Sempre più donne si vogliono specializzare in chirurgia di Grazia Labate

Dall’analisi comparativa di genere delle scelte, dopo la laurea in medicina verso le scuole di specializzazione mediche, riferite agli anni 2017-2018 emerge la forte presenza delle donne che ormai colorano di rosa le sale operatorie. 


E’ sempre più alta la presenza delle donne in Chirurgia Toracica (61,7% di donne contro il 38,2% di maschi ), in Chirurgia Generale (57,2% di donne contro il 42,7% di maschi), in Chirurgia Vascolare (54,8% di donne contro il 43,5% di maschi); in Ginecologia (76,4% di donne contro il 20,7% di maschi ).

Un cambiamento netto della tendenza nella scelta delle donne medico anche se, per il momento, il primato le vede ancora al vertice della classifica dell’Area Medica, in Neuropsichiatria Infantile (91,9% F vs 8,0% M), Pediatria (73,3% F vs 25,6% M), Allergologia (73,1% F vs 12,1% M), Nefrologia (67,4% F vs 31,7% M), Geriatria (65,9% F vs 31,3% M), Medicina d’Emergenza ed Urgenza (65,6% F vs 28,9% M), Oncologia (64,1% F vs 31,7% M), Endocrinologia (63,9% F vs 35,0% M).

Anche nell’Area dei Servizi la presenza femminile è in crescita significativa e predominante in: Radioterapia (79,0% F vs 13,3% M), Anatomia Patologica (70,3% F vs 23,4% M), Patologia Clinica (69,3% F vs 21,3% M), Anestesia e Rianimazione (64,6% F vs 35,2% M).

Nell’insieme, le Scuole di Specializzazione a maggioranza femminile sono 33 pari al 67.33% del totale (49), suddivise in 17 di Area Medica, 5 di Area Chirurgica, 11 di Area dei Servizi.

Questi i dati emergono dello studio a cura di Maria Gabriella Coppola, medico di medicina interna e Responsabile Anaao Giovani della Campania.

Le scuole meno attrattive per le donne sono state: Cardiologia (58,2% M vs 36,1% F), Ortopedia (77,0% M vs 21,8% F), Urologia (75,3% M vs 23,8% F), Chirurgia Pediatrica (62,5% M vs 37,5% F), Cardiochirurgia (59,6% M vs 40,3% F), Chirurgia Plastica (56,5% M vs 39,1% F), Chirurgia maxillo-facciale (54,8% M vs 22,5% F), Neurochirurgia (52,5% M vs 44,6% F), Medicina Legale (51,3% M vs 45,9% F, Radiodiagnostica (50,6% M vs 46,9% F).

"In premessa – si legge nello studio - è opportuno ricordare che il numero delle donne vincitrici di contratti di formazione è di gran lunga superiore a quello degli uomini, perché cresce il numero delle donne medico anno dietro anno ed il loro sorpasso nella professione è solo una questione di tempo”.
Le scelte delle donne vanno correlate, per meglio essere lette, sia alle loro esigenze esistenziali, fatte di bisogni, di priorità e di obiettivi da perseguire, sia ai loro orientamenti sociali e culturali, a conferma della teoria che le associa alle caratteristiche del carico di lavoro proprio delle singole discipline: programmabile o prevedibile (Area Medica), tecnologico-pratico (Area dei Servizi), poco programmabile fino ad essere imprevedibile (Area Chirurgica e Area dei Servizi)".

Lo studio mette in luce un ulteriore fenomeno su cui riflettere vista la sua dimensione: quello dei decaduti, cioè di coloro che pur avendo vinto il concorso non hanno scelto la Scuola di specializzazione con la forte prevalenza degli uomini (33,42%) rispetto alle donne (16,14%). Le cause delle rinunce sono da attribuire all’insoddisfazione di non poter scegliere la tipologia di scuola preferita, al rifiuto di sedi ritenute disagiate e costose, all’indisponibilità ad effettuare scelte residuali.
I decaduti, loro malgrado, contribuiscono in maniera non indifferente, attraverso una scelta non effettuata, ad alimentare quell’“imbuto formativo” in cui sono costretti tanti giovani medici neolaureati, impossibilitati a completare il loro percorso formativo per mancanza di contratti finanziati ed evidenti errori di programmazione dei fabbisogni a livello centrale e regionale.

