Resilienza ai tempi del Coronavirus, di Antonella Bellino

Possiamo definire la resilienza come la capacità di superare le avversità e apprendere migliori strategie di risposta alle difficoltà. La resilienza può essere considerata a livello individuale, collettivo, ecologico, ma il concetto che esprime è lo stesso: la capacità di superare una crisi e uscirne migliori.


Questa nuova condizione, per quanto momentanea, sembra essere molto incisiva: nell’immediato, perché ha davvero cambiato in brevissimo tempo le regole a cui eravamo abituati e molte persone muoiono o soffrono per motivi inconsueti; ma è probabile sia tanto incisiva da orientare e determinare anche le nostre future scelte: a patto che si sappia trarre gli insegnamenti da ciò che il coronavirus sta determinando in tutto il mondo e in particolare in Italia. In una parola, ad usare resilienza. 

Possiamo definire la resilienza come la capacità di superare le avversità e apprendere migliori strategie di risposta alle difficoltà. La resilienza può essere considerata a livello individuale, collettivo, ecologico, ma il concetto che esprime è lo stesso: la capacità di superare una crisi e uscirne migliori.

Nel mondo contemporaneo, più di una volta è stato rilevato quanto sia squilibrato l’atteggiamento individuale verso il proprio tornaconto a prescindere dal prossimo, dagli altri. Narcisismo ed egoismo sono le caratteristiche spesso additate come il frutto più avvelenato del mondo occidentale, per cui la società sembra comporsi in una somma di libertà individuali.

Il Coronavirus ci ha riportato velocemente e in maniera molto chiara a ristabilire un po’ di equilibrio nella nostra percezione della realtà, cioè che nessuno di noi può essere libero e al sicuro senza la collaborazione e l’aiuto degli altri.
Ciascuno di noi può agire in modo resiliente e imparare a esprimere la versione migliore di sé e spesso ciò comporta la capacità di cambiare. Anche che se il cambiamento è individuale, in realtà lo sarà solo in un primo momento, perché il nostro gruppo di appartenenza – la famiglia, gli amici, i conoscenti – sarà sempre coinvolto nei nostri cambiamenti, perché essi trasformano le dinamiche relazionali.

La resilienza a livello collettivo è anche una composizione di resilienze individuali, ma si manifesta come un tutt’uno nel caso di situazioni avverse che coinvolgono tante persone: crisi economiche, instabilità politica, catastrofi naturali o sociali… Lo stato di pandemia in cui ci troviamo è uno di questi casi.

In queste situazioni eccezionali emergono le caratteristiche di una popolazione e del suo modo di mettere in pratica le strategie per far fronte alle difficoltà: con le risorse materiali e umane, con la capacità creativa di generare nuove soluzioni, con la capacità di essere solidali.

L’appello alla solidarietà della Presidente Livia Turco ci invita a ricordare una delle funzioni centrali della Fondazione Nilde Iotti, la cui storia e il cui impegno rappresentano un esempio prezioso di resilienza: è grazie all’eredità dei suoi pensieri e delle sue azioni che abbiamo oggi fondamentali risorse a nostra disposizione. Perché una risposta sia resiliente è infatti necessario costruire strategie di intervento facendo tesoro dell’esperienza.

Nel caso del Coronavirus ci rendiamo conto di quanto siano rilevanti le conoscenze di cui disponiamo grazie alla scienza, che può essere considerata come un’espressione culturale della resilienza dell’umanità. Grazie alla scienza è stato possibile migliorare le condizioni di vita delle persone e di superare molte difficoltà e ciò continuerà ad essere possibile, almeno fin quando il contributo della scienza sarà regolato da norme tese a proteggerci dalle sue possibili applicazioni distorte.

Rafforzare il dialogo tra le istituzioni e la scienza è probabilmente una buona strategia per individuare strumenti di miglioramento delle condizioni di vita individuali e collettive. Sarebbe resiliente costruire un luogo di confronto dove le nuove conoscenze scientifiche incontrino l’esperienza dell’organizzazione della società, al fine di mettere in pratica le migliori risposte alle contingenze in continuo mutamento. Il Comitato di Bioetica è un buon punto di partenza, ma serve di più.

Quello che il concetto di resilienza ci insegna in questo momento è che ciò che facciamo, individualmente e collettivamente, può farci superare l’emergenza e persino cambiarci in meglio, se sappiamo comprendere che ciascuno di noi, con le sue azioni, contribuisce a raggiungere il punto di equilibrio migliore tra il benessere individuale e il benessere collettivo.

A me sembra che l’Italia, intesa come entità collettiva, stia rispondendo all’emergenza con responsabilità e impegno. Dovremmo ricordarci, anche dopo l’emergenza, del valore degli altri per il nostro personale benessere, ma anche del nostro valore come collettività. A tal proposito mi piace sottolineare una risorsa decisamente funzionale alle strategie di resilienza di carattere emotivo: il senso dell’umorismo. Agli italiani certo non manca: basta scorrere le tante battute e pensate che girano sui social in questi giorni.

Con spirito resiliente, possiamo quindi puntare, con responsabilità, impegno, solidarietà e ironia, a vincere questa battaglia. Imparando a capire che l’obiettivo non è tanto vincere nella società quanto vincere con la società.

Antonella Bellino


 

14 marzo 2020