1989, della Convenzione sui diritti del fanciullo. Un passaggio fondamentale nella concezione dei diritti dei minori che, finalmente, diventano a pienamente titolari di diritti propri in quanto esseri umani. 


C’è un proliferare di ricorrenze, un profluvio di diritti che vengono affermati: eppure la condizione delle persone peggiora di giorno in giorno e se analizziamo i dati che riguardano questa fascia della popolazione dobbiamo davvero preoccuparci, addirittura rabbrividire. Da un lato si riconoscono importanti diritti soggettivi delle persone, e meno male che ciò avviene; dall’altro tuttavia non si rendono effettivi i diritti che si sono via via affermati, almeno sulla carta. Senza riportare i numeri più inquietanti (anche qin questo ambito siamo invasi da numeri più o meno attendibili) la tendenza e le criticità maggiori riguardano la povertà che riguarda i minori. 

Una povertà determinata dal peggioramento delle condizioni economiche dei genitori, ma anche una povertà educativa; l’aumento dei fenomeni di violenza tra i giovani, l’uso di droghe in tenera età, l’assenza di un progetto di vita per i grandi minori, l’affermazione di una società adultocentrica, la difficoltà ad assumere delle responsabilità, per citare solo alcune delle problematiche che investono e peggiorano la vita dei nostri ragazzi. Un panorama davvero inquietante, ma che sembra quasi del tutto assente dal dibattito politico forse, in ragione del fatto che non esercitando, i minori, il diritto di voto, non vi è un ritorno di consenso.

Eppure, una società che non si preoccupa della condizione di vita dei propri figli è una società destinata ad estinguersi, a non iniettare linfa vitale nelle sue azioni, a riproporre una concezione della politica basata sul qui e adesso. Senza futuro non c’è presente perché l’assenza di politiche verso le giovani generazioni dalla programmazione della vita futura significa rinunciare a svilupparsi, a crescere, a ideare un modello di vita fondata sul progresso.

Eppure le giovani generazioni ci sono, eccome; e le abbiamo viste prima protagoniste di una grande stagione di rivoluzione culturale, economica, sociale di abitudini sul versante green. Senza il loro duro insegnamento oggi continueremmo a non occuparci dei mari pieni di plastica, dei cambiamenti climatici, del rispetto della madre Terra, retaggio, anche quello, di un pensiero corto che nasce e si esaurisce nell’oggi. E le abbiamo viste in questi giorni nelle piazze scegliendo, con fine intelligenza e ficcante sarcasmo, il simbolo più anti-comunicativo e contro corrente che possa immaginarsi: una sardina.

Il pesce, l’animale senza voce, che non emette nessuno suono, l’ultimo degli ultimi nella gerarchia sociale dei mari, quello piccolissimo che vive in branco, il più sottile e ingenuo, quello che potrebbe entrare nelle fauci dei pesci grandi senza nemmeno accorgersene. E allora, in una comunicazione piena di retorica e di parole urlate al vento - altro che sardine! - sul come dovremmo essere e su cosa dovremmo fare, sarebbe più serio soffermarsi sulle priorità e sulle reali esigenze di una società che corre all’impazzata e accumula e divora, e che fa indigestione di queste grandi quantità di merci, ma che lascia in disparte ciò che qualifica una civiltà, e cioè è il benessere dei figli che questa società mette al mondo.
Impariamo dai minori, hanno menti raffinate e colte, vanno al di là di quello che accade oggi, sanno programmare il futuro, ma hanno bisogno di attenzione e di atti concreti che li valorizzino.

Occupiamoci più di loro che di noi stessi, sarebbe una bella inversione di rotta e la società sarebbe certamente migliore.

Avv. Andrea R. Catizone

Presidente 

Associazione Family Smile
 

21 novembre 2019