Nel Paese dunque sono in atto dei processi che attengono alle trasformazioni di una società in transizione e che investono anche la professione medica e soprattutto la sua femminilizzazione. Occorre saper leggere le novità che investono tali processi, che hanno bisogno di essere monitorati, capiti e governati.
Le istituzioni centrali e regionali devono attuare quei provvedimenti legislativi e normativi, a cominciare da una riforma strutturale della formazione medica post-laurea, atti a risolvere in modo efficace le non poche problematiche che le donne medico, sempre più numerose, incontrano nell’esercizio della loro professione per attuare in concreto quella parità di genere che fino ad oggi è ancora molto in ritardo nella formazione, nei ruoli, nelle carriere.
Ma il processo di femminilizzazione appare ormai irreversibile e dunque l’onda rosa travolgerà la piramide gerarchica e di

vertice che il mondo medico maschile ancora rappresenta. Stiamo vivendo un assurdo paradosso: siamo il Paese che ha più bisogno di medici, ma anche quello che vanta il record di fughe di camici bianchi all’estero.
In Europa un medico su due che fa le valigie (il 52% per l’esattezza) parla italiano. Sono 1.500 i medici con in tasca la specializzazione che emigrano ogni anno, anche da Regioni ricche come il Veneto (80 in fuga ogni anno) e in generale dal Nord del Paese.

Dove, ironia della sorte, i concorsi per le specialità più impegnative vanno deserti. Colpa, di un sistema che tra stipendi bassi, carichi di lavoro inaccettabili e anni di blocco del turn over, continua a essere decisamente poco attrattivo.
Il recente contratto firmato dopo 10 anni prevede aumenti medi di 200 euro al mese
Nessuno in Europa si avvicina a questo primato che tra l’altro segna un altro grande spreco per il nostro Paese: formare un medico specialista costa fino a 250mila euro. In pratica ogni anno regaliamo 350 milioni agli altri Paesi che ringraziano per i 1500 medici già formati da assumere.

Il paradosso tra l’altro è che l’Italia si trova nel pieno di una emergenza di carenza di medici (ne mancano subito 8mila, e altri 16500 fino al 2025).
E così se da una parte ci sono le Regioni che elemosinano medici e sono costrette a lavorare di fantasia richiamando pensionati o camici bianchi con le stellette; dall'altra si registra questa grande fuga degli specialisti che lasciano il

Paese in cerca di un contratto – e di un futuro – migliore.
In Europa e, perché no, negli Emirati Arabi che offrono compensi stellari tra i 14mila e i 20mila euro al mese. Con tanto di abitazione, scuola per i figli e autista.
Una voglia di estero che si respira già tra gli aspiranti medici: ai test di accesso per Medicina in inglese si sono presentati in 10450 per solo 761 posti disponibili. Erano 7660 l’anno scorso. Le domande sono cresciute del 30%.

Negli ultimi 3-4 anni ben 4.700 specialisti hanno lasciato l'Italia per trovare occupazione in Paesi europei che, come il nostro, hanno sbagliato la programmazione, ma che oggi corrono ai ripari garantendo condizioni di lavoro migliori anche ai professionisti stranieri. Tra le destinazioni spicca la Gran Bretagna, che ha avviato per prima la sua attività di recruiting, ma anche altri paesi ricchi di appeal (per stipendi doppi dei nostri e benefit qui impensabili), come la Francia (la seconda scelta) e la Germania.

Il dettaglio sugli stipendi spiega molto, se non tutto, dell'esterofilia dei camici bianchi del nostro paese: l'Olanda, che si piazza al top, offre una retribuzione annua di 255mila euro. Mentre l'Italia è penultima in classifica prima della Grecia, con i suoi 61.130 euro (che raggiungono gli 80mila euro con l’indennità di esclusiva).
Potenzialmente, tra gli specialisti già formati (26.550) ma che da noi sono ancora a spasso e i giovani medici in via di specializzazione (33.450 circa), l'Italia rischia di “esportare” oltre 50mila camici bianchi. Uno spreco di capitale umano e professionale enorme.

Serve una politica seria di assunzioni di quanti hanno già completato l'iter formativo, rendendo più attrattivo il nostro Ssn. Intanto in attesa che il nuovo governo e il dicastero guidato dal neo ministro della Salute Roberto Speranza attui il piano straordinario di assunzioni promesso dal programma di governo, occorre frenare l'emorragia di medici.
Non c'è da stupirsi se a voler lasciare il Paese sono soprattutto medici giovani che non riescono a conquistare una borsa di specializzazione.

La femminilizzazione delle specializzazioni in chirurgia, ginecologia e pediatria, le aree di maggiore richiesta, fa ben sperare.
Sono specialità che servono moltissimo anche qui da noi, nelle Regioni più carenti di specialisti, come Lazio, Veneto, Lombardia, Puglia, Umbria, Sicilia.

Sono convinta che le donne medico salveranno il nostro SSN, se finalmente riusciamo a rompere quel soffitto di cristallo delle posizioni apicali e delle gerarchie di posizione, che sommate alle carenze di serie politiche per la famiglia e per i minori costituiscono ancora gli impedimenti per l’affermarsi di una piena parità di genere anche nel mondo della professione medica.

Grazia Labate

Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità

 


 

17 gennaio 2020